Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14665 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. un., 05/07/2011, (ud. 19/04/2011, dep. 05/07/2011), n.14665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente aggiunto –

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente di Sezione –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.A. (nato a

(OMISSIS)), Presidente di sezione del Tribunale di Napoli,

elettivamente

domiciliato in Roma alla Via G.B. De Rossi n. 30 presso lo studio

dell’avv. FEROLA Raffaele che lo rappresenta e difende in forza della

procura speciale rilasciata in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(1) il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro

tempore, e (2) il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione;

– intimati –

avverso la sentenza n. 170/2010, pronunciata il 17 settembre 2010

(depositata il 22 novembre 2010 e notificata il 30 novembre 2010)

dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della

Magistratura.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 19 aprile 2011

dal Cons. dr. Michele D’ALONZO;

sentite le difese del ricorrente, svolte dall’avv. Raffaele FEROLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.

IANNELLI Domenico il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 30 dicembre 2010 presso la segreteria del Consiglio Superiore della Magistratura, P.A., in forza di cinque motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 170/2010 (pronunciata il 17 settembre 2010, depositata il 22 novembre 2010 e notificata il 30 novembre 2010) con la quale la sezione disciplinare di detto Consiglio, ritenutolo colpevole dell’incolpazione ascrittagli, gli aveva irrogato la sanzione dell'”ammonimento”.

Nessuno degli intimati svolgeva attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La sentenza gravata considera la seguente incolpazione:

“illecito disciplinare previsto dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 3, comma 1, lett. d) per aver assunto dal 16 giugno 2008 gli uffici pubblici di vice sindaco e assessore esterno del Comune di Giugliano in Campania, sito nel circondario del tribunale ove esercita le sue funzioni, senza la preventiva comunicazione al Consiglio Superiore della Magistratura (depositata presso la segreteria del Tribunale di Napoli il 17 giugno 2008) e senza chiedere di essere posto in aspettativa o trasferito di sede; doveri desumibili anche dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 23-bis e del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 60, comma 1, n. 6). In tal modo il dott. P. svolgeva attività incompatibili con l’esercizio delle funzioni giudiziarie, ai sensi del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 16, comma 1, richiamato dal D.Lgs. n. 109, art. 3, comma 1, lettt. d) e tali, comunque – per la dimensione dell’ente territoriale e per il cumulo nella stessa persona della carica di vice sindaco e dell’ufficio di assessore – da recare concreto pregiudizio all’assolvimento dei doveri disciplinati dall’art. 1 dello stesso Decreto, in particolare in violazione dei generali doveri di laboriosità, imparzialità e correttezza del magistrato. Notizia circostanziata del fatto acquisita il 27 febbraio 2009”.

A. Il giudice – ricordato che “in tema di procedimento disciplinare ciò che rileva è la conoscenza dei fatti da parte del Procuratore Generale, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che detti fatti siano pervenuti tardivamente a conoscenza di uno dei titolari dell’azione disciplinare, a causa di negligenza o scarso coordinamento tra gli apparati giudiziari, essendo sufficiente che entro un anno dall’effettiva conoscenza l’azione sia stata promossa (Cass. Sez. Un. n. 3612 del 2007)”, in primo luogo, ha disatteso “l’eccezione di estinzione del procedimento per essere stata promossa l’azione disciplinare dopo il decorso di un anno dal 17 giugno 2008, giorno in cui il dott. P. aveva dato notizia al Tribunale di appartenenza dell’assunzione degli uffici pubblici di vice sindaco e di assessore comunale esterno”, esponendo che “nel caso … il Procuratore Generale ha avuto conoscenza del fatto soltanto a seguito della denuncia circostanziata formulata con la nota pervenuta in data 21 febbraio 2009”, per cui “l’azione disciplinare è stata tempestivamente proposta con la richiesta del 5 novembre 2009”.

