Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14676 del 17/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2010, (ud. 15/04/2010, dep. 17/06/2010), n.14676

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20314/2009 proposto da:

SOCIETA’ LIBORIO DI PIETRO TEDESCHI SAS, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ARCHIMEDE 97, presso lo studio dell’avvocato DE’ MEDICI Leopoldo, che

la rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

e contro

DIREZIONE GENERALE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE REGIONALE

DELLE ENTRATE DEL LAZIO, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA

(OMISSIS);

– intimate –

avverso la sentenza n. 3602/2009 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA del 23/12/08, depositata il 13/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

udito l’Avvocato De Medici Leopoldo, difensore della ricorrente che

si riporta gli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE che concorda con la relazione scritta.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. La società Liborio s.a.s. di Pietro Tedeschi propone ricorso per revocazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che non si è costituita) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di irrogazione di sanzioni per mancato rilascio di ricevute fiscali, questa Corte di cassazione confermava la sentenza d’appello.

1. Il ricorso (col quale la società ricorrente afferma che la sentenza è affetta da errore di fatto per non aver considerato la sentenza penale definitiva – che aveva assolto il legale rappresentante della società dai reati ascrittigli – depositata nel giudizio di primo grado) presenta diversi profili di inammissibilità.

Secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, infatti, l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione, si configura come una falsa percezione della realtà, una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività, mentre nella specie, dalla lettura della sentenza impugnata, emerge chiaramente che i giudici di legittimità non hanno affatto affermato nè supposto erroneamente l’inesistenza del giudicato penale, ma hanno deciso a prescindere da esso, peraltro nei limiti delle sollecitazioni censorie, così come emergenti dalla medesima sentenza (e neppure diversamente rappresentate dalla ricorrente in revocazione). E’ peraltro da aggiungere che la giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha specificamente escluso che possa ritenersi viziata da errore revocatorio la sentenza della Corte di Cassazione rispetto alla quale il ricorrente deduca l’omesso esame di documenti ovvero di circostanze dedotte nel giudizio, ossia tipici errores in judicando sotto il profilo della asserita erroneità del giudizio di fatto (v. tra le altre Cass. n. 3365 del 2009).

L’odierna ricorrente precisa che il giudicato esterno deve essere rilevato d’ufficio, ma (prescindendo dalla considerazione che il precedente giudicato che si invoca è un giudicato penale, con tutti i relativi limiti sia in ordine alla sua rilevabilità e rilevanza nel giudizio tributario, che in ordine alla eventuale decisività dell’asserito errore sulla sua esistenza), è sufficiente evidenziare che un eventuale omesso esercizio dei propri poteri officiosi da parte del giudice potrebbe configurarsi come errore di diritto, giammai come errore revocatorio.

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. In assenza di attività difensiva, nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2010

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