Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14672 del 17/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2010, (ud. 15/04/2010, dep. 17/06/2010), n.14672

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 5059/2009 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO

FRIGGERI 106, presso lo studio dell’avvocato TAMPONI MICHELE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GABRIELE Domenico, giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 171/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di L’AQUILA, SEZIONE DISTACCATA di PESCARA del 3/04/08,

depositata il 03/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

udito l’Avvocato Gabriele Domenico, difensore del ricorrente, che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE che concorda con la relazione scritta.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. S.A. propone ricorso per cassazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che ha depositato atto di costituzione) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento Irpef 1999 in relazione alla plusvalenza realizzata con riguardo alla cessione a titolo oneroso di un terreno, la C.T.R. Abruzzo confermava la sentenza di primo grado (che aveva riconosciuto la legittimità della maggiore imposta accertata, annullando la sanzione applicata).

2. I primi due motivi di ricorso (coi quali si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto) sono inammissibili innanzitutto per inidonea formulazione dei quesiti, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la funzione propria del quesito di diritto è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il motivo che (come nella specie) si concluda con un quesito privo di ogni specifità in relazione alla corrispondente “ratio decidendi” della sentenza impugnata e la cui formulazione sia del tutto inidonea ad esprimere la rilevanza della risposta al quesito medesimo ai fini della definizione della controversia (v. tra molte altre Cass. n. 7197 del 2009 e n. 8463 del 2009, nonchè SU n. 7257 del 2007 e SU n. 7433 del 2009).

Il terzo motivo (col quale si deduce vizio di motivazione) è inammissibile perchè il vizio denunciato riguarda soprattutto la motivazione in diritto, laddove il vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, attiene solo alla motivazione in fatto della sentenza, posto che l’eventuale mancanza, insufficienza, illogicità o non correttezza della motivazione in diritto può rilevare eventualmente solo ex art. 360 c.p.c., n. 3, sempre che la relativa decisione non sia conforme a diritto.

E’ peraltro da rilevare che il motivo risulta carente in relazione al secondo comma dell’art. 366 bis c.p.c, a norma del quale è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, essendo peraltro da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (v. Cass. n. 8897 del 2008).

E’ infine appena il caso di evidenziare che i dati di fatto presupposti in tutti i motivi in esame – e idonei a far eventualmente emergere la fondatezza dei vizi denunciati- non emergono tutti dalla sentenza impugnata: la ricorrente avrebbe dovuto pertanto riportare in ricorso il testo di eventuali atti e documenti idonei a dimostrare la fondatezza di quanto dedotto nelle censure sopra esaminate.

In ogni caso, la ricorrente non ha indicato, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 6, gli atti o documenti sui quali sono fondati i motivi in esame e neppure risulta aver depositato tali atti e documenti ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, a norma del quale, insieme col ricorso (e pertanto nello stesso termine previsto dal citato art. 369 c.p.c., comma 1) devono essere depositati a pena di improcedibilità “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”, senza che rilevi a tal fine la richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito, nè, eventualmente, il deposito del fascicolo di parte (che in ipotesi tali atti contenga), se tale deposito non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c., e se all’atto del deposito viene indicato in modo generico il suddetto fascicolo senza specificare gli atti e documenti in esso contenuti sui quali il ricorso è fondato.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. In assenza di attività difensiva nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2010

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