Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14670 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14670 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 14660 – 2012 proposto da:
RAMI ROSANGELA (RNARNG40H50E730S), già titolare dell’omonima
ditta individuale di autotrasporto, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA DELLA SCROFA 64, presso lo studio dell’avvocato
GIAMPAOLO GHINI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato STEFANO ZUNARELLI, giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente –

r
1.

contro
PALI ITALIA SPA (già SIDERPALI SPA), in persona
dell’Amministratore Unico e legale rappresentante pro tempore

Dott. MAURIZIO GRAZIOLI, elettivamente domiciliata in ROMA,
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r3916, VIA DEGLI SCIALOIA 3, presso lo studio dell’avvocato ITALICO
PERLINI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale
a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 14/07/2015

controricorrente avverso la sentenza n. 1186/2011 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA, depositata il 10/10/2011, R.G.N. 707/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 22/04/2015 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato STEFANO ZUNARELLI;
udito l’Avvocato LUISA CELANI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. RICCARDO FUZIO, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
RITENUTO IN PATTO
1. – Con atto di citazione in appello ritualmente
notificato, Rosangela Rani, nella qualità di titolare e
legale rappresentante dell’omonima ditta individuale,
esercente attività di autotrasporto per conto terzi,
impugnava la sentenza del Tribunale di Ravenna – Sezione
distaccata di Lugo, con la quale fu dichiarata, in
accoglimento dell’eccezione proposta dall’opponente,
Siderpali S.p.A., la prescrizione, ai sensi dell’art. 2951
cod. civ., dei diritti azionati in sede monitoria dalla
stessa Reni, così revocando il decreto precedentemente emesso

per un importo pari ad euro 53.576,70.
Premetteva la Rani di aver effettuato, a partire dal
1994 e sino al 1998, su ordine della predetta società
committente, una serie di trasporti, soggetti al regime delle
c.d.

tariffe a forcella ai sensi della legge 6 giugno 1974,

n. 298, aggiungendo che, relativamente ai servizi di
trasporto eseguiti nell’anno 1997, residuassero delle
differenze retributive, per il recupero delle quali agiva in
giudizio con procedimento monitorio.
Per quanto ancora interessa in questa sede, l’appellante
deduceva, a confutazione della affermata sussistenza della
prescrizione del diritto, Che il rapporto contrattuale non
fosse iniziato nel 1992, ma nel 1993 e che non fosse
configurabile come fattispecie di appalto di servizi, bensì
2
(

come rapporto di collaborazione coordinata e continuativa
(cd. parasubordinazione), dovendo ritenersi che ad ogni
trasporto corrispondesse un singolo contratto.
2. – Nel contraddittorio delle parti l’adita Corte di
appello di Bologna, con sentenza resa pubblica il 10 ottobre
2011, rigettava il gravame, con conferma integrale della
decisione impugnata.

delle risultanze probatorie (segnatamente della espletata
prova testimoniale), la data di inizio del rapporto tra le
parti in causa era da collocare certamente in data anteriore
all’entrata in vigore della legge sul sistema delle tariffe a
forcella, ossia prima del 29 marzo 1993 e che detto rapporto
era da reputarsi come “esecuzione di un unico contratto di
appalto di servizi” di trasporto, avendo la Rani fornito alla
società Siderpali “un servizio continuativo di trasporti”.
Donde, l’applicabilità dell’art. 2951 cod. civ., con
conseguente intervenuta prescrizione annuale dei diritti
azionati in sede monitoria dalla Rani.
3.

– Per la cassazione di tale sentenza ricorre

Rosangela Rani, nella qualità di titolare dell’omonima ditta
individuale

di

autotrasporto,

affidando

le

sorti

dell’impugnazione a tre motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la Pali Italia S.p.A., già
Siderpali S.p.A.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Preliminarmente, occorre esaminare l’eccezione,
sollevata dalla società controricorrente, di inammissibilità
del ricorso per carenza di valida procura alle liti, sia
sotto il profilo della genericità del mandato conferito, sia
per esser stata la sottoscrizione dello stesso mandato
autenticata soltanto dal difensore

(avv. Ghini) privo

dell’abilitazione al patrocinio dinanzi a questa Corte.
1.1. – L’eccezione è infondata sotto entrambi i profili
dedotti.

