Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14674 del 17/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2010, (ud. 15/04/2010, dep. 17/06/2010), n.14674

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 16325/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

ARENA FRESCO SPA, in persona del suo amministratore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GRAMSCI 34, presso lo studio dell’avvocato IOFFREDI VINCENZO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MANCINI Francesco, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 15/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di CAMPOBASSO del 31/03/08, depositata il 19/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti della Arena Fresco s.p.a. (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale la C.T.R. Molise, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento per Iva, Irpeg e Irap relativo al 1998, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della contribuente.

1. Con un unico motivo, l’Agenzia ricorrente deduce vizio di motivazione, individuando quale punto decisivo della controversia (rispetto al quale la motivazione sarebbe insufficiente) l’accertamento della effettiva idoneità del supporto probatorio offerto dalla società a sostegno della sussistenza di maggiori costi deducibili.

Il motivo presenta diversi profili di inammissibilità.

Innanzitutto deve rilevarsi che esso risulta carente in relazione dell’art. 366 bis c.p.c., comma 2, a norma del quale è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare lei decisione, essendo peraltro da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (v. Cass. n. 8897 del 2008).

Giova peraltro rilevare che per fatto decisivo e controverso deve intendersi un vero e proprio fatto, non una “questione” o un “punto”, non a caso, infatti, l’art. 360 c.p.c. (nella parte in cui prevedeva l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia) è stato modificato D.Lgs. n. 40 del 2006, nel senso che l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve riguardare un fatto controverso e decisivo, con la conseguenza che la differenza non può essere ritenuta puramente formale e priva di effetti: per fatto deve perciò intendersi esclusivamente un fatto vero e proprio in senso tecnico, ex art. 2697 c.c., ossia un “fatto” costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, purchè controverso e decisivo.

E’ inoltre da aggiungere che non risultano specificamente indicati tutti gli atti e documenti sui quali il motivo (quindi il ricorso) è fondato (come previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, a pena di inammissibilità), nè tali atti e documenti risultano depositati unitamente al ricorso (come previsto a pena di improcedibilità dall’art. 369 c.p.c., n. 4).

In proposito è in particolare da rilevare che, ai fini del deposito suddetto, non rileva la richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito, nè, eventualmente, il deposito di tale fascicolo o del fascicolo di parte – che in ipotesi tali atti contenga – se esso non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c., e se all’atto del deposito vi è generica indicazione del suddetto fascicolo senza specificare gli atti e documenti in esso contenuti sui quali il ricorso è fondato (v. tra le altre Ord. S.U. n. 21747 del 2009, nonchè Cass. n. 24940 del 2009 e n. 303 del 2010).

E’ infine appena il caso di rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’onere di depositare, nel termine perentorio fissato per il deposito del ricorso per cassazione, i documenti su cui lo stesso si fonda si applica anche nel processo tributario, non ostandovi il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 25, comma 2, per il quale “i fascicoli delle parti restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono ad esse restituiti al termine del processo”, in quanto la stessa norma prevede, di seguito, che “le parti possono ottenere copia autentica degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte e d’ufficio”, con la conseguenza che non è ravvisabile alcun impedimento all’assolvimento dell’onere predetto, potendo la parte provvedere al loro deposito anche mediante la produzione in copia, alla quale l’art. 2712 c.c., attribuisce lo stesso valore ed efficacia probatoria dell’originale, salvo che la sua conformità non sia contestata dalla parte contro cui è prodotta (v. tra le altre Cass. n. 24940 del 2009).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 1.100,00 di cui Euro 900,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2010

 

 

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