B. “Nel merito”, la sezione disciplinare – premesso che: (a) “la L. n. 81 del 1993, art. 23 ha modificato il sistema di elezione degli organi amministrativi comunali, introducendo, nei comuni con popolazione superiore ai 15 mila abitanti, l’elezione diretta del sindaco a suffragio universale e diretto, contestualmente all’elezione del consiglio comunale”;

(b) l'”art. 16″ della medesima Legge ha “rafforzato i poteri del sindaco con particolare riferimento alla composizione ed alla nomina della giunta”, “demandata … direttamente al sindaco, il quale individua anche il vicesindaco e comunica la composizione al consiglio per una semplice presa d’atto”;

(c) “il riferimento ai requisiti di eleggibilità” (“cittadini in possesso dei requisiti di compatibilità ed eleggibilità alla carica di consigliere”) contenuto nella “L. n. 81 del 1993, art. 23” per “gli assessori … nominati dal Sindaco …, anche al di fuori dei componenti del Consiglio”) “richiama … la disciplina elettorale in tema di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere presso enti locali, prevista dalla L. n. 154 del 1981, art. 2, comma 1, n. 6″, secondo cui (c1) non sono eleggibili alla carica di consigliere comunale nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, …” e (c2) tale “causa di ineleggibilità può … esser eliminata se “l’interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, … collocamento in aspettativa non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature”? (d) “l’art. 60” del “Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, introdotto con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267” ha (d1) “confermato la … disposizione contenuta nella L. n. 154 del 1981, art. 2 sulle cause d’ineleggibilità dei magistrati addetti alle corti d’appello ed ai tribunali – in relazione al territorio nel quale esercitano le loro funzioni (comma 1, n. 6 del cit. T.U.)” e (d2) “richiamato integralmente la disciplina delle cause di cessazione dei motivi di ineleggibilità previsti dalla precedente normativa, stabilendo espressamente, al comma 3, che l’indicata causa d’ineleggibilità non ha effetto se il magistrato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, … collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature” -, ritenuto che “il richiamo” normativo al “possesso dei requisiti di compatibilità e di eleggibilità previsti per l’elezione a consigliere comunale (della L. n. 142 del 1990, art. 33, comma 3 come modificato dalla L. n. 81 del 1993, art. 23) … fa si che anche nel caso di nomina diretta debbano trovare applicazione le stesse disposizioni dettate in tema di elezioni, essendo del tutto evidente che in entrambe le fattispecie (partecipazione a competizione elettorale e nomina diretta alla carica di assessore esterno) si riscontra la medesima ratio che sovrintende alla disciplina sulle cause di ineleggibilità” (“costituita dalla necessità di evitare ogni possibile pericolo di contiguità nello stesso territorio tra giurisdizione e funzione politica”), ha affermato che “anche nel caso di nomina diretta ad assessore esterno, il magistrato può accettare l’ufficio … a condizione però che quella carica sia conferita in un comune posto al di fuori della circoscrizione giudiziaria nella quale egli esercita le funzioni giurisdizionali ovvero, nel caso di coincidenza tra i due ambiti territoriali, sempre che il magistrato provveda tempestivamente a collocarsi in aspettativa”: “ove il comune, nel quale si intende assumere la carica, appartenga alla circoscrizione giudiziaria nella quale il magistrato svolge le funzioni è necessario rimuovere preventivamente l’incompatibilità stabilita dalla legge in modo che, con la richiesta d’aspettativa, il magistrato cessi effettivamente dalle funzioni prima della presentazione della candidatura, nel caso di sua partecipazione alla competizione elettorale, o prima di accettare la carica di assessore esterno, nell’ipotesi, qui ricorrente, di nomina diretta del sindaco” perchè “solo in tal modo è possibile perseguire l’interesse che sottende le disposizioni sull’ineleggibilità, che è quello, comune sia agli incarichi assunti a seguito di competizione elettorale sia a quelli di assessorato “esterno”, di non consentire che il magistrato contemporaneamente duplichi nello stesso territorio una doppia funzione pubblica (politica e giudiziaria), perchè siffatta duplicazione rappresenta un pericolo per la credibilità dell’attività giurisdizionale e pregiudica la stessa immagine di terzietà ed imparzialità che deve assistere ciascun magistrato nell’esercizio concreto delle sue funzioni”.

