Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14661 del 18/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 18/07/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 18/07/2016), n.14661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 18595 del ruolo generale dell’anno

2014 proposto da:

T.G., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta

procura a margine del ricorso, dall’avvocato Raffaele Donadini

(C.F.: DNDRFL56PO4C933C);

– ricorrente –

nei confronti di:

V.L., (C.F.: (OMISSIS)) avvocato difensore di sè stesso;

– controricorrente –

nonchè

M.T., (C.F.: (OMISSIS)), T.A. (C.F.:

(OMISSIS));

– intimati –

per la cassazione della sentenza pronunziata dal Tribunale di Como n.

970/2013, depositata in data 28 giugno 2013;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

14 giugno 2016 dal Consigliere Dott.Augusto Tatangelo;

uditi:

il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale

Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

v. Cass. 18110/2011 su contraddittorio; v. anche Cass. 1691/1975;

Cass. 3070/1977; questione nuova 631?.

Fatto

FATTI E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel corso di una procedura esecutiva promossa da V.L. nei confronti di M.T., T.A. e G., davanti al Tribunale di Como, i debitori esecutati proposero opposizione agli atti esecutivi, che venne rigettata dal Tribunale di Como.

Ricorre T.G., sulla base di cinque motivi.

Resiste con controricorso V.L..

Sia il ricorrente che il controricorrente hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Non hanno invece svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente dichiarata la nullità dell’atto denominato “memoria di nomina nuovo difensore di parte ricorrente”, depositato e sottoscritto per il ricorrente T. dall’avvocato Alessandro Macchi, il quale dichiara di agire in base a mandato redatto a margine della memoria stessa.

Nel giudizio di cassazione, infatti, la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poichè l’art. 83 c.p.c., comma 3, nell’elencare gli atti in margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica, con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto quelli suindicati. Pertanto, se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal comma 2 del citato articolo, cioè con un atto pubblico o una scrittura privata autenticata che facciano riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata. A tale regola non si fa eccezione nemmeno nel caso in cui sopraggiunga la sostituzione del difensore (Cass,. Sez. 3, Sentenza n. 23816 del 24/11/2010, Rv. 615160).

Vi è da aggiungere che al presente giudizio non si applica la norma inserita nell’art. 83 c.p.c., della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 9, lett. (a), che consente il rilascio della procura anche a margine di atti diversi da quelli sopra indicati. Infatti, per espressa previsione della suddetta L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 1, “le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore”, avvenuta il 4 luglio 2009. Essendo il presente giudizio iniziato in primo grado anteriormente al 2009, ad esso non può applicarsi la nuova disposizione, come già ritenuto da questa Corte con le decisioni pronunciate – ex aliis – da Sez. 3, Sentenza n. 12831 del 6/6/2014 e Sez. 5, Ordinanza n. 7241 del 26/03/2010, Rv. 612212.

2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione degli artt. 101 e 102 c.p.c.. Vizio dell’integrità del contraddittorio”.

Il motivo è infondato.

I documenti richiamati dal ricorrente (docc. 23 e 30 del proprio fascicolo di parte) a sostegno del suo assunto, secondo il quale il giudizio di merito si sarebbe svolto senza la partecipazione del contraddittore necessario G.G., a suo dire creditore intervenuto nella procedura esecutiva, non possono ritenersi idonei a dimostrare l’assunta qualità del G., e tanto meno che essa persistesse al momento della proposizione dell’opposizione.

Si tratta della semplice copia della copertina di una comunicazione effettuata nel corso del processo esecutivo, in cui risulta l’indicazione generica dei soggetti ai quali (creditori, debitori e altri interessati, tra cui il G.) andava effettuata la comunicazione in questione, ma non vi è alcuna specifica ed espressa indicazione in ordine alla qualità dello stesso G..

2. Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “Violazione degli artt. 617 e 112 c.p.c.; artt. 488, 555, 557 e 567 c.p.c. e art. 111 Cost. (assenza di motivazione)”.

Il motivo è fondato.

Dall’esame dell’atto di opposizione (il cui contenuto rilevante risulta trascritto nel ricorso) e dalle conclusioni delle parti riportate nella sentenza impugnata, emerge che effettivamente era stata proposta specifica censura con riguardo al provvedimento del giudice dell’esecuzione in data 23 novembre 2006, che aveva riformulato la rateizzazione delle somme da versare per la conversione, e che era stata contestata la mancanza del fascicolo originale dell’esecuzione, che non consentiva l’esibizione al giudice degli originali del titolo esecutivo, del precetto, dell’atto di pignoramento, della nota di trascrizione, dell’istanza di vendita e della documentazione di cui all’art. 567 c.p.c., comma 2.

