Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14658 del 11/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14658 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 15074/07) proposto da:
TOMASO ALDRIGHETTO DI SEYSSEL BALDASSINI (C.F.: DSY TSL 68S16 F205J),
rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti Luigi
Bellini e Francesco Bellini ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Ettore
Romagnoli, in Roma, via Livio Andronico, n. 24; – ricorrente contro
TORRI GIANMARCO, SIGNORINI LUCIA, CORINTI ANNA MARIA, rappresentati e difesi
dall’Avv. Aldo Valentini, in virtù di procura speciale a margine del controricorso, ed
elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Giovanni Bonaccio, in Roma, piazzale
Clodio, n. 56 (come da relativa comunicazione di variazione acquisita agli atti);
– contro ricorrenti —
e
TORRI GIULIA e TORRI GIANMATTEO;

,55,9/13

– intimati –

Data pubblicazione: 11/06/2013

Avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona n. 231/2006, depositata il 7 aprile
2006 (e non notificata);
udita la relazione della causa svolta nell’udienza camerale del 9 aprile 2013 dal

Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito l’Avv. Marcello Pizzi (per delega), nell’interesse dei controricorrenti;

Capasso, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato nel luglio 1994 il sig. Torri Giovanni esponeva: – di aver
acquistato dal marchese Alessandro Baldassini con scrittura privata del 20 ottobre 1988
un porzione di terreno ubicata in agro di Pesaro (in foglio 67 mapp. 3) al prezzo di £
500.000.000 (con versamento del parziale importo di £ 250.000.000 contestualmente alla
redazione dell’atto e la pattuizione dell’accordo di corrispondere il resto al momento della
stipula dell’atto pubblico, la cui data era stata successivamente differita, in base ad
ulteriore convenzione, ad un’epoca posteriore al decesso dell’alienante); – che, una volta
intervenuto il decesso del venditore il 9 marzo 1994, l’erede Tomaso Aldrighetto Baldassini
di Seyssel D’Aix di Sommariva si era rifiutato di procedere alla stipula dell’atto pubblico;
tanto premesso, conveniva quest’ultimo dinanzi al Tribunale di Pesaro per sentir dichiarare
l’avvenuto acquisto della proprietà del bene immobile oggetto della scrittura, con la
correlata statuizione dell’obbligo in capo allo stesso attore di versare la somma ancora
dovuta nell’ordine di £ 100.000.000 (detratto l’ulteriore versamento effettuato di £
150.000.000) e con la condanna del convenuto al risarcimento dei danni da
inadempimento.
Si costituiva il convenuto, che resisteva alla domanda, disconoscendo la scrittura privata
dedotta in controversia e deducendo, in via principale, la sua nullità assoluta ovvero, in
linea subordinata, la sua inefficacia per simulazione od ancora la sua nullità per assunta
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udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Lucio

violazione dell’art. 485 c.c., prospettando, in ultimo, l’annullabilità del contratto per vizio del
consenso.
Con altro atto di citazione il Torri Giovanni evocava in giudizio, dinanzi allo stesso
Tribunale di Pesaro, il medesimo convenuto congiuntamente al sig. Claudio Aymar di
Seyssel d’Aix di Sommariva, formulando domande di identico contenuto con riferimento ad

con soprastante casa colonica (bene che aveva costituito oggetto di legato a favore del
secondo convenuto), vendutogli dal marchese Alessandro Baldassini con atto del 2
dicembre 1993 al prezzo di £ 450.000.000 (in ordine al quale l’importo di £ 300.000.000
era stato versato contestualmente alla conclusione della scrittura), il cui atto pubblico
sarebbe stato stipulato dopo la morte dell’alienante.
Anche in quest’altro giudizio si costituivano entrambi i convenuti, che instavano per il
rigetto della domanda e formulavano le loro difese secondo un tenore identico a quelle già
proposte nell’altro giudizio dal convenuto indicato per primo.
Riunite le cause ed espletata l’istruzione probatoria, il designato G.O.A. della Sezione
stralcio dell’adito Tribunale, con sentenza n. 838 del 2004, in accoglimento delle domande
originarie così come modificate dall’attore, dichiarava la risoluzione dei contratti di
compravendita dedotti in giudizio, condannando il sig. Tomaso Aldrighetto di Baldassini di
Seyssel alla restituzione dell’importo di euro 289.215,00, nonché ambedue i convenuti, in
solido fra loro, alla restituzione dell’altra somma di euro 201.418,00, con la maggiorazione
degli interessi legali sui relativi importi dalla sentenza al saldo, oltre alle spese giudiziali.
Interposto appello da parte dei due soccombenti in primo grado e nella costituzione di
Torri Gianmarco, Signorini Lucia (in proprio e quale esercente la potestà parentale di Torri
Giulia), Torri Gianmatteo (e per esso Corinti Anna Maria, quale esercente la potestà), la
Corte di appello di Ancona, con sentenza n. 231 del 2006 (depositata il 7 aprile 2006), in
parziale riforma della sentenza impugnata (che nel resto confermava), determinava in euro
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altro terreno sito in località “Madonna del Monte” (sempre in agro del Comune di Pesaro),