C. La sezione disciplinare, di poi, ha escluso la “non necessità del preventivo collocamento in aspettativa” – eccepita dall’incolpato sull’assunto che “il contemporaneo svolgimento delle funzioni politico-amministrative e di quelle giudiziarie avveniva in diversi ambiti territoriali” (a) perchè “il circondario di Napoli, ove il dott. P. presta la sua attività quale presidente di sezione del tribunale, non è compreso nella circoscrizione elettorale del Comune di Giugliano, nel quale il predetto magistrato ha assunto l’incarico esterno” e (b) perchè “Giugliano è sezione distaccata dal tribunale di Napoli, rispetto alla quale il presidente di sezione addetto alla sede centrale non esplica alcuna funzione” – osservando:

– “la causa di ineleggibilità prevista dal D.Lgs. n. 221 del 2000, art. 60, n. 6 da rimuovere con il collocamento in aspettativa prima dell’accettazione della carica di assessore “esterno”, si riferisce ai magistrati che svolgono funzioni giurisdizionali nell’ambito territoriale della circoscrizione elettorale”: questa “situazione” è “ricorrente nel caso” perchè “il tribunale di Giugliano” (pur se istituito “con D.Lgs. 3 dicembre 1999, n. 491”) “non è ancora operativo” ed il “il territorio del suddetto comune è ancora compreso nel circondario del tribunale di Napoli”);

– “la circostanza che nel comune … esiste una sezione distaccata del tribunale … non consente di ritenere che il dott. P. abbia accettato l’incarico di assessore esterno in un comune situato fuori del territorio ove esercita le funzioni giurisdizionali” perchè:

(a) “le sezioni distaccate di tribunale costituiscono semplici articolazioni interne del medesimo ufficio giudiziario e, in quanto tali, sono prive di rilevanza esterna” “tanto … che i rapporti tra sede principale e sede distaccata non possono mai dar luogo a questioni di competenza (Cass. n. 9915 del 2010), ma di ripartizione interna degli affari secondo i previsti criteri tabellari, la cui violazione può costituire una mera irregolarità, alla quale consegue, in base all’art. 83 ter disp. att. c.p.c., la necessità del passaggio del procedimento dalla sezione dell’ufficio presso la quale è stato irregolarmente iscritto a quella designata per la trattazione (Cass. n. 19299 del 2005)”;

(b) “la diversa opinione espressa finisce per ancorare l’ineleggibilità a semplici criteri di ripartizione tabellare piuttosto che alla legge e … non tiene conto del fatto che, nella fattispecie …, la presunta diversità di ambiti territoriali è senz’ altro da escludere perchè sia i reclami avverso i provvedimenti cautelari adottati dal giudice monocratico della sezione distaccata, che le cause con riserva di collegialità sono sempre decise dal tribunale in composizione collegiale e, quindi, presso la sede centrale … nella quale presta servizio il dott. P.”.

Per la sezione disciplinare, ancora, “il dott. P.”, “essendo stata la comunicazione effettuata solo dopo l’accettazione formale dell’incarico”, “avrebbe comunque violato la Delib. consiliare 13 aprile 2005, dallo stesso richiamata”: tale “delibera”, infatti, “nel richiedere che sia data notizia al Consiglio della “formale indicazione del magistrato a componente di una futura giunta” (par.

3.2.6.), comporta che la comunicazione debba esser fatta dopo l’indicazione da parte del sindaco, ma prima dell’accettazione del magistrato, senza che al riguardo possano assumere rilievo eventuali e peraltro non provate ragioni d’urgenza, dovute alla prospettata necessità del sindaco di Giugliano di procedere alla sollecita composizione e presentazione della giunta, che di certo non legittimavano il dott. P. all’immediata accettazione, prima ancora della dovuta comunicazione al Consiglio, di un incarico politico esterno, peraltro incompatibile con la funzione giudiziaria esercitata nel medesimo ambito territoriale”.

D. Secondo il giudice disciplinare, infine, “non … può essere escluso l’elemento soggettivo nella condotta posta in essere dall’incolpato per il solo fatto che, con la nota del 27 giugno 2008, il dott. P., nel richiamare l’onere di comunicazione stabilito con la citata delibera consiliare del 13 aprile 2005, abbia comunque dato notizia dell’accettazione dell’incarico ricevuto” in quanto “la delibera indicata richiama la normativa primaria che prevede l’aspettativa obbligatoria anche per i magistrati chiamati a ricoprire cariche pubbliche in un comune appartenente alla medesima circoscrizione nella quale è esercitata la funzione giudiziaria (paragrafo 4.4.)” per cui “non si vede come il dott. P. possa essere stato indotto in errore incolpevole dall’indicata deliberazione consiliare, che richiamava proprio all’adempimento di quell’obbligo (oltre che alla preventiva comunicazione)”.

