Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14659 del 26/05/2021
Cassazione civile sez. I, 26/05/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 26/05/2021), n.14659
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8841/2019 proposto da:
A.C., elettivamente domiciliato in Roma, via Padre Semeria n.
68, presso lo studio dell’avvocata Stefania Maria Luce Stasi, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ubaldo Macrì;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositata il 29/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/02/2021 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1.- A.C., di origine nigeriana (Delta State), ha presentato ricorso avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Lecce, di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure di quello di riconoscimento della protezione umanitaria.
Con decreto depositato in data 29 gennaio 2019, il Tribunale di Lecce ha respinto il ricorso.
2.- Il Tribunale ha osservato che i fatti narrati dal richiedente non attengono a persecuzioni per motivi di razza, nazionalità, religione, opinioni politiche o appartenenza a un gruppo sociale e pertanto anche qualora ritenuti veritieri – non integrano comunque gli estremi per il riconoscimento dello status di rifugiato.
Sulla base di report aggiornati al 2018, ha poi escluso che nello Stato di provenienza del richiedente sussista una situazione in qualche modo equiparabile a quella delineata nella norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).
In relazione al tema della protezione umanitaria, infine, il decreto ha osservato che, nella specie, non erano stati rappresentati fattori soggettivi di vulnerabilità inerenti alla persona del richiedente.
3.- Avverso questo provvedimento, A.C. ha proposto ricorso, formulando quattro motivi di cassazione.
Il Ministero non si è costituito nel presente grado del processo.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.- Il ricorrente censura la decisione impugnata: (i) col primo motivo, per violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per l’essersi il Tribunale di Lecce “sottratto totalmente” al dovere di cooperazione istruttoria; (ii) col secondo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11, per non avere il Tribunale disposto l’udienza di comparizione delle parti; (iii) col terzo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. g, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, perchè il richiedente, “in seguito a un eventuale rimpatrio, sicuramente si troverebbe a subire trattamenti inumani e degradanti” e pure perchè, in punto di eventuale applicazione della norma dell’art. 14 lett. c), il Tribunale è “arrivato a conclusioni frettolose”; (iv) col quarto motivo, per violazione del D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 5 comma 6, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria.
5.- Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo non va oltre, nello svolgimento dei contenuti relativi alla fattispecie concretamente in esame, l’enunciazione che sopra si è riportata (n. 4, punto i.) e si manifesta, quindi, del tutto generico ed estraneo alla situazione a cui pure dovrebbe essere pertinente.
Il secondo motivo trascura, se non altro, che il decreto impugnato ha testualmente riferito che “all’udienza del 23.11.2018” si è svolta “discussione a opera del ricorrente”.
Il terzo motivo trascura, in particolare, di precisare per quale ragione specifica il ricorrente verrebbe a correre, secondo la sua stessa prospettazione, il rischio di subire, nel caso di rimpatrio, trattamenti inumani e/o degradanti; nè quali questi sarebbero.
Il quarto motivo di ricorso non provvede neanche a predicare la sussistenza di una qualche situazione di vulnerabilità che risulti specifica alla persona del richiedente.
6.- Non vi è luogo per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione del Ministero.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 24 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021