Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14672 del 18/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 18/07/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 18/07/2016), n.14672

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

La CTR del Lazio, con sentenza n. 7117/28/14, depositata il 25 novembre 2014, non notificata, respinse l’appello della sig.ra C.S. avverso la sentenza di primo grado della CTP di Roma che aveva rigettato il ricorso della contribuente avverso l’avviso di liquidazione d’imposta di registro notificato il 13 giugno 2006 riguardo ad atto di compravendita registrato il 18 febbraio 2002. Con l’avviso di liquidazione era revocata l’agevolazione c.d. “prima casa” per l’acquisto del 2002, trattandosi di immobile di lusso e per avere la contribuente alienato lo stesso entro il quinquennio, senza avere poi proceduto all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con il suddetto beneficio.

La CTR, per quanto qui rileva, ritenne applicabile nella fattispecie la proroga biennale di cui della L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1, anche all’ipotesi disciplinata dal comma 1 bis.

Avverso detta pronuncia la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui è seguita la costituzione dell’Agenzia delle Entrate, al solo fine di eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non avendo notificato controricorso nei termini.

Con il terzo motivo, che va esaminato prioritariamente in ordine logico, ma congiuntamente al primo al quale è strettamente connesso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 11, assumendo che l’inapplicabilità della proroga dei termini di cui alla succitata norma, troverebbe fondamento, oltre che sull’interpretazione necessariamente restrittiva di ogni norma di condono, anche sull’analisi letterale della L. n. 289 del 2002, art. 11, quale modificato del D.L. n. 282 del 2002, art. 5 bis, come convertito in legge.

L’assunto contrasta con l’indirizzo espresso in materia da questa Corte, quale già richiamato dall’impugnata pronuncia (cfr. Cass. sez. 5, ord. 17 maggio 2010, n. 12069; Cass. sez. 5 18 settembre 2013, n. 21280), anche con riferimento al profilo oggetto della censura di cui al primo motivo per preteso contrasto con la L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 3 (Cass. sez. 5, 22 gennaio 2014, n. 1248) e di seguito ulteriormente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 11 settembre 2014, n. 19248; Cass. sez. 5, 13 novembre 2015, n. 23222; Cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2016, n. 992), nè parte ricorrente ha addotto, nella formulazione dei motivi, elementi atti a mutarne l’orientamento.

Deve peraltro, darsi atto che nella fattispecie in esame neppure assume rilievo ai fini della decisione della controversia il contrasto emerso in seno alla giurisprudenza della sezione in ordine all’applicabilità o meno della proroga, nell’ipotesi nella quale, al momento in cui si è verificato l’evento determinante la revoca del beneficio fiscale, fosse già spirato il termine per proporre la domanda di condono (nel senso dell’esclusione, in tal caso dell’applicazione della proroga, Cass. sez. 6-5, ord. 25 novembre 2015, n. 24118; in senso contrario Cass. sez. 6-5 ord. 19 novembre 2014, n. 24683).

Nella controversia in esame, infatti, la decadenza dal beneficio è stata, come si è visto, collegata a due diverse cause: a) quella del c.d. mendacio originario, avendo la contribuente, al momento della stipula dell’atto, richiesto l’applicazione del beneficio attestando la qualità non di lusso dell’unità immobiliare acquistata, sebbene, dal controllo, esperito, sia invece emerso il contrario; b) quella relativa alla successiva rivendita dell’immobile entro il quinquennio, non seguita da nuovo acquisto entro l’anno successivo.

Mentre in relazione alla causa di cui sub b) il termine di decorrenza della decadenza va fissato alla data del compimento dell’anno dall’atto di rivendita dell’immobile (entro il quale la contribuente non ha provveduto all’acquisto di altra unità immobiliare), con riferimento alla prima circostanza, infatti, essendo stato l’atto di compravendita in questione registrato il 18 febbraio 2002, non era ancora decorso il termine triennale di decadenza alla data del 16 aprile 2004, termine per la proposizione della domanda di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1, come, da ultimo, stabilito dalla successive disposizioni di proroga.

Ne consegue che, anche nel solco di quanto affermato dalla citata Cass. sez. 6-5, ord. n. 24118/15, deve affermarsi che ricorrono, con riferimento all’ipotesi della decadenza per mendacio originario sulle caratteristiche non di lusso dell’unità immobiliare acquistata come prima casa, le condizioni per l’applicabilità nella fattispecie in esame della suddetta proroga biennale, di modo che il termine di decadenza di cui del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, lett. a), a far data dal 18 febbraio 2002, prorogato di due anni, non è in ogni caso decorso, al tempo della notifica dell’avviso di liquidazione in data 13 settembre 2006.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte resta assorbito il secondo motivo.

Il ricorso va pertanto rigettato per manifesta infondatezza.

Nulla va statuito in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo l’Amministrazione svolto difese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2016

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