2. Il P. impugna la decisione per cinque motivi.

A. Con il primo il ricorrente denunzia “violazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15 e art. 14, comma 4 … nonchè dei principi generali in materia di procedimento disciplinare” e, “in subordine”, eccepisce l'”illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15 in parte qua” esponendo che “con la nota 27 giugno 2008”, da lui inviata a “soggetti” (“C.S.M.”, “Presidente del Tribunale” e “Consiglio giudiziario”) “destinatari dell’obbligo di comunicazione”, “aveva fornito tutti gli elementi necessari per le salutazioni degli organi competenti e astrattamente costitutivi dell’illecito disciplinare” per cui il “promovimento dell’azione disciplinare” avvenuto con la “nota 23 novembre 2009 del Procuratore Generale” deve ritenersi tardivo rispetto al termine previsto dall’art. 15 detto, comma 1 non assumendo nessuna valenza “la circostanza che detti fatti siano pervenuti tardivamente a conoscenza di uno dei titolari dell’azione disciplinare”.

B. Nel secondo motivo il P. – ricordato “il principio secondo cui l’elettorato passivo, assicurato in via generale dall’art. 51 Cost., va considerato come diritto inviolabile sancito dall’art. 2 Cost., il cui contenuto può essere circoscritto soltanto nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale, in base alla regola della necessarietà e ragionevole proporzionalità della limitazione (Corte Cost. … 13 gennaio 2004 n. 2; 3 giugno 2003 n. 201)” – denunzia “violazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3, comma 1, lett. d) e s.m.i. e R.D. n. 12 del 1941, art. 16, comma 1, in relazione al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60 e art. 47, comma 3”, “violazione della Delib. 13 aprile 2005 e della risoluzione 28 aprile 2010 del C.S.M.” “insussistenza della fattispecie disciplinare”), nonchè “violazione del principio di corrispondenza tra pronuncia e incolpazione” adducendo che la “norma” dettata dal R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 16, comma 1 … deve ritenersi superata, e implicitamente abrogata, dalla normazione successiva” in base alla quale “i magistrati possono accedere alle cariche elettive presso gli enti locali”: “la normativa in materia elettorale”, infatti, “per la categoria dei magistrati”, “contiene … esclusivamente una disciplina della ineleggibilità” (“che può essere rimossa con il preventivo collocamento in aspettativa, dimissioni o trasferimento”) e non “la incompatibilità con le cariche considerate”:

“la sentenza impugnata”, pertanto, a giudizio del ricorrente, “travisa la … distinzione tra ineleggibilità e incompatibilità” e, “a fronte della norma incriminatrice (D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3, comma 1, lett. d) che si riferisce ad ipotesi di incompatibilità e alla normazione extradisciplinare che conosce, per i magistrati, solo l’ipotesi di ineleggibilità”, “finisce con l’introdurre un’ ipotesi di illecito non preveduta dall’ordinamento disciplinare, nonchè con l’applicare una sanzione non corrispondente al fatto contestato”.

C. In terzo luogo il ricorrente – esposto che “l’incolpazione è formulata per aver assunto dal 16 giugno 2008 gli uffici pubblici di vice sindaco e assessore esterno del Comune …” – denunzia “altra violazione del principio di corrispondenza tra pronuncia e incolpazione” e “difetto assoluto di motivazione” circa “l’individuazione del momento temporale” in cui egli è stato “immesso nelle funzioni” adducendo che “la nomina ad assessore esterno, ai sensi dell’art. 36, comma 2, dello Statuto Comunale …, costituisce fattispecie complessa a formazione progressiva” che, nel caso, si è perfezionata “soltanto con il conferimento delle deleghe”, quindi “solo il 3 luglio 2008”, per cui “la sentenza impugnata … ha del tutto obliterato che l’incolpazione si riferiva al fatto di aver assunto le funzioni senza preventiva comunicazione e non alla mera accettazione dell’incarico”, con “violazione del principio di corrispondenza”.

