Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14656 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14656 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 19130-2012 proposto da:
SPETIC STOJAN, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FULIERI P. DE’ CALBOLI 60, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTA TOMA, rappresentato e difeso
dall’avvocato LIVIO BERNOT giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –

2015
contro

894
.

FRATTASIO ANTONIO,

elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato
FABIO MASSIMO ORLANDO, che lo rappresenta e difende

1

Data pubblicazione: 14/07/2015

unitamente all’avvocato GUIDO JESU giusta procura a
margine del controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 159/2012 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 12/03/2012 R.G.N. 619/2010;

udienza del 13/04/2015 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato SEVERINO LODOLO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilità, in via subordinata per il rigetto
del ricorso.

2

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza del

12 marzo 2012

la Corte d’Appello di

Trieste ha accolto l’appello proposto da Antonio Frattasio
nei confronti di Stojan Spetic avverso la sentenza del
Tribunale di Trieste resa tra le parti il 10 febbraio 2010.

dallo Spetic avverso l’atto di precetto a lui notificato in
data

8

gennaio

2009,

a

richiesta del

Frattasio,

contestualmente al titolo esecutivo costituito
dall’ordinanza del Tribunale di Trieste del 16 ottobre 2008
(con la quale era stato respinto il reclamo dello Spetic
avverso altra ordinanza di rigetto dell’istanza di
sospensione dell’efficacia esecutiva dei titoli posti a
fondamento di un diverso precetto). Col precetto opposto
era stato intimato il pagamento della somma di e 1.864,45,
liquidata a titolo di spese processuali. L’opponente aveva
dedotto la mancata traduzione dell’atto nella lingua
slovena, essendo egli appartenente alla minoranza
linguistica. Quindi aveva lamentato la violazione delle
norme poste a tutela del suo diritto all’uso della lingua
slovena.
Il giudice di primo grado aveva dichiarato inefficace il
precetto compensando tra le parti le spese di lite.
2.- Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello, rilevato
che il primo giudice aveva qualificato l’opposizione come
opposizione

ha

all’esecuzione,

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ritenuto

ammissibile

Con quest’ultima era stata accolta l’opposizione proposta

l’appello ed ha accolto il gravame. In riforma della
sentenza di primo grado, ha rigettato l’opposizione a
precetto proposta da Stojan Spetic con atto di citazione
notificato il 3 febbraio 2009, condannandolo al pagamento
delle spese dei due gradi, in favore di Antonio Frattasio.
Contro questa sentenza Stojan Spetic propone ricorso

affidato a cinque motivi.
Antonio Frattasio si difende con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Col primo motivo di ricorso è dedotta violazione e

falsa applicazione degli artt. 1 e 8 n. 1 della legge n. 38
del 2001 in riferimento all’art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc.
civ. Il ricorrente richiama le disposizioni della legge 23
febbraio 2001 n. 38, recante “Norme per la tutela della
minoranza linguistica slovena della regione Friuli Venezia
Giulia”, volte al riconoscimento e alla tutela dei diritti
dei cittadini italiani appartenenti alla minoranza
linguistica slovena presenti nelle province di Gorizia,
Trieste e Udine, a norma degli artt. 2, 3 e 6 della
Costituzione e dell’art. 3 della legge costituzionale 31
gennaio 1963 n. 1, recante approvazione dello Statuto
Speciale della regione del Friuli Venezia Giulia. Richiama,
in particolare, l’art. 8 che prevede l’uso della lingua
slovena nei rapporti con le autorità amministrative e
giudiziarie locali. Sostiene che la Corte d’Appello non
avrebbe tenuto conto di tali norme, sia in riferimento al

4

3.-

titolo esecutivo costituito dall’ordinanza del Tribunale di
Trieste del 16 ottobre 2008 (che avrebbe dovuto essere
notificata con la traduzione in lingua slovena) sia in
riferimento al precetto (che parimenti avrebbe dovuto
essere tradotto).

motivazione ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. e/o per
violazione o falsa applicazione di norme ex art. 360 n. 3
cod. proc. civ. in relazione all’art. 6 della Costituzione.
1.2.-

Col terzo motivo è dedotta violazione o falsa

applicazione di norme ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. in
relazione all’art. 10 della Costituzione e dell’art. 27
della legge n. 881/77 di ratifica del Patto internazionale
per i diritti civili e politici adottato a New York il 16 e
19 dicembre 1966.
1.3.-

Col quarto motivo è dedotta violazione o falsa

applicazione di norme di diritto

ex art.

360 n. 3 cod.

proc. civ. in relazione all’art. 8 del Trattato di Osimo
dd. 30.11.1975 esecutivo con legge n. 73/77 che richiama
l’art. 5, comma 1 e 2, del “Memorandum d’Intesa” di Londra
del 1954.
1.4.- Col quinto motivo si lamenta la mancata osservanza

delle sentenze della Corte Costituzionale n. 15 del 1996 e
n. 62 del 1992.
2.- I

motivi presentano tutti la medesima ragione di

inammissibilità, eccepita dal resistente col controricorso.

