Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14668 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. I, 09/07/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14668

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32461/2018 proposto da:

O.E.I., elettivamente domiciliato in Roma Via del

Casale Strozzi, 31 presso lo studio dell’avvocato Laura Barberio che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il giorno

01/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/02/2020 dal cons. Dott. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Roma, con decreto pubblicato il giorno 1 ottobre 2018, respinge il ricorso proposto da O.E.I., cittadino della (OMISSIS) proveniente da (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. il Tribunale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il richiedente sia davanti alla Commissione territoriale sia in sede giudiziaria ha dichiarato che nel 2006 aveva cominciato a lavorare come vigilante per la comunità (OMISSIS), che da molti anni aveva un fitto contenzioso con la comunità (OMISSIS) per la proprietà di alcuni terreni edificabili; il re di (OMISSIS) nel 1987 aveva stabilito i confini tra le due comunità ma gli (OMISSIS) avevano impugnato la decisione ottenendo in sede giudiziaria la riforma a proprio vantaggio nel 2013; dopo tale verdetto gli (OMISSIS) avevano, con sempre più incisiva violenza, invaso i terreni dove si trovavano gli (OMISSIS) e nel 2016 avevano distrutto le loro case, compresa quella del ricorrente, costringendo la comunità a spostarsi;

b) il ricorrente ha aggiunto che, in considerazione del suo ruolo di vigilante, era particolarmente esposto alle violenze, tanto che nel 2013 gli (OMISSIS) erano entrati nella sua casa e avevano ucciso i suoi cari, per questo visto che gli scontri non avevano fine, egli il 18 giugno 2016 aveva lasciato la (OMISSIS), nel timore di essere ucciso;

c) il racconto appare veritiero non condividendosi la diversa valutazione della Commissione territoriale, nella quale è stato dato rilievo decisivo a mere discordanze e/o contraddizioni su aspetti secondari o isolati che, invece, sono irrilevanti quando l’accadimento principale della narrazione si ritiene sussistente, come avviene nella specie per il ruolo di vigilante del ricorrente e per la conseguente esposizione ad un rischio effettivo di subire un danno grave;

d) le fonti reperite riferiscono delle tensioni in (OMISSIS) tra la comunità (OMISSIS) e quella di (OMISSIS) negli anni 2015 e 2016 per la proprietà di terreni, ma attestano anche un effettivo intervento della giurisdizione pure di tipo penale;

e) pertanto, in base al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5 e art. 6, comma 2, non può essere accordata la protezione internazionale perchè la descritta violenza è perpetrata da privati e risulta che la protezione statale sia adeguata mentre, d’altra parte, l’interessato non ha offerto elementi circa la persistente attualità del conflitto tra le due indicate comunità;

f) con riferimento all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) va rilevato che le notizie raccolte da fonti internazionali affidabili aggiornate circoscrivono nel Nord-Est del Paese l’epicentro delle violenze di (OMISSIS) mentre nella zona di provenienza del ricorrente – (OMISSIS) e nel (OMISSIS) – si rinvengono esclusivamente problematiche connesse allo stato di povertà di quelle fasce della popolazione locale che non fruiscono dei benefici connessi allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi che possono sfociare in episodi di violenza anche contro le forze di polizia ma il richiedente non ha mai riferito di essere stato coinvolto in tali vicende, pertanto in assenza di riscontri individualizzanti deve essere dichiarata l’insussistenza anche dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) cit.;

g) infine, per la protezione umanitaria non sono state neppure allegate o documentate dal ricorrente particolari condizioni di vulnerabilità per motivi personali, di salute o familiari ovvero una stabile integrazione lavorativa in Italia, sicchè anche tale domanda va respinta;

3. il ricorso di O.E.I., illustrato da memoria, domanda la cassazione del suddetto decreto per tre motivi; il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorso è articolato in tre motivi;

1.1. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione di numerose norme di diritto con riguardo al rigetto della protezione sussidiaria nella forma del rischio di subire trattamenti inumani e degradanti da parte della comunità degli (OMISSIS), basato sulla ritenuta esistenza di effettiva protezione statale affermata dal Tribunale senza attivare i poteri istruttori d’ufficio onde reperire informazioni sulla persistente attualità del conflitto e sulla reale capacità delle Autorità di offrire una tutela effettiva ai cittadini;

1.1.1. si sottolinea che il Tribunale, in modo contraddittorio, dopo aver affermato la credibilità del racconto del ricorrente – che, fra l’altro, aveva riferito di essere fuggito dal proprio Paese perchè vessato da violenze e minacce rispetto alle quali non riceveva tutela da parte delle Autorità – ha poi negato la protezione sussidiaria ritenendo sussistente la suindicata tutela, senza peraltro effettuare indagini al riguardo e, in generale, sulla situazione della (OMISSIS) esistente al momento del giudizio, anche in riferimento al conflitto tra la comunità (OMISSIS) e quella di (OMISSIS);

1.2. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e di numerose altre norme di diritto per la mancata concessione della protezione sussidiaria basata sulla omessa indagine in ordine alla grave situazione di violenza indiscriminata esistente in (OMISSIS) (da cui proviene il ricorrente) a causa dei conflitti tra la comunità (OMISSIS) e quella di (OMISSIS), la cui narrazione è stata considerata credibile;

1.4. con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, sostenendosi che il rifiuto della protezione umanitaria sia stato emesso senza considerare la situazione di estrema vulnerabilità del richiedente, derivante anche dalle torture subite nel suo passaggio in Libia;