D. Nel quarto motivo il ricorrente denunzia, in ordine alla “nozione di territorio rilevante ai fini della ineleggibilità”, “violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 60 e 47”, “violazione della risoluzione C.S.M. 28 aprile 2010 e della Delib. C.S.M. 13 aprile 2005”, “motivazione carente, contraddittoria, illogica” nonchè “violazione degli artt. 2 e 51 Cost.” esponendo:

– “Il ragionamento” della sezione secondo cui “nel caso” ricorre “la causa di ineleggibilità prevista dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60, comma 1, n. 6” (che “si riferisce ai magistrati che svolgono funzioni giurisdizionali nell’ambito territoriale della circoscrizione elettorale”) perchè “il territorio del Comune … è ancora compreso nel circondario del Tribunale …” capovolge “il criterio di collegamento che la sentenza stessa riconosce nella normativa primaria e finisce col violare … le fonti integrative” (“provvedimenti del C.S.M. indicati …”) i quali “individuano nella circoscrizione elettorale l’ambito spaziale nel quale l’esercizio delle funzioni giurisdizionali costituisce causa d’ineleggibilità” per cui “deve ritenersi che l’incompatibilità non è predicabile in base alla ricomprensione del Comune nel … circondario del Tribunale … di appartenenza, ma deve … verificarsi se nel territorio comunale, come definito anche ai fini della circoscrizione elettorale, risulti in concreto incluso il territorio …

dell’ufficio giudiziario in cui il magistrato esercita le sue funzioni”;

– tenuto conto della “comunanza della definizione di territorio a tutte le figure” previste dalle stesse, da dette norme emerge che “il legislatore ha inteso riferirsi (come già il D.P.R. n. 361 del 1957, art. 8) all’ambito della circoscrizione elettorale del Comune presso cui è assunto l’incarico, e non alla estensione della sfera di giurisdizione dell’ufficio giudiziario di appartenenza”;

– “il punto 3.2.1.” della “Delib. 13 aprile 2005” del C.S.M., “nel disciplinare la riassegnazione di sede al magistrato non eletto ovvero al termine della carica”, “differenzia le soluzioni a seconda che la circoscrizione elettorale … comprenda o meno l’ufficio di appartenenza del magistrato”;

– il “richiamo” al “rapporto tra sezione distaccata (esistente nel Comune …) e sede centrale del Tribunale” (“ove presta servizio l’incolpato”) “oblitera … che è la legge … a stabilire il criterio territoriale della circoscrizione elettorale (e non quella del circondario del Tribunale)” e “ricorre … alla categoria dell’incompatibilità” (“non preveduta nè sanzionata dalla norma primaria”) “laddove ipotizza un intervento, eventuale e residuale, del magistrato addetto al Tribunale centrale su provvedimenti della sezione distaccata” mentre “in base alla graduazione costituzionale degli interessi che vede prevalere, salve le eccezioni espressamente codificate, il diritto politico del magistrato”, “solo l’esercizio continuo della funzione giurisdizionale nel territorio della circoscrizione elettorale potrebbe dar luogo (… in astratto, giacchè manca la previsione normativa) ad una incompatibilità, giacchè l’episodica e solo eventuale chiamata all’esercizio della funzione giudicante rispetto a provvedimenti della sezione distaccata può trovare, al riparo della protezione costituzionale offerta all’elettorato passivo, adeguato rimedio in altrettanto episodico ricorso all’istituto dell’astensione, senza che perciò debba soffrirne il prestigio dell’ordine giudiziario”.

E. Con il quinto (ultimo) motivo il ricorrente de-nunzia “violazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3-bis come aggiunto dalla L. 24 ottobre 2006, n. 269, art. 1, comma 3, lett. e)” nonchè “carente e/o apparente motivazione sul profilo della colpa” esponendo che la decisione impugnata non contiene “alcuna considerazione atta ad escludere la scarsa entità del fatto contestato” e che “sotto quello soggettivo … la motivazione è solo apparente e tautologica …”.

4. Il ricorso deve essere respinto.

A. Dalla piana lettura dell’art. 15 (“termini dell’azione disciplinare”) del D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 discende l’insussistenza della sua violazione, denunziata dall’incolpato nel primo motivo di ricorso.

La norma, infatti, fissa univocamente il giorno iniziale di decorrenza del termine di “un anno” per la promozione (“è promossa”) dell'”azione disciplinare” in quello della “conoscenza” della “notizia del fatto” (“di rilievo disciplinare”) da parte del “Procuratore generale presso la Corte di cassazione”, specificando che siffatta “conoscenza” deve intendersi giuridicamente acquisita all’esito delle “sommarie indagini preliminari” (evidentemente esperite dallo stesso organo) oppure da(l ricevimento di) una “denuncia circostanziata” (ovverosia di una denuncia che contenga “tutti gli elementi costitutivi di una fattispecie disciplinare”) od anche di una “segnalazione del Ministro della giustizia”: ai fini della decorrenza dei “termini” in questione, quindi, la norma attribuisce rilievo unicamente al fatto della “conoscenza” della “notizia del fatto” da parte del Procuratore generale presso la Corte di cassazione”.

