Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14659 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14659 Anno 2015
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 14792-2012 proposto da:
RIZZUTI PIETRO RZZPTR41D24G622C, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA ROBERTO SCOTT 62, presso lo studio dell’avvocato
SANDRO CAMPAGNA, che lo rappresenta e difende giusta procura

ZCA
‘308
,

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
CAROTH avvocato GIULIANO, difeso da sé medesimo ed
elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA DEI QUIRITI 3, presso lo
studio dell’avvocato BRUNO FORTI;

– controricorrente-

Data pubblicazione: 14/07/2015

avverso la sentenza n. 1820/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 22/04/2011, R.G.N. 2041/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/04/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIRITA SCRIMA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

subordine per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DI J PROCESSO
Nel 2001 l’avv. Carotti Giuliano conveniva in giudizio, innanzi al
Tribunale di Rieti, Rizzuti Pietro per sentirlo condannare al
risarcimento di tutti i danni subiti per le affermazioni gravemente
lesive del suo onore e della sua reputazione contenute in una lettera
inviata dal convenuto per conoscenza anche all’Ordine degli Avvocati
di Rieti ed alla Guardia di Finanza.
Si costituiva il Rizzuti chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale di Rieti, con sentenza del 6 aprile 2005, accogliendo la
domanda dell’attore, condannava il convenuto al pagamento della
somma, rivalutata all’attualità, pari ad € 5.000,00, oltre interessi come
indicato in quel dispositivo, a titolo di risarcimento del danno;
ordinava la cancellazione di una frase contenuta nella comparsa
conclusionale di parte convenuta; condannava, altresì, il soccombente
alla rifusione delle spese del giudizio.
Avverso la sentenza di primo grado il Rizzuti proponeva appello, cui
resisteva il Carotti, avanzando, inoltre, appello incidentale in relazione
al quantum debeatur liquidato dal Tribunale e per sentir condannare la
controparte al risarcimento dei danni per le espressioni sconvenienti
contenute nella comparsa conclusionale di primo grado.
La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 22 aprile del 2011,
rigettava gli appelli, dichiarava inammissibile la domanda di
Ric. 2012 n. 14792
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TOMMASO BASILE che ha concluso per l’inammissibilità, in

risarcimento formulata dall’appellante incidentale e compensava le
spese del giudizio di secondo grado.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, il Rizzuti ha
proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Il Carotti ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

1. Con il primo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione
dell’art. 51 c.p, correlato con gli artt. 2043 e 2059 c.c. e 21 Cost., in
relazione all’art. 360, c.p.c., comma 1, n. 3, in conseguenza della
violazione, omessa od insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c.,
primo comma, n. 5”.
Il ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia escluso, nel caso
all’esame, l’applicabilità della causa di giustificazione di cui all’art. 51
c.p., limitandosi ad analizzare solo “il dato oggettivo dell’offensività
delle espressioni utilizzate”, estrapolandole dal contesto in cui esse
erano inserite e senza porle in relazione al concreto rapporto

inler

partes, e sostiene che la predetta Corte abbia omesso di esaminare o

quanto meno non abbia preso in considerazione, senza motivare al
riguardo, le risultanze istruttorie (prova testimoniale, lettera del 24
aprile 2000, processo verbale di acquisizione informazioni e processo
verbale di constatazione redatti dal nucleo Provinciale di Polizia
tributaria di Rieti rispettivamente datati 15 ottobre 2001 e 20 ottobre
2001 e il contenuto della lettera del 7 dicembre 2000, nella quale erano
inserite la denunciate espressioni). Ad avviso del Rizzuti, se avesse
“letto” le espressioni in questione (“contro di me persegue senza
scrupoli i suoi obiettivi” e “lire 14.653.000 circa versate, non sono state
sufficiente, si badi bene a mio parere, a placare la sua esositr) nel
contesto relazionale in cui le stesse erano maturate, la Corte di merito
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MOTIVI DELLA DECISIONE

non avrebbe potuto ritenere superati i limiti della continenza oggettiva
e soggettiva e, quindi, non avrebbe potuto ritenere “diffamanti le
[richiamate] espressioni … , sia sotto il profilo dei destinatari della
missiva, sia sotto quello della correttezza delle espressioni”.
1.1. Si osserva che l’art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., non è

comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni,
nella legge 7 agosto 2012, n. 134, che il ricorrente ha invocato
alternativamente e non congiuntamente i vizi di omessa e insufficiente
motivazione (v. rubrica e illustrazione del motivo all’esame), che non è
applicabile ratione temporis al mezzo all’esame l’art. 366 bis c.p.c. e,
pertanto, non sussistono le inammissibilità eccepite al riguardo dal
controricorrente con riferimento al motivo in parola.
1.3. 11 motivo è infondato, sotto tutti i profili prospettati,
evidenziandosi che nella fattispecie non si tratta di diritto di critica o di
cronaca, difettando ogni interesse pubblico alla questione, bensì trattasi
di diritto a presentare esposti e, al più, di diritto di difesa; anche in
relazione ai diritti da ultimo indicati, tuttavia, non può mai scadersi
nell’offesa personale e gratuita ma, per escludersi l’antigiuridicità del
comportamento, è necessario e sufficiente che le offese contenute
negli esposti (nella specie lettera inviata al Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Rieti ed alla Guardia di Finanza) siano in rapporto di
giuridica necessità o utilità con l’esercizio del diritto di presentare
esposti innanzi ai predetti da parte del soggetto che le ha scritte (Cass.
12 settembre 2013, n. 20891).
A tanto deve aggiungersi che l’accertamento e la valutazione
dell’offensività di una frase è questione di merito e, nella specie, la
motivazione di offensività risulta congrua e logica e si sottrae alle
censure proposte, con la precisazione che il vizio di omessa o
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applicabile ratione temporis al ricorso in esame, ai sensi dell’art. 54,

insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per cassazione ai
sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. civ., non sussiste quando nella motivazione
— come nel caso all’esame — sia chiaramente illustrato il percorso logico
seguito per giungere alla decisione e risulti comunque desumibile la
ragione per la quale ogni contraria prospettazione sia stata disattesa,

argomenti logici e giuridici prospettati dalle parti per sostenere le loro
domande ed eccezioni (Cass. 15 maggio 2007, n. 11193).
2. Con il secondo motivo, si deduce “violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4″.
Il ricorrente, ribadendo quanto già accennato alla fine dell’illustrazione

del primo motivo di ricorso, lamenta la violazione del principio della
corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in quanto, a suo avviso,
la Corte di merito si sarebbe pronunciata non solo sull’espressione

contro di me persegue senza scrupoli i suoi obiettivi” ma anche sulla

frase “lire 14.653.000 circa versate, non sono state sufficienti, badi
bene a mio parere, a placare la sua esosità”, frase, quest’ultima, su cui il
Tribunale non si sarebbe pronunziato e in relazione alla quale, in
difetto di appello incidentale sul punto, si sarebbe formato il giudicato
interno.
2.1. Il motivo è infondato, atteso che, come pure evidenziato dal
controricorrente, che ha riportato nel controricorso ampi brani della
sentenza di primo grado, risulta che il Tribunale ha valutato l’intera
lettera del 7 dicembre del 2000 e, quindi, ha vagliato entrambe le frasi
di cui si discute in causa, come peraltro ha fatto correttamente anche la
Corte di merito, né il ricorrente ha evidenziato concreti elementi di
significato univoco da cui desumere che il primo Giudice abbia
ritenuto implicitamente legittima la frase sopra riportata per ultima.

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senza però che il giudice abbia l’obbligo di esaminare tutti gli

3. Con il terzo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione
dell’art. 89 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. comma 1, n. 3, anche in
correlazione con l’art. 177 c.p.c.”.
Il ricorrente censura la declaratoria, contenuta nella sentenza
impugnata, di inammissibilità della richiesta di modifica della decisione

nella comparsa conclusionale di parte convenuta.
3.1. 11 motivo è inammissibile alla luce del principio già espresso da
questa Corte e che va confermato in questa sede, secondo cui il potere
del giudice di merito di ordinare la cancellazione di espressioni
sconvenienti ed offensive utilizzate negli scritti presentati o nei discorsi
pronunciati davanti al giudice costituisce un potere valutativo
discrezionale volto alla tutela di interessi diversi da quelli oggetto di
contesa tra le parti ed il suo esercizio d’ufficio, presentando carattere
ordinatorio e non decisorio, si sottrae all’obbligo di motivazione e non
è sindacabile in sede di legittimità né è impugnabile il provvedimento
di reiezione dell’istanza di cancellazione (Cass. 12 febbraio 2009, n.
3487; Cass. 16 gennaio 2009, n. 1018 e Cass. 29 marzo 2007, n. 7731;
Cass. 19 novembre 2003, n. 17547).
4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
5. Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come da
dispositivo, seguono la soccombenza, evidenziandosi che nella nota
spese depositata dal controricorrente sono stati chiesti E 15,00 a titolo
di “spese vive” ed € 500,00 a titolo di “domiciliazione”.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in
favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida in complessivi euro 2.315,00, di cui curo 515,00
per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge.
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del Tribunale in punto di cancellazione delle espressioni contenute

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza

Civile della Corte uprema di Cassazione, il 14 aprile 2015.

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