Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14658 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. un., 05/07/2011, (ud. 01/02/2011, dep. 05/07/2011), n.14658

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ENERGY SERVICE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 88 presso

lo STUDIO LEGALE RECCHIA E ASSOCIATI, rappresentata e difesa dagli

avvocati BOZZI SILVIO, PIETRO ADAMI, per delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSIP S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso

lo studio dell’avvocato CLARIZIA ANGELO, che la rappresenta e

difende, per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la decisione n. 188/2010 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 19/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2011 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

uditi gli avvocati Pietro ADAMI, Nino PAOLANTONIO per delega

dell’avvocato Angelo Clarizia;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

Domenico, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) Nel marzo del 2006, la s.p.a. Consip indisse una procedura per l’aggiudicazione di un appalto di servizi della durata di 12 mesi, in vista della stipula di una successiva convenzione per la fornitura di energia alla pubbliche amministrazioni. Il bando stabiliva che le offerte potessero essere presentate in più lotti suddivisi per aree geografiche, e che l’aggiudicatario di ogni singolo lotto sarebbe stato obbligato ad accettare gli ordinativi di fornitura delle Amministrazioni per quantitativi da determinare fino a concorrenza dell’importo massimo, al netto di IVA, indicato per ciascun lotto.

1.1) Le offerte presentate alla Consip dall’odierna ricorrente in relazione ad alcuni dei lotti messi a bando risultarono quelle economicamente più vantaggiose, ma la commissione di gara, rilevatone il carattere anormalmente basso, chiederà alla Energy giustificazioni (e relativa documentazione di supporto) in merito ai costi di approvvigionamento del gasolio, tradizionale ed ecologico.

1.2) La parzialità e insufficienza delle risposte fornite vennero giustificate dalla Energy con la mancanza di disponibilità dei dati relativi alle relazioni commerciali dei suoi fornitori, onde l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, investita della questione, nel formulare due distinti pareri, ritenne (in particolare, con il secondo di essi) necessaria la comunicazione di ogni elemento dell’offerta per consentire all’amministrazione di formulare il proprio giudizio in modo compiuto e a largo spettro, gravando dell’onere di tale, tendenzialmente completa,prova dei fatti il futuro aggiudicatario.

1.3) La commissione rivolse, pertanto, alla Energy un’ulteriore richiesta di chiarimenti, cui quest’ultima replicò che il proprio fornitore si era dichiarato indisponibile a trasmettere i dati relativi alle proprie fonti di approvvigionamento all’estero.

1.4) Nel luglio del 2007 la Consip comunicò all’odierna ricorrente l’esclusione dalla gara causa l’inadeguatezza delle risposte fornite, specificando di avere ad abundantiam individuato ulteriori elementi – relativi alla struttura dei costi dell’offerta – che avrebbero comunque giustificato la sua esclusione dalla gara.

2) L’impugnazione proposta dalla Energy dinanzi al Tar del Lazio fu respinta sull’assunto che la determinazione adottata dall’ente appaltante non avesse travalicato i limiti di discrezionalità del giudizio relativo alla anomalie delle offerte.

3) L’appello proposto avverso tale pronuncia venne accolto dal Consiglio di Stato, che censurò la decisione di esclusione sia sotto il profilo della insufficienza dei dati forniti, sia sotto quello della rilevanza in negativo di altri elementi fattuali rinvenuti ad abundantiam dalla Consip e non esaminati dal Tar.

4) Avverso tale sentenza propose ricorso per revocazione, ex art. 395 n. 4 c.p.c, la Consip, gravame che fu dichiarato ammissibile e fondato dal C.d.S. con sentenza parziale, resa in fase rescindente, n. 7039 del 2009. Con sentenza definitiva n. 188 del 2010, pronunciata in fase rescissoria, il giudice di appello rigetterà infine il gravame della Energy, confermando integralmente la originaria pronuncia del Tar Lazio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta, come questione attinente alla giurisdizione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, la violazione dei principi relativi al difetto assoluto di giurisdizione per difetto di potestas iudicandi del C.d.S., nonchè la violazione della L. n. 1034 del 1971, artt. 28 e 36.

Essa si duole, in particolare, della patente violazione di una norma processuale, ostativa, per dato testuale, all’impugnazione di una sentenza per revocazione ordinaria avverso le sentenze del Consiglio di Stato – onde la relativa pronuncia integrerebbe gli estremi dell’eccesso di potere giurisdizionale.

Il motivo non può trovare accoglimento.