3

2.1. – La Corte territoriale osservava che, alla luce

1.1.1. – Quanto all’eccepita carenza di specialità della
procura al difensore, è sufficiente osservare che
quest’ultima, ove apposta (come nella specie) a margine del
ricorso per cassazione, deve ritenersi conferita, salva
diversa inequivoca volontà (che non risulta dal mandato
conferito dalla Rani), per il giudizio di legittimità, in
quanto, costituendo un corpo unico con l’atto cui inerisce,

garantendo, così, il requisito della specialità del mandato,
restando irrilevante il mancato riferimento specifico, nel
testo della procura stessa, alla sentenza impugnata o al
giudizio in corso (tra le altre, Cass., 8 marzo 2006, n.
4980; Cass., 22 gennaio 2015, n. 1205).
1.1.2.

– In relazione, poi, al profilo della

certificazione della sottoscrizione della procura alle liti
da parte di difensore non abilitato al patrocinio dinanzi a
questa Corte, il Collegio intende dare continuità
all’orientamento (tra le tante: Cass., 11 ottobre 2001, n.
12411; Cass., sez. un., 8 luglio 2003, n. 10732; Cass., 1 °
giugno 2004, n. 10495; Cass., 11 luglio 2006, n. 15718;
Cass., 20 dicembre 2011, n. 27774) secondo cui detta ipotesi
integra una mera irregolarità, allorché l’atto sia stato
firmato anche da altro avvocato iscritto nell’albo speciale e
indicato come codifensore. Tale irregolarità non comporta la
nullità della procura ad lltem,

sanabile per effetto della

costituzione in giudizio del procuratore nominato, salvo che
la controparte non contesti, con specifiche argomentazioni,
l’autografia della firma di rilascio della procura.
Nella specie, nessuna contestazione sull’autografia
della firma è stata sollevata dalla società controricorrente
e la procura risulta conferita dalla Rani anche all’avv.
Stefano Zunarelli, del foro di Bologna, iscritto all’albo
speciale dei difensori abilitati al patrocinio dinanzi a
questa Corte, il quale ha sottoscritto il ricorso per

4

esprime necessariamente il suo riferimento a questo,

cassazione ed ha, poi, svolto le proprie difese in pubblica
udienza.
2. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art.
360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione degli artt. 2951 e 1678 cod. civ., degli artt. 1
e 2 della legge n. 162 del 1993 e dell’art. 2 del d.l. n. 463
del 1992, sotto il profilo “dell’erronea qualificazione della

dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ.
La Corte territoriale sarebbe incorsa in violazione di
legge per aver confermato la decisione del Tribunale sulla
qualificazione del rapporto contrattuale per cui è causa in
termini di unico contratto di appalto di servizi di trasporto
e per aver, conseguentemente, ritenuto applicabile alla
fattispecie in esame il termine annuale di prescrizione,
previsto, per i servizi di trasporto, dall’art. 2951 cod.
civ., anziché il termine quinquennale, introdotto, per i
servizi di trasporto soggetti al c.d. sistema a forcella,
dall’art. 2 della legge 162 del 1993.
Invero,

sarebbe

da

escludere

in

radice

la

configurabilità stessa di un contratto di appalto di servizi
di trasporto, posto che il contratto di trasporto (in cui la
prestazione di trasferimento di persone o cose è, in ogni
caso, oggetto di un autonomo conferimento contrattuale del
mittente al vettore) costituisce un sottotipo del contratto
di appalto, con la conseguenza che attribuire rilevanza
giuridica alla prima figura comporterebbe la disapplicazione
della normativa dettata in tema di contratto di trasporto,
che ha ad oggetto un risultato ben individuato, svincolato
dall’originario genus della locatio operis.
Peraltro, anche là dove si ritenga che il rapporto sia
qualificabile in termini di appalto di servizi di trasporto,
occorrerebbe ravvisare ulteriori elementi di maggiore
complessità rispetto alla prestazione principale di
trasferimento di cose, “tali da richiedere l’impiego di mezzi
5

