Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14664 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. I, 09/07/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1066/2019 proposto da:

I.N., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ippolito Nievo

n. 61 Scala D, presso lo studio dell’avvocato Rossella De Angelis,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Natale Arculeo,

giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno; Commissione Territoriale per il

riconoscimento della protezione internazionale di Milano;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 21/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/02/2020 dal Consigliere Dott. Paola Vella.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Milano ha rigettato le domande di protezione internazionale o umanitaria proposte dal cittadino (OMISSIS) I.N., il quale aveva dichiarato di essere fuggito dal Niger a causa dei maltrattamenti dello zio paterno, e di temere, in caso di rientro, la miseria e l’assenza di prospettive lavorative, anche per non avervi più alcun punto di riferimento, essendo orfano di entrambi i genitori.

2. Il ricorrente ha impugnato detta decisione con ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Gli intimati non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. Con il primo motivo si denunzia la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 3 e art. 112 c.p.c., stante la mancata trascrizione delle conclusioni delle parti e la conseguente mancata pronuncia sulla domanda preliminare (nullità della delibera adottata dalla Commissione territoriale per irregolarità nello svolgimento dell’audizione) e sulle richieste istruttorie (acquisizione del fascicolo della Commissione territoriale).

3.1. Il motivo è infondato.

3.2. In primo luogo, oggetto della controversia dinanzi al tribunale in subiecta materia non è il provvedimento negativo della commissione territoriale, bensì il diritto soggettivo alla protezione internazionale invocata, sulla quale il giudice deve statuire senza che rilevi, in sè, l’eventuale nullità del provvedimento, ma solo le sue possibili conseguenze sul pieno dispiegarsi del diritto di difesa (Cass. 27337/2018, 7385/2017), sicchè tale giudizio non può concludersi con una mera declaratoria d’invalidità del diniego amministrativo, ma deve pervenire alla decisione sulla spettanza o meno del diritto, ai sensi del D.Lgs. n. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, comma 10, (Cass. 26480/2011). Nel caso di specie, peraltro, le adombrate irregolarità dell’audizione in fase amministrativa resterebbero comunque superate dal rinnovo dell’audizione del ricorrente, disposta dinanzi al tribunale. Quanto poi alla mancata pronunzia sulle richieste istruttorie, essa va letta come implicito rigetto delle stesse.

4. Con il secondo mezzo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e del principio dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. nonchè l’omessa valutazione delle prove offerte dalla difesa del ricorrente, in relazione all’art. 5, comma 6 T.U.I., per non avere il tribunale svolto alcuna indagine nè compiuto alcuna valutazione comparativa ai fini dell’invocata protezione umanitaria.

4.1. Il motivo, da riqualificare come censura motivazionale, è fondato.

4.2. Invero il tribunale, dopo aver escluso le due forme di protezione internazionale, ha svolto un’ampia dissertazione sui presupposti della protezione umanitaria, osservando, tra l’altro: i) che “i motivi umanitari, in forza dei quali viene rilasciato il permesso di soggiorno, costituiscono un catalogo aperto, che include non solo le condizioni di vulnerabilità, ma anche la mancanza delle condizioni minime per condurre un esistenza dignitosa; ii) che secondo l’indirizzo di questa Corte, “(non da tutti condiviso)”, il diritto d’asilo riconosciuto dall’art. 10 Cost. risulta interamente attuato e regolato attraverso le tre forme di protezione previste dall’ordinamento vigente; iii) che “nell’andare a perimetrare la forma di tutela atipica e residuale della protezione umanitaria, non pare consentito all’interprete di introdurre requisiti soggettivi e/o oggettivi non previsti dalla legge, che finirebbero per sostanziarsi in un’inammissibile restrizione dell’ampia portata del diritto di asilo garantito dall’art. 10 Cost.”; iv) che “risultano dunque di dubbia legittimità le ricostruzioni della protezione umanitaria tendenti a limitarla a situazioni di “vulnerabilità” dello straniero, intese come situazioni di concreto pericolo in cui egli verrebbe a trovarsi qualora fosse costretto a far rientro nel suo paese di origine (…) poichè l’art. 10 Cost., comma 3 subordina il riconoscimento allo straniero del diritto di asilo solamente all’impedimento nel suo paese dell’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana”; v) che “tale vulnerabilità può ravvisarsi anche (in assenza di pericolo) allorchè, sulla base di un giudizio prognostico sorretto da una concreta comparazione tra le condizioni soggettive che caratterizzano la sua vita nel nostro paese e quelle in cui verrebbe a trovarsi nel paese di origine, si possa ragionevolmente presumere che, se costretto a far rientro nel suo paese, lo straniero vedrebbe compromesse in modo apprezzabile la sua dignità e il suo diritto ad un’esistenza libera e dignitosa che risulta aver raggiunto”; vi) che “un ruolo non sufficiente (nè necessario) ma indubbiamente rilevante assume l’integrazione sociale, culturale, lavorativa, familiare ecc., raggiunta dallo straniero in Italia e che va raffrontata alla situazione (obiettiva) del suo paese, risultante dalle fonti disponibili, nonchè alle concrete condizioni sciali, culturali, economiche e familiari in cui verrebbe presumibilmente a trovarsi”; vii) che, “qualora all’esito di siffatta concreta ed individuale comparazione risulti “un’effettiva ed incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa (art. 2 Cost.)”” (…) va riconosciuto il diritto di asilo nella forma minima della protezione umanitaria”.

