Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14667 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. I, 26/05/2021, (ud. 25/03/2021, dep. 26/05/2021), n.14667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

G.L., rappr. e dif. dall’avv. Valeria Gerace

valeriagerace(at)ordineavvocatiroma.org, elett. dom. presso lo

studio in Roma, via Augusto Riboty n. 23, come da procura in calce

all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e dif.

ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è

domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza App. Ancona 4.12.2018, n. 2845, in

R.G. 2161/2017;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla camera di consiglio del 25.3.2021.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. G.L. impugna la sentenza App. Ancona 4.12.2018, n. 2845, in R.G. 2161/2017 di rigetto dell’appello avverso l’ordinanza Trib. Ancona 19.10.2017 a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento di diniego della tutela invocata dinanzi alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e da tale organo disattesa;

2. la corte, per quanto qui di residuo interesse, ha ritenuto, all’esito dell’udienza: a) insussistente la credibilità delle dichiarazioni rese, perchè stereotipate, generiche, prive di riferimenti temporali e anche contraddittorie, sui punti della datazione d’inizio dell’attività politica e del giorno della dedotta condotta di critica alle autorità, da cui sarebbe conseguita la persecuzione politica; b) insussistenti i presupposti della protezione, per difetto di persecuzione (non allegata in relazione ad alcun quadro giudiziario) e comunque per via del mutamento della situazione del Gambia, non potendosi più affermare che, con l’avvento del nuovo regime, mancasse del tutto un’attitudine delle istituzioni a garantire la protezione dei cittadini, ove chiesta, anche al cospetto di aggressioni di soggetti, come nel caso, non statuali; c) comunque vi era assenza di conflitto armato ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non risultando segnalazioni di tal fatta per l’area di provenienza, già per l’epoca anteriore al cennato mutamento di assetto politico; d) infondata la richiesta di protezione umanitaria, mancando situazioni di vulnerabilità connesse al rimpatrio, anche per la genericità del racconto; l’assorbimento del riferimento al diritto d’asilo derivava poi, secondo la corte, dalla sua piena attuazione nell’attuale sistema pluralistico delle misure di protezione;

3. il ricorrente propone due motivi di ricorso; il Ministero si è costituito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo si deduce l’erroneità della sentenza ove ha escluso, in violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, la concessione della protezione internazionale o nelle forme residuali, contestandosi il mancato approfondimento della situazione di violenza in (OMISSIS), anche ai fini della vulnerabilità in caso di rientro; con il secondo motivo si censura la decisione per omesso ovvero errato esame della storia del ricorrente in relazione alla violazione dei diritti umani, stante la mancata attivazione dei poteri istruttori e i limiti di motivazione della sentenza in punto di credibilità, avendo essa conferito rilievo di contraddizione a fatti invece comprensibili per l’età e il livello d’istruzione del richiedente;

2. i motivi, da riunire in trattazione, sono inammissibili, sotto plurimi profili; il ricorrente ha omesso di confrontarsi con la duplice ratio decidendi adottata dalla corte che, oltre a sconfessare la credibilità del relativo narrato (su cui la censura s’infrange nei limiti della motivazione ex Cass. s.u. 8053/2014 e, nello specifico, Cass. 24183/2020), ha motivatamente apprezzato – anche in via astratta – la natura non statuale delle supposte minacce e dunque la estraneità rispetto ai parametri degli atti persecutori, posto il mutamento della situazione in Gambia e le diffuse carenze di evidenziazione, in ricorso, circa la protezione richiesta alle autorità locali; tanto più che, si aggiunge, l’appello appariva ristretto alla sola contestazione del diniego della protezione sussidiaria e umanitaria (pag.2), senza che, sul punto, il ricorrente abbia, in questa sede, riportato una diversa e più ampia latitudine delle proprie difese di merito;

3. quanto alla situazione del Gambia, il ricorrente si è limitato ad invocare una generica violazione di legge, censurando l’apprezzamento espletato dalla corte che, in tema, ha negato che la situazione di sicurezza attuale del Paese potesse inerire al parametro del conflitto armato di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. c), confrontandosi dunque sulla relazione, coerente con la giurisprudenza CGUE, con la esposizione a rischio del singolo per trovarsi in loco; dando così atto la sentenza che nella zona di provenienza del richiedente non sussisteva alcun conflitto armato, per gli effetti di protezione ciononostante invocati, la censura, sul punto, oltre che del tutto aspecifica, non coglie la precisa ratio decidendi adottata; il ricorrente, inoltre, ha l’onere di indicare le COI che secondo la sua prospettazione avrebbero potuto condurre ad un diverso esito del giudizio, con la conseguenza che, in mancanza di tale allegazione, non potendo la Corte di cassazione valutare la teorica rilevanza e decisività della censura, il motivo deve essere dichiarato inammissibile (Cass. 22769/2020, 26728/2019);

4. peraltro il conflitto armato interno, va ripetuto, rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, nel senso che “il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia” (Cass. 18306/2019;

5. va infine osservato che la censura evita altresì di confrontarsi con la chiara affermazione in sentenza circa il difetto di allegati elementi di vulnerabilità e si limita a censurare la consequenzialità del pregiudizio all’esercizio dei diritti fondamentali al rientro dalla sola circostanza della reimmissione coattiva in un contesto d’insicurezza; la esclusa sussistenza, come visto, del conflitto generalizzato e la mancata deduzione di circostanze personali, che la corte ha statuito non essere state nemmeno allegate, inducono ad un’analoga ragione di inammissibilità anche di questo profilo dei motivi, eccentrico rispetto alla motivazione della pronuncia impugnata;

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con condanna alle spese secondo il criterio della soccombenza e liquidazione come meglio in dispositivo; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, liquidate in Euro 2.100, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 25 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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