2. l’esame delle censure porta all’accoglimento dei primi due motivi, con assorbimento del terzo motivo;

3. all’accoglimento dei primi due motivi – da trattare insieme data la loro intima connessione – si perviene per l’assorbente ragione che il Tribunale, in modo contraddittorio, dopo aver affermato di considerare veritiero il racconto del ricorrente – che, fra l’altro, aveva riferito di essere fuggito dal proprio Paese perchè vessato da violenze e minacce rispetto alle quali non riceveva tutela da parte delle Autorità – ha poi negato la protezione sussidiaria richiesta ritenendo sussistente la suindicata tutela, senza peraltro effettuare indagini al riguardo e, in particolare, sulla situazione di (OMISSIS) da cui proviene il ricorrente, esistente al momento del giudizio, con specifico riferimento al conflitto tra la comunità (OMISSIS) e quella di (OMISSIS) ivi riscontratosi e anzi ha ritenuto che fosse onere dell’interessato provvedere agli aggiornamenti dell’anzidetta situazione e, in particolare, del perdurare o meno del conflitto;

4. nella stessa ottica, il Tribunale, con riferimento alla fattispecie di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) si è limitato a consultare e citare le fonti usualmente utilizzate per ricostruire la generale situazione socio-politica della (OMISSIS) pure in relazione ad (OMISSIS) (anche 2017-2018), ma non ha effettuato alcuna ricerca sullo specifico conflitto tra le due comunità di (OMISSIS) e di (OMISSIS) centrale per la vicenda narrata dal richiedente, considerata veritiera;

5. in base ad un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte il dovere di cooperazione istruttoria del giudice si concretizza in presenza di allegazioni del richiedente precise, complete, circostanziate e credibili, e non invece generiche, non personalizzate, stereotipate, approssimative e, a maggior ragione, non credibili;

5.1. compete insomma all’interessato innescare l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e per questo è sufficiente che la sua narrazione sia vera, reale e quindi credibile (vedi, per tutte: Cass. 12 giugno 2019, n. 15794);

5.2. nella specie, come si è detto, il Tribunale ha considerato il racconto del richiedente veritiero, non condividendo motivatamente la differente valutazione espressa dalla Commissione territoriale e sottolineando la veridicità del nucleo centrale della narrazione, rappresentato dal ruolo di vigilante per la comunità (OMISSIS) del ricorrente e dalla conseguente esposizione ad un rischio effettivo di subire un danno grave;

5.3. il Tribunale ha poi aggiunto che dalle fonti reperite risulta l’esistenza di tensioni in (OMISSIS) tra la comunità (OMISSIS) e quella di (OMISSIS) negli anni 2015 e 2016 per la proprietà di terreni (come riferito dal richiedente), ma poi del tutto genericamente ha affermato che dalle stesse fonti risulterebbe anche un effettivo intervento della giurisdizione pure di tipo penale per porre rimedio al conflitto;

5.4. il Tribunale ha quindi escluso di poter accordare la protezione internazionale domandata considerando apoditticamente la denunciata violenza come perpetrata da privati e sussistente una adeguata la protezione statale in favore delle vittime, pur ammettendo implicitamente di non essere in possesso di notizie aggiornate circa la persistente attualità del conflitto tra le due indicate comunità (di cui impropriamente è stato onerato il richiedente) e pur non potendosi ricavare simili notizie dalla ricerca effettuata per ricostruire la situazione del Paese di origine del richiedente, come si è detto;

6. la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che “il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati” deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle Commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale” (Cass. 21 novembre 2018, n. 30105; Cass. 18 novembre 2019, n. 29836);

6.1. infatti, l’esercizio dei poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale, deve essere finalizzato ad ottenere una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (Cass. 25 luglio 2018, n. 19716);

6.2. tale esercizio deve essere svolto in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine, poste in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale del richiedente e perchè il suddetto dovere di cooperazione istruttoria possa considerarsi correttamente adempiuto il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto il proprio accertamento (Cass. 26 aprile 2019, n. 11312; Cass. 17 maggio 2019, n. 13449);

7. nella specie dal provvedimento impugnato risulta che il Tribunale, pur ritenendo veritiero il racconto del ricorrente, si è limitato ad effettuare una ordinaria ricerca sulla situazione politico-sociale di (OMISSIS) (indicandone le fonti), ma per quanto riguarda il conflitto tra la comunità (OMISSIS) e quella di (OMISSIS) – che rappresenta l’argomento centrale del racconto del richiedente, come affermato dallo stesso Tribunale – non ha effettuato alcuno specifico approfondimento onde stabilirne la persistente attualità al momento della decisione ed accertare la presenza o meno di una efficace protezione statale per le vittime, essendosi limitato a riportare notizie tratte da fonti di stampa relative al 2015-2016, omettendo però di acquisire informazioni presso la Commissione nazionale per il diritto di asilo o di consultare altre fonti maggiormente attendibili di quelle utilizzate;

8. ne consegue che il Tribunale non si è attenuto ai principi di diritto suesposti, incorrendo nel vizio di violazione di legge denunziato nei primi due motivi del presente ricorso, che vanno accolti;

9. di conseguenza, il terzo motivo va dichiarato assorbito;

Conclusioni.

10. in sintesi, i primi due motivi di ricorso vanno accolti e il terzo motivo va dichiarato assorbito;

11. il decreto impugnato deve essere quindi cassato, in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale di Roma, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo. Cassa il decreto impugnato, in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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