4.3. Sennonchè, all’esito di questa argomentata proclamazione del diritto dello straniero a un’esistenza libera e dignitosa, anche attraverso l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, il tribunale coagula in poche righe il diniego della protezione umanitaria focalizzando l’attenzione sull’assenza di standard economici particolarmente elevati – ritenuti apprezzabili “non solo alla luce dell’inizio di un’attività di lavoro autonomo o subordinato sufficiente a garantire un reddito tale da realizzare in modo dignitoso la sua esistenza, ma anche alla disponibilità di una casa condotta in locazione o comunque un’autonoma sistemazione alloggiativa”, in aggiunta “all’apprendimento della lingua italiana e all’assimilazione dei valori a cui si ispira la nostra società” – per poi concludere, lapidariamente, che “i predetti elementi non consentono di presumere che se il ricorrente fosse costretto a tornare in Niger, egli vedrebbe compromesso in modo apprezzabile il suo diritto ad un’esistenza libera e dignitosa che, in ogni caso, non risulta aver raggiunto in Italia”; e ciò pur dopo aver rilevato, nelle pagine precedenti, che in (OMISSIS) sarebbe esistente “un vero e proprio conflitto armato” nella regione che si trova a confine con il (OMISSIS) e che “la situazione che desta maggiori preoccupazioni per il rischio del terrorismo islamico è circoscritta alle regioni che confinano con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)”, a fronte della precisazione, contenuta a pag. 14 del ricorso, che la capitale del (OMISSIS) ((OMISSIS)), dove il ricorrente ha sempre vissuto, “si trova proprio all’incrocio delle regioni che confinano con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)”.

4.4. Orbene, è noto come il sindacato di legittimità sulla motivazione si sia attualmente ridotto alla verifica del rispetto del “minimo costituzionale”, nel senso che “l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce – con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza” – nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”” (Cass. Sez. U, 8053/2014).

4.5. Nel caso di specie, la motivazione del decreto impugnato presenta un insanabile contrasto tra le dettagliate premesse in diritto – favorevoli ad un’ampia ricognizione della protezione umanitaria alla luce dei valori costituzionali interni – e la restrittiva ed ellittica conclusione in fatto, caratterizzata da argomentazioni incoerenti con le suddette premesse (v. punto 4.2.). Il mancato raggiungimento della soglia minima di costituzionalità della motivazione rende quindi necessaria la cassazione con rinvio del decreto impugnato.

5. Il terzo motivo, che prospetta la violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 2, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 6, 7 e 8, – per non avere il tribunale valutato il comportamento della Commissione territoriale, che non avrebbe depositato la documentazione relativa alla fase amministrativa – è inammissibile, a fronte della inequivocabile affermazione, contenuta nella prima pagina del decreto impugnato, per cui “la Commissione Territoriale ha trasmesso copia della documentazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis comma 8”.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, dichiara inammissibile il terzo. Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 04 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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