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1.1.- Col secondo motivo è dedotta violazione per omessa

La Corte d’Appello di Trieste ha riformato la sentenza di
primo grado, rigettando l’originaria opposizione di Stojan
Spetic, sulla base dei principi espressi dal precedente
della Corte di Cassazione del 28 gennaio 2005 n. 1820. In
sentenza, viene riportata gran parte della motivazione di

il quale «la mancata redazione o traduzione della sentenza
in lingua slovena per la parte di quella madrelingua che ne
avesse fatto richiesta non può determinare

sic et

simpliciter la nullità del provvedimento finale. La nullità
potrebbe configurarsi solo qualora la parte deduca e
dimostri che la mancata traduzione abbia impedito la
conoscenza della sentenza e concretamente pregiudicato il
diritto di difesa».
La Corte d’Appello di Trieste ha prestato adesione al
principio ed ha rilevato che «nemmeno in questo grado si è
allegato almeno la mancata conoscenza della ordinanza ed il
pregiudizio del diritto di difesa in concreto».
2.1.-

Evidente pertanto è la

ratio decidendi

del

rigetto dell’opposizione al precetto. Essa non risiede
affatto nell’affermazione -che sembra presupposta da tutti
e cinque i motivi di ricorso- che il titolo esecutivo e/o
il precetto non dovessero essere tradotti nella lingua
slovena, in (asserita) violazione delle norme, di diritto
interno od internazionale, richiamate in ricorso.
Piuttosto, si fonda sul principio risultante dal combinato

6

questa pronuncia, in relazione al principio di diritto per

disposto dei commi secondo e terzo dell’art. 156 cod. proc.
oiv., ai sensi del quale la nullità può essere pronunciata
soltanto qualora le forme adottate si rivelino, in
concreto, inidonee al raggiungimento dello scopo per il
quale sono imposte, nel caso di specie, al rispetto del

Orbene, questa

ratio decidencli non è per nulla censurata,

con alcuno dei motivi di ricorso. Questi trascurano
completamente il profilo, ritenuto rilevante dalla Corte di
merito, della mancanza, nelle leggi richiamate, della
comminatoria di nullità per mancata traduzione degli atti
processuali (e/o degli atti di parte che si fondino su atti
processuali) e quindi della necessità che la parte che
lamenti siffatto difetto di forma deduca e dimostri che lo
stesso ha comportato la violazione dei suoi diritti di
difesa.
2.2.-

Il ricorso si limita ad elencare le disposizioni

dell’ordinamento, interno ed internazionale, poste a tutela
delle minoranze linguistiche, lamentando che la Corte
d’Appello non le avrebbe prese in considerazione. Le
• conseguenze che, secondo il ricorrente, si sarebbero dovute
trarre da siffatta considerazione -l’affermazione della
necessità della traduzione

tout court

prescindono del

tutto dal disposto dell’art. 156 cod. proc.

civ. e

dall’applicazione che il giudice di merito ha inteso farne

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diritto di difesa della parte di lingua slovena.

al caso di specie, sulla scorta del, richiamato insegnamento
della Corte di legittimità.
Il principio su cui la sentenza impugnata si fonda è quello
per il quale «la sentenza emanata nella regione del Friuli
– Venezia Giulia (nella specie, dal Tribunale di Trieste)

pertanto, del disposto dell’art. 8 della legge n.73 del
1977, di ratifica del trattato di Osimo), non può ritenersi
perciò solo affetta da nullità per mancato rispetto delle
norme di garanzia ricollegabili al principio dell’art. 6
Cost., una tale conseguenza potendosi configurare, in
ossequio al principio cosiddetto di strumentalità delle
forme degli atti processuali (art.156 cod. proc. civ.),
solo qualora la parte deduca e dimostri che la mancata
traduzione le abbia impedito la conoscenza del contenuto
della decisione e pregiudicato i propri diritti di azione e
di difesa»

(così Cass. n. 1820/05; cfr., nello stesso

senso, Cass. ord. n. 709/15 ).
I motivi di ricorso non mettono in discussione questo
principio, in astratto. Né contestano che lo stesso fosse
• applicabile al caso concreto, in cui non della nullità di
una sentenza si tratta (come nel menzionato precedente di
legittimità), bensì della nullità degli atti di parte
propedeutici all’esercizio dell’azione esecutiva. Neppure,
infine, deducono che, in ragione della situazione,
personale e/o processuale, del destinatario del titolo

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che non sia tradotta in lingua slovena (in violazione,

esecutivo e del precetto, la mancata traduzione del titolo
o del precetto avrebbe compromesso il suo diritto di
difesa.
2.3.- Questa Corte ha già avuto modo di affermare che il

ricorso per cassazione deve contenere, a pena di

cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza
e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta la
necessità dell’esatta individuazione del capo di pronunzia
impugnata e dell’esposizione di ragioni che illustrino in
modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di
norme o principi di diritto, ovvero le carenze della
motivazione; ne consegue che tali requisiti difettano
quando il ricorrente si limiti alla mera riproduzione di
pronunce della Corte di cassazione che affermi essere
pertinenti alla decisione impugnata (così Cass. n.
20652/09).
In coerenza con questo precedente, e con il carattere
vincolato dei motivi del ricorso per cassazione, che devono
avere i caratteri di specificità completezza e riferibilità
alla decisione impugnata, va affermato che è inammissibile
il ricorso per difetto di tali requisiti quando il
ricorrente si limiti al mero richiamo di norme di legge,
ordinaria e/o costituzionale, ovvero di principi di diritto
interno od internazionale, che affermi essere stati violati

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inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la

dalla decisione impugnata, senza tenere conto delle ragioni
poste a fondamento di questa decisione.
Poiché ciò è accaduto nel caso di specie, il ricorso va
dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza

Per questi motivi

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione,

che liquida,

in favore del resistente,

nell’importo complessivo di 2.200,00, di cui C 200,00 per
esborsi, oltre rimborso spese processuali, IVA e CPA come
per legge.
Così deciso in Roma, il 13 aprile 2015.

e si liquidano come da dispositivo.

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