fattispecie”, nonché dedotto vizio di motivazione, ai sensi

straordinari, di cui il vettore normalmente non dispone, da
effettuare con personale specializzato” (Cass., 13 dicembre
2010, n. 25117). Nella specie, tali elementi non potrebbero
essere ravvisati in quelli (periodicità della prestazione,
molteplicità dei viaggi e numero dei mezzi messi a
disposizione del committente, “servizi di consegna e di
scarico materiale”) individuati dalla Corte territoriale, che

rileverebbero solo come prestazioni necessarie e
“naturalmente inerenti” all’esecuzione del trasporto medesimo
o comunque accessorie e strumentali ad

esso,

come tali

inidonee ad alterare la figura del contratto di trasporto di
cose ed a trasformarlo in un contratto misto.
2.1. – Il motivo non può trovare accoglimento.
Alla luce della giurisprudenza di questa Corte (che,
diversamente da quanto opinato dalla ricorrente, non ha mai
dubitato della configurabilità di un contratto di appalto di
servizio di trasporto), la ricorrenza, anziché di un semplice
contratto di trasporto, di un appalto anzidetto, postula la
presenza di un’apposita organizzazione di mezzi apprestata
dal trasportatore per l’esecuzione del contratto, in
relazione all’importanza e alla durata dei trasporti da
effettuare. Connotati rivelatori di detta organizzazione
sono, normalmente, da individuarsi nella molteplicità e
sistematicità dei trasporti, nella pattuizione di un
corrispettivo unitario per le diverse prestazioni,
nell’assunzione dell’organizzazione dei rischi da parte del
trasportatore (Casa., Sez. I, 21 marzo 1980, n. 1902; Casa.,
29 aprile 1981, n. 2620).
La presunzione di esistenza di un unitario contratto di
appalto nel servizio di trasporto, anziché di una
molteplicità di contratti di trasporto, può essere utilmente
invocata qualora le modalità di esecuzione dei trasporti
medesimi, e, in generale, il comportamento delle parti, siano
tali da evidenziare, a prescindere dal contenuto formale dei
negozi predisposti dalle parti, un rapporto contrattuale
6
(5K

unico ed onnicomprensivo, caratterizzato da continuità e
predeterminazione delle rispettive prestazioni (Cass., 11
maggio 1982, n. 2926).
Dunque, ai fini della configurabilità di un unitario
contratto di appalto nel servizio di trasporto, occorre
attribuire rilievo ad una serie di elementi presuntivi, che,
nel caso di specie, il giudice di appello, confermando la

decisione del Tribunale, ha in effetti considerato secondo la
linea tracciata dal ricordato orientamento giurisprudenziale.
Segnatamente, la Corte di appello ha ritenuto che la
Rani avesse fornito un servizio continuativo di trasporti
(riguardanti i pali per le linee elettriche gestite
dall’Enel), mettendo a disposizione della committente una
pluralità di mezzi propri, per l’esecuzione quotidiana dei
trasferimenti, periodicamente fatturati e retribuiti mediante
corresponsione di un compenso, che veniva concordato in via
generale e periodicamente aggiornato, oltre a rendere servizi
di consegna e di scarico materiale della merce trasportata.
Pertanto, a fronte del riscontro di una pluralità di
indizi sintomatici del carattere continuativo e unitario del
servizio reso, non risulta, in ogni caso, dirimente
1′ (eventuale) assenza di ulteriori elementi di maggiore
complessità caratterizzanti la prestazione principale di
trasferimento di cose o le prestazioni, pur accessorie, di
consegna e scarico materiale, “tali da richiedere l’impiego
di mezzi straordinari, di cui il vettore normalmente non
dispone, da effettuare con personale specializzato” (secondo
quanto reputa la ricorrente, richiamando il precedente
Cass., 13 dicembre 2010, n. 25117), non essendo quest’ultimo
un requisito essenziale ai fini della valutazione della
necessaria presenza di un’apposita organizzazione di mezzi,
apprestata dal trasportatore per l’esecuzione del contratto,
in relazione all’importanza e alla durata dei trasporti da
effettuare.

