Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14658 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14658 Anno 2015
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 13922-2012 proposto da:
ANGELI RICCARDO, ANGELI GLAUCO, SAVINI
DONATELLA, elettivamente domiciliati in ROMA, P.ZA DELLA
LIBERTA’ 10, presso lo studio dell’avvocato ENRICO PERRELLA,

Data pubblicazione: 14/07/2015

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO
CAPECCI giusta procura speciale a margine del ricorso;

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– ricorrenti contro
INA ASSITALl A SPA per atto di fusione per incorporazione di INA
VITA S.P.A. ed ASSITALIA LE ASSICURAZIONI D’ITALIA e per
essa la propria mandataria e rappresentante GENERALI BUSINESS

SOLUTIONS S.C.P.A. in persona dei procuratori speciali
HUG UENEY RICCO MARIO e CAPUANO FRANCESCO,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRAR] 35,
presso lo studio dell’avvocato MARCO VINCI che la
rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

nonché contro
DAMIBUS SRI„ DI DONATO ENZO;
– intimati avverso la sentenza n. 300/2012 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 18/01/2012, R.G.N. 1100/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/04/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito l’Avvocato FRANCESCO CAPECCI;
udito l’Avvocato MARCO VINCENTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 1992 Angeli Glauco e Savini Donatella, in proprio e quali esercenti
la potestà sul figlio minore Angeli Riccardo, convenivano in giudizio,
innanzi al Tribunale di Roma, la Darnibus s.n.c., Di Donato Enzo e
l’Assitalia – Le Assicurazioni d’Italia s.p.a. per sentirli condannare, in
solido, al risarcimento dei danni subiti dalla Savini a seguito del sinistro
avvenuto il 30 settembre 1991, allorché il pullman di proprietà della
Damibus s.n.c., condotto dal Di Donato e assicurato dalla detta società
assicuratrice, aveva investito alcune auto che si trovavano in sosta, una
delle quali aveva travolto l’attrice.

Ric. 2012 n. 13922
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– controricorrenti

Si costituiva soltanto l’Assitalia — Le Assicurazioni d’Italia s.p.a.
contestando la domanda e chiedendone il rigetto.
Il Tribunale adito, con sentenza del 23 aprile 1996, affermava la
presunzione di responsabilità del Di Donato in ordine alla causazionc
dell’incidente e condannava i convenuti, in solido, tenuto conto di

di ulteriori f 281.147.000, oltre interessi, e alle spese di lite e rigettava
le domande proposte da Glauco e Riccardo Angeli.
Avverso tale decisione Angeli Glauco e Savini Donatella, anche nella
predetta qualità, proponevano appello, lamentando la mancata
liquidazione del danno morale e l’inadeguatezza dell’importo liquidato
in favore dell’investita.
All’impugnazione resisteva l’INA Assitalia S.p.a. mentre la Damibus
s.n.c. e il Di Donato rimanevano contumaci anche in quel grado.
La Corte di appello di Roma, con sentenza del 20 marzo 2003, riteneva
passato in giudicato il capo della sentenza con cui la responsabilità del
Di Donato era stata affermata in virtù della presunzione di cui all’art.
2054 c.c. e rigettava, pertanto, la domanda di risarcimento dei danni
morali, accoglieva il gravame in relazione alla liquidazione dei danni
operata in favore della Savini e regolava tra le parti le spese di quel
grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito Angeli Glauco, Angeli
Riccardo e Savini Donatella proponevano ricorso per cassazione cui
resisteva la sola Assitalia —1,c Assicurazioni d’Italia s.p.a.
Questa Corte, con sentenza del 10 ottobre 2007, accoglieva il ricorso,
cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa ad altra sezione della
Corte di appello di Roma, dinanzi alla quale il giudizio veniva riassunto
da Angeli Glauco, Angeli Riccardo e Savini Donatella che, in
applicazione dei principi enunciati da questa Corte, chiedevano la
Ric. 2012 n. 13922
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quanto già corrisposto alla Savini, al pagamento in favore della stessa

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correzione dell’errore materiale di calcolo del danno patrimoniale già
liquidato nonché il riconoscimento e la liquidazione del danno morale
in loro favore.
Costituitasi la sola società assicuratrice, la Corte di appello di Roma,
con sentenza del 18 gennaio 2012, condannava detta società

pagamento, in favore della Savini, della ulteriore somma complessiva
di € 197.953,86, oltre interessi, in favore di Angeli Glauco, della
complessiva somma di € 32.372,11, oltre interessi, e, in favore di
Angeli Riccardo, della complessiva somma di € 43.162,82, oltre
interessi, nonché alle spese di quel grado c del giudizio di legittimità.
Avverso tale sentenza Angeli Glauco, Angeli Riccardo e Savini
Donatella hanno proposto ricorso per cassazione, illustrato da
memoria e basato su due motivi, cui ha resisto la sola INA Assitalia
s.p.a.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si lamenta “violazione dell’art. 360, primo
comma, n. 3, c.p.c. in relazione al combinato disposto degli articoli
1226 e 2056 c.c.”.
Sostengono i ricorrenti che la Corte di merito avrebbe liquidato alla
Savini un “danno non patrimoniale (nella sua componente
metabiologica)” nella misura di un terzo del danno biologico, con un
criterio di riferimento difforme da quello comunemente adottato dalle
tabelle milanesi (quanto meno il 50%), da intendersi quale parametro
obbligatorio di riferimento cui i Giudici di merito debbono attenersi, e,
per quanto possa valere, dalle tabelle di Roma (quanto meno il 45%).
Analoga doglianza propongono i ricorrenti in relazione al criterio
adottato per la liquidazione del danno non patrimoniale in favore del
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assicuratrice, in solido con il Di Donato e la Damibus s.p.a., al