I suddetti motivi di opposizione non risultano in alcun modo presi in esame dalla sentenza impugnata, la cui motivazione è riferita esclusivamente alle diverse questioni della mancata sospensione del processo esecutivo e dello jus postulandi del difensore del creditore procedente.

Sussiste dunque la violazione dell’art. 112 c.p.c., per il dedotto vizio di omessa pronuncia.

Di conseguenza la sentenza impugnata va cassata sul punto, affinchè in sede di rinvio siano prese in considerazione le domande di cui è stato omesso l’esame.

3. Con il terzo motivo del ricorso si denunzia “Violazione degli art. 2909 c.c. (giudicato inter partes), artt. 72, 82 e 86 c.p.c.; L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, all. E; artt. 115 e 116 c.p.c. (diritto alla prova – disponibilità – valutazione delle prove)”.

Il motivo – che ha ad oggetto la questione dello jus postulandi del creditore procedente V., costituito in giudizio come difensore di sè stesso – è in parte inammissibile e in parte infondato.

E’ inammissibile nella parte in cui con esso si denunzia la violazione dell’art. 2909 c.c., per la sussistenza di un precedente giudicato tra le parti sulla questione, non essendo allegata al ricorso la sentenza da cui deriverebbe tale giudicato, non essendo documentato (e neanche dedotto, in verità) il suo avvenuto passaggio in cosa giudicata formale, nè essendo specificamente indicata nel ricorso stesso l’esatta allocazione nel fascicolo processuale del relativo documento, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Peraltro, in base a quanto lo stesso ricorrente trascrive nel ricorso del contenuto di tale sentenza, va del tutto escluso che da essa possa derivare un giudicato rilevante ai fini del presente giudizio, in quanto sembrerebbe che con tale pronunzia, esclusa la possibilità di sindacare l’iscrizione del V. nell’albo degli avvocati, si sia comunque ritenuta la circostanza irrilevante, in presenza della costituzione di un ulteriore difensore.

Il motivo in esame è inammissibile per difetto di autosufficienza, in relazione all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, anche nella parte in cui il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dolendosi della mancata ammissione di mezzi istruttori e della “elusione” da parte del convenuto del giuramento decisorio a lui deferito. Non risultano trascritti nel ricorso i capitoli di prova di cui si lamenta la mancata ammissione e non è neanche possibile comprendere con certezza dall’esposizione del ricorrente se il giuramento fosse stato o meno ammesso.

Sul punto è peraltro assorbente la considerazione che si tratterebbe – per quanto viene dedotto in ricorso – di mezzi istruttori volti a provare circostanze relative alla regolarità della pratica professionale svolta dal V., del tutto irrilevanti ai fini della decisione, per quanto si osserverà in merito all’insindacabilità in sede di giurisdizione ordinaria dell’iscrizione dell’avvocato nel relativo albo professionale.

Il motivo di ricorso in esame è poi infondato con riguardo a tale ultima questione.

Va in proposito ribadito il principio di diritto già più volte affermato da questa Corte, per cui deve escludersi che il giudice ordinario possa effettuare un sindacato incidentale sulla legittimità dell’iscrizione del professionista nel relativo albo professionale al fine della sua eventuale disapplicazione ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, all. E), atteso che l’iscrizione suddetta integra un atto amministrativo privo di margini di discrezionalità rispetto al quale il giudice deve poter limitarsi unicamente a riscontrarne l’esistenza senza poter porre in discussione lo “status” da essa derivante, che può venir meno soltanto a seguito di cancellazione da parte degli stessi organi professionali o di uno specifico accertamento giurisdizionale in via principale (in tal senso si veda Cass., Sez. L, Sentenza n. 3145 del 17/03/1993, Rv. 481437; in senso conforme: Sez. L, Sentenza n. 10858 del 10/11/1990, Rv. 469724; Sez. 3, Sentenza n. 11541 del 02/08/2002, Rv. 556553; sulla natura di atto amministrativo integrante accertamento costitutivo dell’iscrizione nell’albo degli avvocati o procuratori, si veda anche Sez. U, Sentenza n. 10888 del 12/11/1990, Rv. 469727), accertamento in via principale peraltro evidentemente riservato alla giurisdizione amministrativa.

Sotto questo profilo dunque la decisione di merito va certamente confermata.

4. Con il quarto motivo del ricorso si denunzia “Violazione dell’art. 111 Cost.; artt. 8 e 12 CEDU; artt. 8, 10, 17 e 28 Dich. Univ. Diritti dell’Uomo; artt. 569, 623 e 295 c.p.c. in relaz. all’art. 12 disp. gen.; art. 112 c.p.c.”.

Anche questo motivo è inammissibile.

