Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14678 del 18/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 18/07/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 18/07/2016), n.14678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14404-2015 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA DIGIONE 1,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTA SIVO, rappresentata e difesa

dall’avvocato VINCENZO D’AMATO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTECOMPATRI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7177/1/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 28/10/2014, depositata 11 27/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito l’Avvocato Vincenzo D’Amato difensore della ricorrente che si

riporta alla memoria ed al ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

Con sentenza n. 7177/1/14, depositata il 27 novembre 2014, non notificata, la CTR del Lazio ha respinto l’appello proposto dalla sig.ra M.A. nei confronti del Comune di Monte Compatri per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Roma, che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento ICI relativo all’anno 2007.

La sentenza della CTR confermo’ la legittimita’ dell’atto impositivo, che aveva assoggettato al tributo in oggetto due fabbricati sottoposti a sequestro preventivo e conservativo nel corso di processo penale a carico della stessa, osservando che la misura cautelare non incideva sulla titolarita’ dei cespiti in capo alla ricorrente, che restava soggetto passivo dell’ICI. Avverso detta pronuncia la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, il primo dei quali ripartito in una pluralita’ di dedotte violazioni di legge.

L’intimato Comune non ha svolto difese.

Va dato atto che, unitamente alla memoria, parte ricorrente ha depositato l’avviso di ricevimento della raccomandata, quanto alla notifica del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 149 c.p.c..

Cio’ premesso, il primo motivo e’ inammissibile e, comunque, in ogni caso infondato.

Certamente e’ inammissibile, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la censura relativa alla dedotta violazione e falsa applicazione delle circolari dell’Agenzia delle Entrate nn. 156/E del 2000, 195/E del 2003 e 62/E del 2007. Le circolari della P.A., infatti, sono atti interni destinati a disciplinare ed indirizzare in modo uniforme l’attivita’ degli organi inferiori e, quindi, non hanno natura normativa, ma di atti amministrativi, sicche’ la loro violazione non e’ denunciabile in cassazione ai sensi del citato art. 360 c.p.c., n. 3, (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-2, ord. 10 agosto 2015, a 16644; Cass sez 3, 19 giugno 2008, n. 16612).

Il motivo, laddove la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 1 e del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 1 e della L. n. 537 del 1993, art. 14, n. 4 (recte comma 4), e’ inconferente con l’oggetto della decisione impugnata, venendosi nella fattispecie in tema d’imposizione ICI, mentre la normativa che si assume violata dall’impugnata sentenza riguarda le imposte dirette e la tassabilita’ dei proventi illeciti. Starne la diversita’ dei presupposti impositivi, come di qui a breve si avra’ modo di precisare in particolare con riferimento all’ICI, risultano non applicabili in materia di ICI i principi affermati da questa Corte in tema di Irpef (cfr. Cass. sez. 5, 11 novembre 2011, n. 23260), in punto di non tassabilita’ di canoni e frutti civili provenienti da immobile oggetti di sequestro giudiziario.

Cio’ posto – e rilevato che, secondo quanto dedotto dalla stessa ricorrente, per l’anno 2007 oggetto della relativa disposizione erano intervenuti solo provvedimenti di sequestro preventivo (nel 2002) ed ulteriore provvedimento di sequestro preventivo e conservativo nel 2005 – il motivo incorre in palese difetto di autosufficienza, allorche’ non precisa quando sarebbe intervenuto il successivo provvedimento di confisca di cui a pag. 7 (non numerata) del ricorso, in forza di non meglio specificato “dipositivo della sentenza della Suprema Corte di Cassazione”, relativamente alla cui collocazione nel fascicolo di parte allegato ugualmente nulla e’ indicato in ricorso.

Ne’ Se lacuna genetica del ricorso puo’ essere colmata da quanto successivamente precisato in sede di memoria (cfr. Cass. sez. unite 19 maggio 1997, n. 4445; Cass. sez. 3, 7 aprile 2005, n. 7260; Cass. sez. 3, 23 febbraio 2006, n. 4020), a seguito dei rilievi contenuti nella relazione depositata in atti.

Nel merito della censura deve osservarsi che – dato atto dalla sentenza della CTR che al tempo dell’anno 2007, cui si riferisce l’avviso di accertamento impugnato dalla contribuente, gli immobili in oggetto erano stati sottoposti a sequestro preventivo e conservativo, con nomina di custode giudiziario – la pronuncia impugnata e’ conforme al principio di diritto espresso da questa Corte (Cass. Sez. 5, 30 ottobre 2015, n. 22216), secondo cui in tema di ICI, nel regime anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 51, comma 3 bis, il proprietario degli immobili oggetto di sequestro penale con finalita’ di prevenzione e’ soggetto passivo dell’imposta, non giustificandosi alcuna esenzione dal pagamento del tributo, atteso che il presupposto impositivo e’ la titolarita’ del diritto reale di godimento sul bene e non la disponibilita’ del bene, ovvero la possibilita’ dell’esercizio materiale del potere di disposizione sulla cosa (in tal senso, da ultimo, Cass. sez. 6-5, ord. 18 maggio 2016, n. 10317, resa in tema di affermazione della soggezione al tributo ICI di proprietario d’immobile inagibile per le sue condizioni fatiscenti).

Nella fattispecie in esame il sequestro penale, a differenza della confisca, non comporta la perdita della titolarita’ dei beni ad essi sottoposti.

Le ragioni diffusamente esposte nella succitata Cass. n. 22216/15 a sostegno di tale assunto vanno a tal fine espressamente richiamate.

Il secondo motivo, con il quale sostanzialmente la ricorrente riconduce le medesime censure sviluppate sub b), c) e d) del primo motivo, innanzi esaminate, al paradigma del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e’ inammissibile, essendo preclusa detta censura, nella nuova formulazione di cui alla citata norma, in caso di c.d. doppia conforme, secondo quanto previsto dall’art. 348 ter c.p.c., penultimo comma, essendo la relativa disposizione applicabile, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 7 aprile 2014, n. 8053 e 8054), anche al ricorso per cassazione avverso sentenze pronunciate in grado d’appello dalle Commissioni tributarie regionali.

Il ricorso va, pertanto, rigettato per manifesta infondatezza.

Nulla va statuito quanto alle spese del presente giudizio di legittimita’, non avendo l’intimato Comune svolto difese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2016

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