figlio e del marito dell’investita (percentuale del danno liquidato alla
diretta danneggiata).
2. Con il secondo motivo, rubricato “violazione dell’art. 360, primo

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comma, n. 3, c.p.c. in ragione dell’apparenza e/o insufficienza della
motivazione adottata dalla Corte di appello di Roma”, lamentano i

sarebbe supportata da una motivazione che definiscono “gracile” in
relazione ad Angeli Riccardo ed omessa o comunque insufficiente in
relazione alla Savini e al marito di questa, evidenziando che la
motivazione in questione sarebbe deficitaria per l’adozione di un
modello di equità che porta e risultati incongrui e per l’opinabilità del
criterio “a monte”, ossia per la valutazione del danno morale in capo
alla Salvini, in un terzo del danno biologico.
3. I due motivi, che per connessione possono essere esaminati
congiuntamente, sono entrambi infondati.
Va anzitutto evidenziato che in relazione alla liquidazione del danno
non patrimoniale, l’applicazione di criteri diversi da quelli risultanti
dalle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano può essere fatta valere
in sede di legittimità, come vizio di violazione di legge, soltanto se nel
giudizio di merito la parte ricorrente si sia specificamente doluta della
mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle milanesi
o ne abbia comunque chiesto l’applicazione ed abbia altresì versato in

ricorrenti che l’operata liquidazione del danno non patrimoniale

atti dette tabelle (Cass. 13 novembre 2014, n. 24205; Cass.7 giugno
2011, n. 12408). Nel caso di specie, invece, non risulta indicato in
ricorso in che termini, quando e in quale atto sia stata chiesta
l’applicazione delle dette tabelle (e neppure di quelle del Tribunale di
Roma) ed in particolare dei criteri in esse indicati per la liquidazione
del danno non patrimoniale né risulta, nel medesimo ricorso,
specificato che le stesse siano state prodotte nel giudizio di merito.
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Si osserva, inoltre, che unica possibile forma di liquidazione – per ogni
danno che sia privo, come il danno non patrimoniale, delle
caratteristiche, appunto, della patrimonialità è quella equitativa, sicché
la ragione del ricorso a tale criterio è insita nella natura stessa di tale
danno e nella funzione del risarcimento realizzato mediante la dazione

patrimoniale, ma compensativa di un pregiudizio non economico,
fermo restando, tuttavia, il dovere del giudice di dar conto delle
circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della
valutazione equitativa e del percorso logico che lo ha condotto a quel
determinato risultato. In particolare, la liquidazione del danno
biologico (che rientra nell’ambito del danno non patrimoniale) può
essere effettuata dal giudice, con ricorso al metodo equitativo, anche
attraverso l’applicazione di criteri predeterminati e standardizzati, quali
le cosiddette “tabelle” e la liquidazione equitativa del danno morale
(che pure rientra nell’ambito del danno non patrimoniale), poi, può
essere legittimamente effettuata dal giudice sulla base delle stesse
“tabelle” utilizzate per la liquidazione del danno biologico, portando, in
questo caso, alla quantificazione del danno morale – in misura pari ad
una frazione di quanto dovuto dal danneggiante a titolo di danno
biologico – purché il risultato, in tal modo raggiunto, venga poi
“personalizzato”, tenendo conto della particolarità del caso concreto e
della reale entità del danno, con la conseguenza che non può giungersi
a liquidazioni puramente simboliche o irrisorie (Cass. 12 maggio 2006,
n. 11039; Cass. 16 maggio 2003, n. 7632; v. anche Cass. 30 ottobre
2009, n. 23053).
Va altresì evidenziato che, la valutazione equitativa del danno, in
quanto

inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di

approssimatività, è suscettibile di rilievi in sede di legittimità, sotto il
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di una somma di denaro, che non è reintegratrice di una diminuzione

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profilo del vizio della motivazione, solo se difetti totalmente la
giustificazione che quella statuizione sorregge, o macroscopicamente si
discosti dai dati di comune esperienza, o sia radicalmente
contraddittoria (Cass. 26 gennaio 2010, n. 1529 e Cass. 19 maggio
2010, n. 12318).

relazione alla liquidazione dei danni in questione, del tutto congrua,
pur se estremamente sintetica.
4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
5. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo,
seguono la soccombenza, tra le parti costituite, mentre non vi é luogo
a provvedere per dette spese nei confronti degli intimati, non avendo
gli stessi svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida in complessivi curo 4.200,00, di cui curo 200,00
per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 aprile 2015.

Nel caso di specie la motivazione della sentenza impugnati risulta, in

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