Al di là ed a prescindere dalla bontà della tesi, più volte sostenuta (e non infondatamente, a giudizio di questa corte) dal massimo organo di giustizia amministrativa, a mente della quale la formulazione dell’art. 396 c.p.c. – che consentirebbe l’impugnazione delle proprie sentenze esclusivamente con il rimedio della revocazione cd. straordinaria (art. 395, nn. 1, 2, 3 e 6) e non anche con quello della revocazione ordinaria -sarebbe frutto non già di una reale e consapevole voluntas legis, ma di una vera e propria svista del legislatore (tesi che trova un possibile riscontro nelle attuali disposizioni dettate dal nuovo codice amministrativo in subiecta materia), decisiva appare la considerazione secondo la quale, nella specie, nell’esercizio del proprio potere giurisdizionale il Consiglio di Stato non abbia in alcun modo consumato uno sconfinamento da esercizio abusivo del potere medesimo.

Non è lecito, difatti, discorrere, nella vicenda processuale che oggi occupa la corte, di un superamento arbitrario dei limiti della propria giurisdizione per avere il giudice di appello accolto, in sede rescindente, una richiesta di revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4, decidendo poi nel merito in sede rescissoria (superamento fondato sull’assunto che, non essendo ammessa tale fattispecie di revocazione, la decisione rescindente e quella rescissoria si sarebbero trovati al cospetto di un giudicato, ignorandolo), vero essendo, di converso, che il Consiglio di Stato, dotato comunque di potestas iudicandi e decidendi sull’istanza di revocazione, ha poi in concreto esercitato tale potere, agendo sulla base di una attività di interpretazione di una norma di legge, senza che assuma rilievo nel presente giudizio, attesine gli invalicabili limiti, a circostanza che, nell’attuazione di tale, legittimo potere, esso abbia poi reso una pronuncia in via di ipotesi viziata da illegittimità o preclusione da giudicato, entrambi meri errores in procedendo morfologicamente inidonei, ex se, ad integrare la fattispecie dell’abuso per sconfinamento oggi infondatamente denunziato.

Con il secondo motivo si denuncia una asserita violazione dei principi relativi al difetto assoluto di giurisdizione per difetto di potestas iudicandi.

Il motivo è inammissibile.

Lamenta la Energy che il ricorso per revocazione non avrebbe contestato il capo 2.2.5 della sentenza n. 141/09, predicativo dell’illegittimità della valutazione di anomalia per mancato esame complessivo dell’offerta, onde, in sede rescissoria, il giudizio sarebbe stato ampliato ex officio a quest’ultima questione, così contraddicendo la sentenza pronunciata in fase rescindente, così violando il principio del contraddittorio, così dando luogo ad una quaestio nullitatis idonea a determinare il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato.

L’inammissibilità della censura (al di là della sua infondatezza nel merito, avendo la sentenza emessa in fase rescindente puntualmente esaminato la rilevanza della portata dell’indicato capo 2.2.5 sulla base di una esplicita eccezione della Energy, onde nessuna violazione del principio del contraddittorio si è in realtà consumata) discende, a giudizio di questa corte, dall’assenza, in concreto, di qualsivoglia profilo di doglianza attinente alla giurisdizione e ai suoi limiti – con essa riproponendosi, viceversa, una questione processuale e di merito tutta iscritta nell’orbita giurisdizionale di pertinenza del G.A. -, poichè i rapporti tra giudizio rescindente e rescissorio, e gli eventuali vizi da cui il secondo risulti in ipotesi affetto, non consentono a questa corte, in guisa di giudice di terzo grado del processo amministrativo, alcun sindacato che abbia ad oggetto eventuali errores in procedendo ovvero in iudicando consumatisi dinanzi al massimo organo di giustizia amministrativa. E’ difatti ius receptum di questa corte regolatrice il principio secondo il quale, anche a seguito dell’inserimento della garanzia del giusto processo nella formulazione dell’art. 111 Cost., il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulle decisioni rese dal Consiglio di Stato è limitato all’accertamento dell’eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione da parte del Consiglio stesso, ovvero all’esistenza di vizi che riguardano l’essenza di tale funzione giurisdizionale e non il modo del suo esercizio, restando, per converso, escluso ogni sindacato sui limiti interni di tale giurisdizione, cui attengono gli “errores in iudicando” o “in procedendo”. A tal riguardo, la censura relativa ad una pretesa violazione del giudicato, riguardando la correttezza dell’esercizio del potere giurisdizionale del giudice adito, rimane estranea al controllo e al superamento dei limiti esterni della giurisdizione (Cass. ss.uu. n. 3688 del 2009, ex multis).

Il ricorso è pertanto rigettato. La disciplina delle spese segue il principio della soccombenza.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 15.200, di cui 200 per spese generali.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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