Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14670 del 18/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 18/07/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 18/07/2016), n.14670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

La CTR dell’Emilia – Romagna, con sentenza n. 2156, depositata il 3 dicembre 2014, non notificata, rigettò l’appello proposto da TECNIC’ AL di N.C. & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore (di seguito società), avverso la sentenza della CTP di Rimini – che aveva respinto il ricorso della società avverso avviso di pagamento per TARSU richiesta dal Comune di Morciano di Romagna, relativa all’anno 2011 – assumendo in primo luogo che il presupposto impositivo fosse basato esclusivamente sul fatto di detenere ed occupare locali e aree scoperte a qualsiasi uso adibiti e che fosse irrilevante, ai fini della richiesta esclusione dal tributo, che la contribuente avesse deciso di smaltire in proprio i rifiuti speciali non pericolosi prodotti nell’area a ciò destinata, dovendo trovare applicazione in materia della L. n. 146 del 1994, art. 39 ed il D.Lgs. n. 22 del 1997, che consentivano l’assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi agli urbani, ciò a cui l’ente locale aveva provveduto con proprio regolamento.

Avverso detta pronuncia la società ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

L’intimato Comune di Morciano di Romagna non ha svolto difese.

I primi quattro motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro stretta connessione, sono fondati.

Giova ricordare, in proposito, che la pretesa impositiva è riferita all’anno 2011. Ratione temporis è dunque inapplicabile – come dedotto nel secondo motivo, che denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e), (c.d. codice dell’ambiente) – la disciplina richiamata dal giudice d’appello a sostegno della propria affermazione, essendo intervenuta, ad opera del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 264, lett. i), l’abrogazione dell’intero D.Lgs. n. 22 del 1997 (c.d. decreto Ronchi) e già, ad opera della L. n. 128 del 1998, art. 17, comma 3, quella della L. n. 16 del 1994, art. 39, che, al comma 1, prevedeva la totale assimilabilità ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali indicati al punto 1.1.1. lett. a) della deliberazione del Comitato interministeriale di cui del D.P.R. n. 915 del 1982, art. 5.

Per effetto di quanto stabilito del D.Lgs. n. 152 del 2006, stesso art. 264, lett. i), tuttavia, al fine di assicurare che non vi fosse alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del detto decreto, era previsto che i provvedimenti attuativi del citato D.Lgs. n. 22 del 1997, continuassero ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi.

Ed ancora, sebbene del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, abbia abrogato, con effetto immediato, la cd. tariffa Ronchi, esso, secondo quanto previsto dal comma 11 dello stesso articolo, ha lasciato in vita, sino all’adozione del regolamento attuativo, “le discipline regolamentari vigenti”, per tali dovendosi intendere i regolamenti comunali già adottati.

In tale contesto normativo di riferimento, mancando la disciplina attuativa della nuova tariffa di cui al citato art. 238, (cfr., più di recente, per una puntuale disamina della successione delle leggi nel tempo, Cass. sez. 5, 11 marzo 2016, n. 4792), la CTR, e incorsa in violazione di legge (denunciata con il primo motivo che lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3), nell’affermare che nella fattispecie in esame non sussiste l’esenzione TARSU, in relazione al diverso presupposto relativo all’esenzione per le aree “inutilizzabili o inutilizzate” di cui al comma 2 della stessa norma, neppure richiesta dalla contribuente, che aveva invece sollecitato l’applicazione della diversa causa di esclusione di cui dell’art. 62, citato comma 3, per effetto del quale, “nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano, di regola, rifiuti speciali tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti”.

Ne consegue altresì la fondatezza del 3 e 4 motivo di ricorso, con i quali la società ricorrente ha denunciato, rispettivamente, ulteriori ipotesi di violazione di legge dell’art. 195 e del D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 195 e 198, sia con riferimento alla ritenuta, assimilabilità, tout court, dei rifiuti speciali prodotti dalla società a quelli urbani, sia riguardo alla necessità (cfr. Cass. sez. 5, 30 dicembre 2011, n. 30275), della verifica dei limiti dell’esercizio della potestà regolamentare del Comune (a suo tempo esercitata con Delib. Consiglio Comunale 5 marzo 2001, n. 21) nel quadro della normativa statale di riferimento, per qualità e quantità (cfr. art. 15 bis del citato regolamento, riportato dalla ricorrente in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione).

Per effetto delle considerazioni precedenti resta assorbito il quinto motivo, con il quale la ricorrente ha denunciato la statuizione della CIR in punto di non applicabilità agli enti locali delle disposizioni dello statuto del contribuente (L. n. 212 del 2000, la violazione del cui art. 7, quanto alla sufficienza della motivazione, la società aveva dedotto nel doppio grado di merito).

Il ricorso deve essere, pertanto, accolto per manifesta fondatezza in relazione ai primi quattro motivi, assorbito il quinto, dovendosi demandare al giudice di rinvio, che provvedesì anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità gli ulteriori accertamenti di fatto sulla sussistenza da parte della contribuente, oltre che dell’adempimento dell’obbligo di denuncia, degli oneri d’informazione su di essa gravanti (cfr. oltre alla citata Cass. n. 4792/16, tra le altre, Cass. sez. 5, 29 luglio 2009, n. 17599 e Cass. sez. 5, 2 settembre 2004, n. 13086), valutando quindi se possa dirsi soddisfatto, alla stregua della documentazione prodotta, l’onere probatorio pure su di essa incombente, in quanto richiedente l’applicazione di causa di esclusione dal tributo (cfr. Cass. sez. 5, 13 maggio 2016, n. 9858), relativamente alla produzione nell’area delimitata dalla relativa planimetria della produzione di soli rifiuti speciali non assimilabili agli urbani per qualitàe quantità affidari a terzi.

PQM

La Corte accoglie il ricorso in relazione ai primi quattro motivi, assorbito il quinto.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità a diversa sezione della CTR dell’Emilia Romagna.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2016

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