482.887,00 la somma alla quale il sig. Tomaso Aldrigheto di Baldassini di Seyssel andava
condannato a pagare in favore degli appellati (con gli accessori consequenziali),
respingendo, invece, la domanda formulata nei confronti dell’altro appellante, regolando le
complessive spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
A sostegno dell’adottata decisione, la Corte marchigiana, riconfermata la natura di contratti

ravvisandosi la supposta nullità ai sensi dell’art. 485 c.c., siccome era stata differita ad un
momento successivo al decesso dell’alienante la sola stipula dei relativi atti pubblici di
trasferimento degli immobili), rilevava l’inadempimento del sig. Tomaso Aldrighetto di
Baldassini di Seyssel, con il riconoscimento del conseguente obbligo restitutorio delle
somme pagate dal dante causa degli appellati, nel mentre dichiarava la fondatezza del
gravame proposto dall’altro appellante, in considerazione della sua qualità di legatario.
Avverso la suddetta sentenza della Corte di appello di Ancona ha proposto ricorso per
cassazione il sig. Tomaso Aldrighetto di Baldassini di Seyssel, riferito a quattro motivi, in
ordine al quale si sono costituiti in questa fase con controricorso i sigg. Torri Gianmarco,
Signorini Lucia e Corinti Anna Maria, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività
difensiva. Il difensore dei controricorrenti ha depositato memoria illustrativa ex art. 378
c.p.c. .
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto — in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. – la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1350, 1351, 1372 e 1470 e segg. c.c. nonché —
con riferimento all’art. 360 n. 5 c.p.c. – il vizio di omessa e contraddittoria motivazione
avuto riguardo alla pretesa natura di contratti definitivi delle scritture del 20 ottobre 1988 e
del 2 dicembre 1993.
2. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato — in ordine all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. —
la violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, 1326, 1427 e segg., 1470 e segg. c.c.,
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definitivi di cui alle scritture dedotte in controversia e la validità degli stessi (non

nonché l’omessa e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata con riferimento
alla falsità ideologica o materiale delle predette scritture dedotte in controversia.
3. Con il terzo motivo il ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione degli
artt. 112,115, 116 e 184 c.p.c., unitamente al vizio di omessa e contraddittoria
motivazione, con riguardo alla mancata ammissione delle prove richieste da esso

4. Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata in ordine
all’erroneità della liquidazione del danno operata dal Tribunale, con relativa violazione e
falsa applicazione degli artt. 1453, 1218, 1223 e 1224 c.c., congiuntamente al vizio di
omessa e contraddittoria motivazione.
5. Ritiene il collegio che sussistono, nel caso in questione, i presupposti per dichiarare
inammissibile il ricorso con riferimento a tutti i motivi proposti, per inosservanza del
requisito di ammissibilità previsto dall’ad. 366 bis c.p.c. (introdotto dal d. Igs. n. 40 del
2006 e “ratione temporis” applicabile nella fattispecie, vedendosi nell’ipotesi di ricorso
avverso sentenza ricadente nell’ambito di applicabilità dell’indicato d. Igs., siccome
pubblicata il 7 aprile 2006: cfr. Cass. n. 26364/2009 e Cass. n. 6212/2010).
Sul piano generale si osserva (cfr., ad es., Cass. n. 4556/2009) che l’art. 366-bis c.p.c., nel
prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai
fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da
parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dai
numeri 1, 2, 3 e 4 dell’ad. 360, comma 1, c.p.c., ovvero del motivo previsto dal numero 5
della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua
illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va
funzionalizzata, come attestato dall’ad. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto
ovvero a “dicta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre,
ove venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell’ad. 360 c.p.c. (il cui oggetto riguarda il solo
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esponente.