Tanto impone di escludere qualsivoglia valenza (ai fini in esame) anche all'(eventuale) inosservanza, da parte del “Consiglio superiore della magistratura”, dei “consigli giudiziari” e dei “dirigenti degli uffici” (compresi tra questi “ipresidenti di sezione e i presidenti di collegio nonchè i procuratori aggiunti”, tenuti a “comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l’attività dei magistrati della sezione o del collegio o dell’ufficio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare”), dell’obbligo a ciascuno imposto dal medesimo D.Lgs., art. 14, comma 3 atteso che:

(1) la conoscenza di detti soggetti non determina quella, neanche materiale (oltre che giuridica), del fatto anche per il titolare dell’azione disciplinare, solo l’inerzia del quale (protratta oltre il termine fissato dal legislatore) è pertinente;

(2) il “rilievo disciplinare” di un “fatto” (con conseguente sorgere dell’obbligo di promuovere l'”azione disciplinare”) può essere stabilito unicamente dal titolare dell’afferente potere, essendo il relativo apprezzamento il risultato di un giudizio proprio ed esclusivo dello stesso (e non di altri), diverso, peraltro, e ben più pregnante rispetto a quello concernente soltanto la rilevanza (“fatto rilevante”) di quello stesso fatto “sotto il profilo disciplinare” necessario per il sorgere dell’obbligo di “comunicare”.

La coerenza (“risulta coerente”) “con il sistema delle … decadenze” del fatto che “Il termine per il promovimento dell’azione disciplinare decorra dalla conoscenza dei fatti da parte di chi è investito del potere di promovimento dell’azione e non dalla conoscenza che altri, sia pure titolari di autonomo ed analogo potere, abbiano dei medesimi fatti” – affermata dalla Corte delle leggi (sentenza 28 aprile 1992 n. 196), a fortiori, manifestamente esclude qualsiasi contrasto (della lettura che precede) del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15 con gli “artt. 3, 24, 97, 101 e 104 Cost.” nella parte in cui, si deduce, “non prevede che, ai fini della decorrenza del termine di cui al comma 1, sia equiparata alla notizia circostanziata pervenuta al Procuratore Generale la notizia circostanziata del fatto direttamente fornita dall’interessato ai soggetti di cui all’ art. 14, comma 4, stesso D.Lgs.” essendo intuitivamente differente (e, soprattutto, minore) la mera “conoscenza” dei soggetti indicati nell’art. 14, comma 4 (non investiti di alcun potere ma semplicemente obbligati a riferire) rispetto alla “conoscenza” dei “titolari di autonomo ed analogo potere” considerata ininfluente dalla Corte costituzionale ai fini della decorrenza del termine in questione.

B. La “distinzione” tra l'”ineleggibilità” del magistrato ad una carica pubblica elettiva e l'”incompatibilità”, per lo stesso magistrato, dell’assunzione di un “ufficio” pubblico “senza l’autorizzazione del Consiglio superiore della magistratura” non supporta affatto la tesi, su cui il ricorrente fonda la sua seconda doglianza, del “superamento” e/o dell'”implicita abrogazione” della “norma” dettata dal R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 16, comma 1 atteso che:

(1) quella norma è espressamente richiamata (quindi necessariamente considerata vigente) dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3, comma 1, lett. d), (successivo alle disposizione del D.Lgs. n. 267 del 2000 sulle quali si fonda la tesi dell’implicita abrogazione) e, soprattutto;

(2) l'”ineleggibilità” e l'”incompatibilità” dette – pur afferenti a posizioni diverse della medesima persona fisica (l’una, quale cittadino eleggibile; l’altra quale magistrato) – si rivelano convergenti (quindi non confliggenti tra loro) nella regolamentazione (soprattutto) del diritto costituzionale di elettorato passivo del magistrato (del quale, pertanto, erroneamente si denunzia la violazione) in quanto l'”attività” (elettiva pubblica) “incompatibile con la funzione giudiziaria”, il cui “svolgimento” è sanzionato dalla lett. d) citata, è quella stessa attività per la quale dal combinato disposto delle norme del D.Lgs. n. 267 del 2000 (art. 60, comma 1, per il quale “non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale … 6) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi regionali …” ; art. 47: “nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dai presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere”) invocate dal ricorrente, discende la “ineleggibilità”: la peculiare causa di ineleggibilità (“non sono eleggibili”) data da 1l’esercizio delle “funzioni” giurisdizionali “nel territorio”, quindi, finchè non rimossa (secondo l’apposita previsione dello stesso art. 60, comma 3), determina l'”incompatibilità di funzioni” considerata dal R.D. n. 12 del 1941, art. 16, comma 1 il cui contemporaneo “svolgimento” a quello delle funzioni giurisdizionali integra l’illecito disciplinare sanzionato dalla richiamata lett. d) del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3.