Il ricorrente deduce di avere chiesto al giudice dell’opposizione agli atti esecutivi la sospensione della procedura esecutiva in pendenza dell’opposizione, come previsto dall’art. 618 c.p.c.: lamenta da una parte omessa pronunzia in ordine a tale richiesta e dall’altra parte si duole del mancato accoglimento della stessa e dell’assenza di motivazione sul punto.

Ma una siffatta istanza, in quanto proposta al giudice che trattava in sede di cognizione l’opposizione esecutiva, era certamente inammissibile, potendo essa essere proposta esclusivamente al giudice dell’esecuzione, ed il rilievo dell’originaria inammissibilità della domanda si impone nella presente sede ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3.

In ogni caso, la sospensione dell’esecuzione è un provvedimento di natura cautelare, e quindi non definitiva, in relazione al quale (anche in caso di diniego di esso) è ammissibile esclusivamente la proposizione del reclamo al collegio di cui all’art. 669-terdecies c.p.c., il che ne esclude la censurabilità con il ricorso straordinario per Cassazione.

5. Con il Quinto motivo del ricorso si denunzia “Violazione degli artt. 631, 112 e 615 c.p.c.”.

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente lamenta omessa pronunzia in ordine ad un motivo di opposizione a suo stesso dire da qualificarsi come opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. (e non come opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.) e relativo al mancato rilievo da parte del giudice dell’esecuzione di una causa di estinzione del processo esecutivo (egli stesso sembra delimitare il motivo di ricorso alla doglianza relativa a tale questione, che ritiene sufficiente per il suo accoglimento, pur facendo poi riferimento anche ad altri motivi di opposizione proposti, a suo dire anch’essi qualificabili ai sensi dell’art. 615 c.p.c.).

In proposito va enunciato il seguente principio di diritto: laddove vengano proposte contestualmente opposizioni di diversa natura, ai sensi dell’art. 615 e dell’art. 617 c.p.c. e (senza una espressa specifica Qualificazione dei distinti motivi da parte del giudice di merito) vengano decisi solo i motivi Qualificabili come opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., la denunzia di omessa pronunzia sui motivi qualificabili come opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., va proposta mediante l’appello e non con il ricorso straordinario per cassazione.

D’altra parte – si osserva per completezza espositiva – quelli che il ricorrente indica come motivi di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., sui quali il giudice del merito non si sarebbe pronunziato, risultano inammissibili.

E’ inammissibile quello relativo alla pretesa estinzione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 613 c.p.c., perchè tutti i provvedimenti del giudice dell’esecuzione in tema di estinzione (e precisamente Quelli in tema di estinzione cd. tipica, ivi inclusa la fattispecie prevista dall’art. 567 c.p.c.) restano assoggettati esclusivamente a controllo giurisdizionale secondo le forme previste dell’art. 630 c.p.c., commi 2 e 3, per cui, previa eventuale proposizione di istanza allo stesso giudice dell’esecuzione perchè provveda a dichiarare l’estinzione stessa, il debitore potrà esclusivamente proporre sia contro il provvedimento che la abbia dichiarata sia contro quello che abbia negato di farlo (e anche laddove il giudice ometta di pronunziarsi sull’espressa istanza del debitore) – il reclamo previsto dell’art. 630 c.p.c., comma 3, mentre resta escluso che possa proporre opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., per farne valere l’improseguibilità dopo la verificazione della causa di estinzione, ovvero che possa proporre opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., per contestare il provvedimento del giudice dell’esecuzione che dichiari l’estinzione ovvero che ometta di farlo, e tanto meno avverso gli atti del processo esecutivo adottati successivamente alla verificazione della suddetta causa di estinzione non dichiarata (in tal senso, si vedano già: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15463 del 11/06/2008, Rv. 603568; Sez. 3, Sentenza n. 19960 del 30/08/2013, Rv. 628695; Sez. U, Sentenza n. 12095 del 19/08/2003, Rv. 565922).

Lo è anche quello relativo alla proprietà dei beni pignorati (che comunque lo stesso ricorrente non sembra intendere in realtà coltivare), non essendo il debitore legittimato a far valere in via di opposizione che il bene pignorato debba essere sottratto all’esecuzione in quanto di proprietà di un terzo (opposizione peraltro riconducibile alla previsione di cui all’art. 619 c.p.c.: cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4000 del 23/02/2006, Rv. 587630).

6. Sono rigettati il primo, il terzo, il quarto e il quinto motivo del ricorso. E’ invece accolto per quanto di ragione il secondo motivo.

La sentenza impugnata è cassata in relazione, con rinvio al Tribunale di Como, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

rigetta il primo, il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso; accoglie per quanto di ragione il secondo motivo;

cassa in relazione, con rinvio al Tribunale di Como, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2016

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