”iter” argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera
da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto
controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a
giustificare la decisione.

inoltre, ai fini dell’art. 366 bis c.p.c., il quesito di diritto non può essere implicitamente
desunto dall’esposizione del motivo di ricorso, né può consistere o essere ricavato dalla
semplice formulazione del principio di diritto che la parte ritiene corretto applicare alla
fattispecie, poiché una simile interpretazione si sarebbe risolta nell’abrogazione tacita della
suddetta norma codicistica), deve escludersi che il ricorrente si sia attenuto alla rigorosa
previsione scaturente dal citato art. 366 bis c.p.c., poiché:
con riferimento al primo motivo, riferito alle richiamate violazioni di legge e al riferito
vizio di motivazione, si rileva (oltre alla carenza di interesse in virtù della condivisa
affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, che nessun rilievo pratico
avrebbe comportato la qualificazione giuridica dei contratti a fronte della
declaratoria di risoluzione) che, dopo la diffusa esposizione della doglianza, non si
evince alcuna appropriata sintesi del vizio logico prospettato e manca del tutto la
chiara indicazione, in apposito quadro riepilogativo, del fatto controverso in
relazione al quale si assume che la motivazione della sentenza impugnata era stata
omessa o si presentava come contraddittoria, così come difetta un’apposita
indicazione, in modo appropriato ed autonomo, dei quesiti di diritto riferibili alle
supposte violazioni di legge, la cui formulazione avrebbe dovuto assumere
rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire gli errori di diritti imputati alla

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Ciò posto, alla stregua della uniforme interpretazione di questa Corte (secondo la quale,

sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (v., tra le tante, Cass. n.
7197/2009);
anche con riguardo al secondo motivo, riferito alle riportate violazioni di legge e al
richiamato vizio motivazionale, non risulta inserita alcuna specifica individuazione
dei quesiti di diritto riferibili alle supposte plurime violazioni dedotte, così come —

desume, in modo puntuale ed autonomo, la chiara indicazione, in appositi quadri
riepilogativi, dei fatti controversi in relazione al quale si è assunto che la
motivazione fosse insufficiente e anche la prospettazione delle ragioni, in termini
adeguatamente specifici, per le quali la supposta carenza motivazionale si sarebbe
dovuta considerare inidonea a supportare la decisione;
pure con riferimento al terzo motivo (come precedentemente evidenziato), la sua
formulazione non è strutturata in modo tale da contenere un riferimento riassuntivo
relativo all’oggetto e alle circostanze specifiche della prova ritenuta illegittimamente
non ammessa, che avrebbe dovuto assumere rilevanza ai fini della decisione del
motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione
alla concreta controversia, non potendo, inoltre, sortire — quanto al vizio
motivazionale prospettato — alcuna idonea funzione, ai fini dell’assolvimento del
requisito di ammissibilità prescritto dal citato art. 366 bis c.p.c., il mero riferimento
alla generica circostanza che “l’espletamento della prova orale avrebbe senza
dubbio consentito di dare definitiva conferma ai sospetti ed agli indizi”;
anche in ordine all’ultimo articolato motivo si sottolinea che mancano sia i quesiti di
diritto correlati alle assunte violazioni di legge che l’enucleazione di un’apposita
sintesi riepilogativa idonea a fornire la rappresentazione delle ragioni per le quali la
dedotta carenza della motivazione si sarebbe dovuta reputare inidonea a
giustificare la statuizione adottata sullo specifico punto, così come difetta la chiara
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ponendo riferimento anche ai vari profili svolti nella stessa censura — non si

indicazione del fatto controverso per i dedotti profili di omessa e contraddittoria
motivazione.
In definitiva, alla stregua di quanto innanzi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
con riferimento a tutti i motivi esposti, con condanna del soccombente ricorrente al
pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, che si

giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di
specie in virtù dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012).

P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente, al pagamento, in favore
dei controricorrenti in via solidale, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi
euro 10.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci
come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte
Suprema di Cassazione, il 9 aprile 2013.

liquidano nei sensi di cui in dispositivo sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il

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