La generale “incompatibilità” prevista dalla norma dell’ordinamento giudiziario con l’assunzione di “pubblici o privati impieghi od uffici” da parte del magistrato, quindi, non collide affatto con l'”ineleggibilità” ad una carica pubblica dello stesso magistrato atteso che entrambe le “condizioni” tendono al medesimo risultato di impedire il contemporaneo svolgimento, in un prefissato ambito territoriale, da parte della stessa persona fisica, di funzioni considerate incompatibili tra loro dal legislatore.

Le norme in materia “elettorale” richiamate, infatti, all’evidente scopo (a) di contemperare (per consentirlo, considerato il valore costituzionale dell’afferente diritto) lo svolgimento della funzione “amministrativo-politica” con quella “giurisdizionale” (ordinariamente esercitata) propria del magistrato e (b) di evitare qualsiasi possibilità di interferenza (anche puramente sospettabile) in conseguenza del contemporaneo svolgimento delle due attività pubbliche, hanno condizionato l’esercizio della funzione “amministrativo-politica” da parte del magistrato alla preventiva eliminazione delle “situazioni” espressamente considerate quali causa di ineleggibilità con la conseguenza che la mancata eliminazione di quelle situazioni (come per “cessazione dalle funzioni” o per la temporanea “quiescenza” della funzione “giurisdizionale” conseguente al tempestivo “collocamento in aspettativa non retribuita”), quanto a detta funzione, integra appieno la fattispecie della inidoneità ad “assumere” legittimamente la funzione “amministrativo politica”, quindi l’afferente “ufficio” pubblico: la persistenza della causa di ineleggibilità, peraltro, oltre che sulla stessa assunzione della carica pubblica (per la sua idoneità a determinare la decadenza dalla stessa), ridonda inevitabilmente anche sul divieto posto dal R.D. n. 12 del 1941, art. 16 perchè l’assunzione della carica pubblica è comunque incompatibile con la funzione giurisdizionale se e finchè non viene eliminata la specifica causa di incompatibilità all’assunzione di quella carica.

Nessun conforto, infine, deriva alla tesi del ricorrente dall'”orientamento” espresso dal Consiglio Superiore della Magistratura al paragrafo 26^, punto 5, della Delib. 13 aprile 2005 (recante “modifiche alla circolare 15098 del 30 novembre 1993 con particolare riferimento alle ipotesi di incompatibilità nel caso di ricollocamento nel ruolo organico della magistratura conseguente ad aspettativa per mandato amministrativo comunale”) – secondo cui “nel caso di partecipazione del magistrato, nello stesso distretto di appartenenza, ovvero nel distretto competente ex art. 11 c.p.p. e senza previo collocamento in aspettativa, ad una competizione elettorale (ivi compresa P ipotesi della semplice formale indicazione di componente di una futura giunta comunale, provinciale o regionale) il Consiglio, cui il magistrato ha l’onere di una tempestiva segnalazione, valuterà la sussistenza di eventuali ipotesi di incompatibilità, all’esito dei le elezioni” – atteso che, come evidente, l’oggetto della “tempestiva segnalazione” ivi considerato è dato dalla “semplice formale indicazione di componente di una futura giunta comunale, provinciale o regionale” e non già dall’assunzione della qualità di “componente” della “giunta” dell’ente territoriale.

C. La censura formulata nel terzo motivo (“individuazione del momento temporale” di “immissione” nella “funzioni” di assessore comunale) è priva di pregio.

