Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14661 del 13/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 13/06/2017, (ud. 23/02/2017, dep.13/06/2017),  n. 14661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17738/2011 proposto da:

A.O.A., C.F. (OMISSIS), nella qualità di coerede di

S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICOLA

RICCIOTTI 11, presso lo studio dell’avvocato DARIO CASTRICHELLA, che

lo rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1066/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/08/2010 R.G.N. 9715/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GIANNICO GIUSEPPINA per delega orale Avvocato

PATTERI ANTONELLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 3.8.2010, la Corte d’appello di Roma confermava la statuizione di primo grado che aveva rigettato la domanda di A.O.A. volta alla corresponsione degli interessi e della rivalutazione monetaria sulle somme tardivamente corrispostegli a titolo di ratei di pensione maturati e non riscossi dalla propria dante causa S.E..

La Corte, per quanto qui interessa, riteneva che la pretesa creditoria si fosse prescritta, all’uopo non potendo giovare la missiva che egli aveva indirizzato all’INPS in data 9.2.2004, siccome volta a richiedere gli accessori maturati dalla sua dante causa e non da lui quale suo coerede. Contro tale pronuncia ricorre A.O.A. con un unico motivo. L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di censura, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 2946 c.c., nonchè vizio di motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto che la lettera del 9.2.2004, ricevuta dall’INPS il 12.4.2004, non fosse idonea ad interrompere la prescrizione del credito relativo agli accessori, dal momento che, essendo volta a richiedere il pagamento “degli interessi legali e della rivalutazione monetaria dovuti sulla pensione goduta dalla soprannominata ( S.E., dante causa dell’odierno ricorrente n.d.e.)”, doveva intendersi riferita “agli accessori spettanti alla dante causa e non agli eredi” (così la sentenza impugnata, pag. 3).

Il motivo è inammissibile. Circa la doglianza di violazione di legge, giova ricordare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione della norma recata da una disposizione di legge da parte del provvedimento impugnato, riconducibile o ad un’erronea interpretazione della medesima ovvero nell’erronea sussunzione del fatto così come accertato entro di essa, e non va confuso con l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura in sede di legittimità era possibile, ratione temporis, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr. fra le più recenti Cass. nn. 15499 del 2004, 18782 del 2005, 5076 e 22348 del 2007, 7394 del 2010, 8315 del 2013). Ed è evidente che, nella specie, la censura proposta da parte ricorrente incorre nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulata con riferimento a una presunta violazione o falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., ha in realtà di mira il giudizio (di fatto) compiuto dalla Corte di merito circa la sussistenza dei presupposti per la sua applicazione.

Circa la doglianza di vizio di motivazione, è sufficiente invece rilevare che la lettera di cui parte ricorrente lamenta la scorretta interpretazione non risulta trascritta nel corpo del ricorso, nè è indicato dove essa sarebbe rinvenibile; e poichè la parte ricorrente che denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento ha l’onere di indicare specificamente il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo altresì, se non alla sua trascrizione integrale, quanto meno a quella delle sue parti salienti, e certamente all’indicazione del luogo (fascicolo di ufficio o di parte) in cui esso è reperibile, la censura va ritenuta inammissibile per violazione del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, siccome espresso dall’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6.

Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2017

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