Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1467 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/01/2017, (ud. 23/11/2016, dep.20/01/2017),  n. 1467

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22878/2015 proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS) TRIBUNALE NAPOLI,

in persona dei curatori pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA OTTAVIANO 42, presso lo studio dell’avvocato BRUNO LO

GIUDICE, rappresentata e difesa dall’avvocato ELIO COCORULLO, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende oper legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2160/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA del 17/02/2015, depositata il 03/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

Il Fallimento (OMISSIS) srl in liquidazione propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 2160/29/2015, depositata in data 3/03/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso per maggiori IRES, IRAP ed IVA, dovute in relazione all’anno d’imposta 2008, a seguito di contestazione di maggiori ricavi e di costi indeducibili, – è stata parzialmente riformata la decisione di primo grado, che aveva già parzialmente accolto il ricorso della società contribuente in bonis. In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere in parte il gravame della contribuente, rideterminando l’imponibile a fini IRES, IRAP ed IVA, in misura inferiore all’accertato, hanno sostenuto che non ricorreva alcuna violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, essendo stato l’accertamento emanato “oltre i 60 giorni dalla conclusione della verifica”. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

IN DIRITTO

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in quanto la C.T.R. non avrebbe valutato compiutamente l’operato dell’Agenzia delle Entrate, la quale aveva “ignorato” quanto prodotto e documentato dalla società contribuente in sede di contraddittorio. Con il secondo motivo, il Fallimento ricorrente censura poi la decisione impugnata per violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 111 Cost., stante “l’insufficienza della motivazione” sulle eccezioni sollevate dalla società contribuente in merito alla carenza di motivazione dell’atto impugnato, perchè “privo di alcun riferimento alle memorie depositate dalla società nella fase endo-procedimentale”.

2. La prima censura è infondata. Come anche precisato di recente da questa Corte (Cass. 3583/2016), in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, “è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni presentate dal contribuente ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, atteso che la nullità consegue solo alle irregolarità per cui essa sia espressamente prevista dalla legge, oppure, in difetto di previsione, allorchè ricorra una lesione di specifici diritti o garanzie tali da impedire la produzione di effetti da parte dell’atto cui ineriscono”. Invero, all’obbligo dell’amministrazione finanziaria di “valutare” le osservazioni del contribuente (cui l’imposizione del termine dilatorio, a pena di nullità, e strumentale) non si aggiunge l’ulteriore obbligo di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo, a pena di nullità. Peraltro, le S.U. di questa Corte (n. 18184/2013), nell’affermare l’invalidità dell’atto impositivo, non rispettoso del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, salvi i casi di motivata urgenza, hanno precisato che “la “sanzione” della invalidità dell’atto conclusivo del procedimento, pur non espressamente prevista, deriva ineludibilmente dal sistema ordinamentale, comunitario e nazionale, nella quale la norma opera e, in particolare, dal rilievo che il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza dal modello normativo di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della irruzione, di diretta derivazione da principi costituzionali”. Nella specie, si discute soltanto della mancata esplicitazione nella motivazione dell’atto impositivo della valutazione delle osservazioni del contribuente.

3. La seconda censura è inammissibile. Invero, avendo i giudici comunque vagliato le diverse posizioni delle due parti, tanto da rideterminare i maggiori ricavi, nel legittimo esercizio del potere di rideterminazione del reddito e dell’imposta dovuta, essa si sostanza in un vizio di insufficienza motivazionale della decisione impugnata, che non è più censurabile, alla luce del nuovo dettato dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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