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i

Dunque, in altri termini, la circostanza che il vettore
non sia tenuto specificamente all’adempimento di
significative prestazioni accessorie rispetto all’attività di
trasporto non costituisce fattore escludente la
riconducibilità del rapporto al contratto di appalto di
servizi di trasporto, essendo, invero, necessario a tal fine
l’accertamento di una predeterminazione sistematica dei

corrispettivo unitario (cfr., in motivazione, anche Cass., 13
marzo 2009, n. 6160), nel senso che tra le parti sia
pianificata l’esecuzione di una serie di

trasporti, che

assumono il carattere di prestazioni continuative, soggette
ad una disciplina unitaria, per il cui adempimento il
trasportatore-appaltatore deve aver predisposto
un’organizzazione di mezzi propri, finalizzato al
raggiungimento del risultato complessivo rispondente alle
esigenze del committente.
Né il precedente richiamato dalla ricorrente (Casa., 13
dicembre 2010, n. 25117) esprime principi diversi o
dissonanti, posto che con esso si afferma che la “messa a
disposizione” prevista dall’articolo 1697 cod. civ. è
un’operazione inerente al trasporto alla quale è normalmente
obbligato il vettore, ma che può essere peraltro
convenzionalmente posta carico del destinatario, “ovvero
costituire oggetto di un contratto d’appalto – collegato o
complementare a quello di trasporto – con il quale il vettore
si assuma l’obbligo di eseguire le operazioni di scarico
della cosa trasportata con organizzazione dei mezzi necessari
e gestione a proprio rischio”, esemplificando (ma non già
esaurendo), poi, i casi in cui ciò potrebbe venire in essere,
ossia “particolarmente quando tali operazioni siano talmente
complesse da richiedere l’impiego di mezzi straordinari, di
cui il vettore normalmente non dispone, da effettuare con
personale specializzato”.

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servizi di trasporto, accompagnata dalla pattuizione di un

Sicché, solo là dove il rapporto si esaurisca in
occasionali ed episodiche prestazioni di trasferimento, non
connotate dalla prestazione continuativa e duratura di
servizi di trasporto, può essere esclusa la configurabilità
del contratto di appalto di trasporto, circostanza ostativa
che la Corte di appello – come detto – ha ritenuto non
sussistesse, proprio in ragione del carattere unitario delle

prestazioni rese dalla Rani su incarico della Siderpali,
consistenti in una serie di trasporti collegati al
raggiungimento di un risultato complessivo, non limitato
all’esecuzione di singole e sporadiche prestazioni di
trasporto, ma volto ad eseguire un servizio di trasferimento
di carattere continuativo.
Accertamento,

peraltro,

ulteriormente corroborato

(seppur soltanto ad abundantiam) dal rilievo (cfr. p. 4 della
sentenza impugnata) che il trasporto riguardava i “pali per
le linee elettriche gestite dall’Enel s.p.a.” e, dunque, proprio nell’ottica, sebbene non decisiva e concludente,
nella quale si collocano le difese della ricorrente un’organizzazione del trasporto, nella sua prestazione
principale e in quelle accessorie (di scarico e consegna),
quantomeno non ordinaria.
3. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art.
360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione dell’art. 2951 cod. civ., degli artt. 1 e 2
della legge n. 162 del 1993 e, dell’art. 2 del d.l. n.
463/1992, sotto il profilo della “erronea identificazione del
regime di prescrizione applicabile”.
Sarebbe errata la decisione della Corte di appello di
ritenere che il termine di prescrizione quinquennale trovasse
applicazione dall’entrata in vigore della legge n. 162 del
1993 (che ha convertito in legge il d.l. n. 82 del 1993,
pubblicato in G.U. n. 73 il 29 marzo 1993) e non, invece,
dalla entrata in vigore del d.l. n. 463 del 1992 (pubblicato
in G.U. n. 281 il 28 noveMbre 1992), reiterato dal d.l. n. 19
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del 1993 e, quindi, dal citato d.l. n. 82 del 1993, poi
convertito dalla legge n. 162 del 1993.
L’art. 2 del d.l. n. 463 del 1992, testualmente
riprodotto nel successivo d.l. n. 19 del 1993, infatti, già
prevedeva l’inapplicabilità del termine previsto, in materia
di prescrizione dei diritti derivanti dal contratto di
trasporto, dall’art. 2951, comma primo, cod. civ., a quelli

legge n. 298 del 1974.
Poiché soltanto con il d.l. n. 82 del 1993, convertito
nella legge n. 162 del 1993, è stato definitivamente
introdotto il termine di prescrizione quinquennale, il
conseguente vuoto normativo potrebbe essere colmato solo
facendo ricorso al termine ordinario decennale, di cui
all’art. 2946 cod. civ., ovvero mediante l’applicazione
analogica dello stesso termine quinquennale, in ragione della
ratio unitaria caratterizzante i decreti legge n. 463 del
1992, n. 19 del 1993 e n. 82 del 1993, ma certamente non
potrebbe ritenersi applicabile il termine annuale di cui
all’art. 2951 cod. civ., atteso che l’art. 1, comma secondo,
della legge n. 162 del 1993 faceva salvi gli effetti
prodottisi ed i rapporti sorti in forza dei citati decreti n.
463 del 1992 e n. 19 del 1993.
Pertanto, a fronte del predetto vuoto normativo, laddove
si ritenga che il rapporto contrattuale abbia natura
unitaria, collocandone l’inizio tra il 28 novembre 1992 (data
di entrata in vigore del d.l. n. 463 del 1992, che ha
espressamente escluso, per i trasporti soggetti al sistema di
tariffe a forcella, l’applicabilità del termine di
prescrizione previsto dall’art. 2951, comma primo, cod. civ.)
e il 29 marzo 1993 (data di entrata in vigore del d.l. n.
82/1993, introduttivo del termine prescrizionale
quinquennale), dovrà ritenersi applicabile il termine
ordinario decennale di prescrizione e, analogamente,
qualora si considerino singolarmente le prestazioni

lo

anche
rese

nascenti dal sistema di tariffe a forcella, istituito dalla

dalla Rani, tale termine sarà applicabile ai trasporti
effettuati tra il gennaio 1993 e il 29 marzo 1993, ferma
restando l’applicabilità del termine quinquennale alle
prestazioni eseguite successivamente alla data di entrata in
vigore del d.l. n. 82 del 1993, introduttivo della c.d.
“prescrizione agevolata”.
3.1. – Il motivo è inammissibile.

prescrizione quinquennale in riferimento a contratto di
appalto di servizi di trasporto stipulato successivamente
alla entrata in vigore del d.l. n. 463 del 1992 (ossia prima
del prima 28 novembre 1992), non risulta esaminata dalla
sentenza impugnata, la quale si è incentrata invece sulla
questione, fatta oggetto di motivo di gravame, della
stipulazione del contratto anzidetto prima dell’entrata in
vigore del d.l. 82 del 1993, poi convertito dalla legge n.
162 del 1993, essendosi il

thema decidendum imperniato sulla

verifica della applicabilità alla fattispecie dedotta in
giudizio di tale ultimo decreto-legge, oggetto di
conversione.
Né la ricorrente deduce di aver prospettato uno
specifico motivo di appello nello stesso senso in cui ora
veicola la presente censura, come invece avrebbe dovuto, così
da consentire a questa Corte di controllare

ex actis

la

veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito
della suddetta questione (Cass., 18 ottobre 2010, n. 23675).
Peraltro, anche il richiamo complessivo che la sentenza
di appello opera alla pronuncia di primo grado – là dove si
dà atto di una decisione operata in funzione del “presupposto
della ricorrenza nel caso di specie di un unico contratto di
appalto di servizi iniziato nel gennaio 1993

(p.

3 della

sentenza di appello), ma alla stregua di un accertamento sul
“fatto che il contratto originario tra le parti risaliva al
92 o quantomeno agli inizi di gennaio 1993” (p. 7 della
sentenza di appello) – conforta il rilievo secondo cui la
11

La questione della presunta applicabilità del termine di

questione dedotta ora con il ricorso per cassazione è rimasta
estranea al contraddittorio nei giudizi di merito, giacché
l’accertamento e la decisione del Tribunale risultano
funzionali esclusivamente alla verifica del termine
prescrizionale in funzione dell’entrata in vigore del d.l. 29
marzo 1993, n. 82. Peraltro, contrariamente a quanto opinato
dalla ricorrente con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ.,

vittoriosa Sidegpali S.p.A., mentre il gravame proposto dalla
stessa Rani, soccombente proprio in riferimento al termine
prescrizionale, non poteva che investire

anche

il fatto

dell’individuazione del dies a quo di detto termine, quale
segmento di quella statuizione minima, costituita dalla
sequenza fatto, norma ed effetto, unicamente

suscettibile di

acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della
controversia (Cass., 20 dicembre 2006, n. 27196; Cass., 28
settembre 2012, n. 16583). E, del resto, l’impugnazione della
Reni ha investito, in effetti, anche il punto relativo
all’accertamento dell’inizio del rapporto, avendo essa
contestato che “l’attività di trasporto fosse iniziata nel
1992 (cfr. p. 3 della sentenza di appello).
Sicché, deve ritenersi (come, peraltro, eccepito anche
dalla società controricorrente) che la doglianza sia stata
introdotta soltanto in questa sede, con la conseguenza che si
tratta di prospettazione di questione nuova, implicante
altresì congruenti accertamenti di fatto, come tale
inammissibile

in questa

sede, giacché nel giudizio di

cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della
sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed
alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili
nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da
quelli dedotti nel giudizio di merito, a meno che si tratti
di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle
questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel
12

sul punto nessuna esigenza di impugnazione aveva la parte

dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti
(tra le altre, Cass., 26 marzo 2012, n. 4787).
E al riguardo neppure potrebbe reputarsi che la
questione anzidetta attenga a profili già dibattuti, in
quanto concernente soltanto l’applicazione

ratione

temporis

di una norma di legge pertinente alla materia e non
implicante congruenti accertamenti di fatto, giacché,
dies a quo della prescrizione

in relazione proprio all’esatto momento di inizio del
rapporto, siccome precedente al 28 novembre 1992, la Corte di
appello, nell’ambito delle specifiche

deduzioni

che

circoscrivevano il thema decidendum in sede di gravame, non
aveva necessità di indagare sul predetto profilo, posto che
era sufficiente procedere alla delibazione in ordine
all’esistenza del rapporto contrattuale in epoca precedente
al 29 marzo 1993. Tant’è che la stessa Corte di merito diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente con la
memoria ex art.
rapporto

378 cod. proc. civ. pur rilevando che il

inter partes era

“iniziato nel 1992”

(senza

ulteriori puntualizzazioni e, dunque, non accertando la
precisa data di inizio del rapporto in detto anno), ha
ritenuto esaustivo il dato della anteriorità del rapporto
stesso “al marzo 93” (cfr. p. 6 della sentenza impugnata),
per concludere, poi, nel senso della applicabilità al
rapporto contrattuale

inter partes del

termine annuale di

prescrizione di cui all’art. 2951 cod. civ.
4. – Con il terzo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art.
360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione dell’art. 2951 cod. civ. e degli artt. l e 2
della legge n. 162 del 1993 e dell’art. 2 del d.l. n. 463 del
1992, sotto il profilo della “erronea identificazione del
momento di decorrenza del termine di prescrizione”.
La Corte territoriale avrebbe, altresì, erroneamente
individuato il termine di decorrenza della prescrizione.

13

trattandosi di individuare il

Diversamente dall’art. 2951 cod. civ., che espressamente
stabilisce che il termine prescrizionale annuale decorre dal
giorno in cui è avvenuta o sarebbe dovuta avvenire la
riconsegna della merce al luogo di destinazione, la legge
introduttiva del termine quinquennale di prescrizione per i

trasporti

soggetti

al sistema delle tariffe a forcella non

dispone nulla in ordine al dies a quo.

normativa vigente al momento della conclusione del contratto,
di inapplicabilità analogica della regola, di cui all’art.
2951 cod. civ., ai diritti derivanti dal sistema tariffario
obbligatorio dell’autotrasporto, sarebbe, quindi, applicabile
l’art. 2935 cod. civ., che prevede che il termine di
prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto possa
essere fatto valere.
Nel caso di specie, ove sia ritenuta corretta la
qualificazione del contratto in termini di unico appalto di
trasporto, il momento in cui il diritto poteva essere fatto
valere dalla Reni deve individuarsi nel 1998, ossia dal
momento in cui il rapporto contrattuale è cessato, ovvero
nell’ottobre 1997, là dove si ritenga di non aderire alla
valutazione dei giudici di merito in ordine al carattere
unitario del rapporto e, dunque, si considerino
esclusivamente i trasporti oggetto della richiesta di
conguaglio in sede monitoria, riferibili al periodo tra
gennaio e ottobre 1997.
Ne consegue che non può ravvisarsi la prescrizione del
diritto, in ragione della tempestività degli atti
interruttivi del 12 marzo 1999 e del 31 luglio 2003.
Ulteriore conferma in tal senso discenderebbe dal
disposto del secondo comma dell’art. 2 della legge n. 162 del
1993, che prevede la sospensione del termine di prescrizione
quando tra vettore e committente intercorra un rapporto di
collaborazione coordinata e continuativa, con la conseguenza
che la Rani non avrebbe potuto far valere il proprio diritto
14

Attesa la generale previsione, in base alla disciplina

se non dopo la cessazione del rapporto contrattuale, avvenuta
nel 1998.
4.1. – Il motivo è inammissibile.
Le censure che esso propone avrebbero presupposto
l’accoglimento della doglianza – veicolata, in particolare,
con il secondo motivo – avverso la statuizione del giudice di
appello che ha ritenuto applicabile il disposto dell’art.

servizio di trasporto stipulato in epoca antecedente al
regime consolidato dalla legge n. 162 del 3.993 (di
conversione del d.l. n. 82 del 1993) e, dunque, non
influenzato dalla disciplina, anche prescrizionale, dettata
da tale ultima legge.
Tuttavia, la declaratoria di inammissibilità del motivo
con il quale si aggrediva l’anzidetta statuizione della
sentenza impugnata ne ha determinato il passaggio in
giudicato, sicché la censura proposta con il mezzo in esame è
rimasta priva di oggetto, giacché altri sono i presupposti di
fatto e di diritto ormai cristallizzatisi in riferimento alla
questione della prescrizione dei diritti inerenti al rapporto
contrattuale dedotto in giudizio.
3. – Il ricorso va, dunque, rigettato e la ricorrente
condannata,

ex art. 385, primo comma, cod. proc. civ., al

pagamento, in favore della società controricorrente, delle
spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in
dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, che
liquida, in favore della parte controricorrente, in
complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi,
oltre spese generali ed accessori di legge.

15

2951 cod. civ., in ragione di un contratto di appalto di

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della

Sezione Terza civile della Corte suprema di Cessazione, in

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