Per il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 46, comma 3 invero, “nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia”; l’art. 36, comma 2 Statuto del Comune di Giugliano in Campania (NA), a sua volta, conferma che “il sindaco nomina i componenti della giunta” e prevede che lo stesso dia “comunicazione” della nomina “al consiglio comunale nella prima seduta, specificando nell’atto di nomina le deleghe da conferire”:

dalla combinazione delle riprodotte disposizioni discende l’irrilevanza dell’atto di “conferimento delle deleghe” (che il ricorrente afferma essere avvenuto “solo il 3 luglio 2008”) atteso che l’assunzione dell’ufficio pubblico di assessore coincide con la “nomina”, la cui “comunicazione al consiglio comunale” svolge unicamente la funzione propria (perchè così voluta dallo Statuto) di portare a semplice conoscenza del “consiglio” (al quale non è riconosciuto nessun potere di sindacato) il provvedimento di avvenuta investitura.

Tanto esclude in radice la sussistenza sia della “violazione del principio di corrispondenza tra pronuncia ed incolpazione” che del “difetto … di motivazione” denunziati col motivo.

D. La doglianza relativa alla “nozione di territorio rilevante ai fini della ineleggibilità” (quarto motivo di ricorso) – a meno di supporre una (giuridicamente) insostenibile (dovendosi aver riguardo a tutte le funzioni istituzionalmente esercitabili nel territorio del proprio ufficio e non già a quelle “tabellari” attribuite, non vincolanti all’esterno e, soprattutto, non determinanti alcuna incompetenza funzionale) delimitazione dell’esercizio territoriale delle funzioni del magistrato solo ad uno dei diversi territori comunali inclusi in quello dell’ufficio giudiziario di appartenenza – si palesa per nulla perspicua perchè non è stata esplicata la concreta valenza (nella specie) dell’operazione logica, sostenuta dal ricorrente, secondo la quale “deve … verificarsi se nel territorio comunale … definito … ai fini della circoscrizione elettorale risulti in concreto incluso il territorio … dell’ufficio giudiziario in cui il magistrato esercita le sue funzioni”:

normalmente e, comunque, certamente nel caso in quanto il dr. P. esercita la funzione di Presidente di sezione del Tribunale di Napoli, infatti, la “circoscrizione elettorale” comunale è più ridotta del “territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi regionali …” previsto dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60.

La disposizione, peraltro, univocamente impone di considerare (come rettamente operato dal giudice disciplinare) soltanto se la “circoscrizione elettorale” “rilevante” sia compresa nel “territorio” (diversificato a seconda della funzione) nel quale il magistrato esercita quella istituzionale.

E. Sull’infondatezza del quinto (ultimo) motivo (violazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis come aggiunto dalla L. 24 ottobre 2006, n. 269, art. 1, comma 3, lett. e)) è sufficiente ricordare che (Cass., un., 24 giugno 2010 n. 15314);

(1) l'”esimente” prevista da detta norma (“in forza della quale l’illecito non è configurabile quando il fatto sia di scarsa rilevanza”) “presuppone che la fattispecie tipica sia stata realizzata ma che per particolari circostanze, anche non riferibili all’incolpato, il fatto risulti di scarsa rilevanza”;

(2) gli “eventi in base ai quali il fatto” può essere “ritenuto di scarsa rilevanza non sono elementi costitutivi dell’illecito”.

Conseguentemente il giudice disciplinare (specie se non sollecitato da specifica richiesta) non è tenuto ad esporre le ragioni per le quali non abbia ritenuto il fatto “di scarsa rilevanza” e, quindi, non abbia considerato (per escludere l’esistenza di qualsivoglia ipotesi) quell'”esimente”; per l’applicazione di questa, infatti, è necessario che l’incolpato “eccepisca e provi” (o che comunque “risulti”) che il “fatto” del quale lo stesso è (stato giudicato) responsabile sia effettivamente “di scarsa rilevanza”.

Nel caso il ricorrente si è limitato a denunziare la violazione della norma, ma non ha esposto quali siano le “specifiche circostanze” per le quali il giudice disciplinare avrebbe dovuto applicare l’esimente invocata: siffatta specificazione, nel caso, si rivela indispensabile atteso che il contemporaneo svolgimento dell’attività “amministrativa” e di quella “giurisdizionale” nell’ambito territoriale considerato incompatibile dalle conferenti norme, per il legislatore, integra un comportamento idoneo, di per sè, ad arrecare discredito oggettivo all’ordine giudiziario per cui quel “fatto” (se non altrimenti connotato), oggettivamente, non può ritenersi di “scarsa rilevanza”.

5. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità in quanto gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA