Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14653 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. I, 26/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 26/05/2021), n.14653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8804/2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Mestre – Venezia, via

Bissa n. 33, presso lo studio dell’avvocato Marco Tiffi, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2021 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- M.S., proveniente dalla terra del Bengala, ha presentato ricorso avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Ancona, di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure di quello di riconoscimento della protezione umanitaria.

Con decreto depositato in data 5 marzo 2019, il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso.

2.- In relazione al tema del diritto di rifugio, la decisione ha rilevato che – al di là di ogni valutazione sulla credibilità della narrazione relativa all’espatrio – le ragioni addotte dal richiedente al riguardo (una lite coi membri del partito “antagonista” AL, invidiosi del successo delle iniziative economiche del richiedente) non hanno nulla a che vedere con quanto specificamente previsto dalla normativa di settore.

Quanto alla protezione sussidiaria, il Tribunale ha escluso, sulla base di report aggiornati al dicembre 2017, che il Bengala versi attualmente in una situazione di conflitto armato e/o di violenza generalizzata D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett c.

Per quanto riguarda la protezione umanitaria, il Tribunale ha osservato che il “ricorrente ha fornito prova di un rapporto di lavoro, anche piuttosto stabile, e tuttavia tale condizione non è sufficiente per assumere come seriamente violati i diritti fondamentali sottesi ai precetti normativi costituzionali e internazionali che giustificherebbero la protezione umanitaria”.

3.- Avverso questo provvedimento, M.S. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo.

Il Ministero non ha svolto attività difensiva nel presente grado del giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il motivo di ricorso assume la violazione dell’art. 1 Convenzione di Ginevra 28.7.1951, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4,7,14,16 e 17, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, art. 10 Cost., D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

Più in particolare, il ricorrente rileva che il Tribunale non ha preso in considerazione la posizione personale di richiedente alla luce della situazione generale presente in Bangladesh.

Con riferimento alla protezione umanitaria, in specie, la decisione impugnata non si è proprio preoccupata – sottolinea il ricorso – di porre a raffronto, e comparare, la situazione che il ricorrente sta vivendo in Italia e quella a cui sarebbe esposto ove venisse rimpatrio nel suo Paese di origine. Lungi dal tenere presente la grave situazione di instabilità politica e di povertà sussistente in Bengala, il Tribunale non ha neanche esaminato la documentazione prodotta dal richiedente: documentazione che, tra l’altro, evidenzia il forte inserimento del richiedente nel tessuto sociale italiano e pure il fatto che egli “presti da diverso tempo, regolare attività lavorativa dipendente”.

5.- Il ricorso va accolto, nel limite e misura di quanto attiene alla protezione umanitaria.

In effetti, il Tribunale non ha proceduto – come pure avrebbe dovuto – alla valutazione comparativa tra la situazione personale che egli si trova a vivere oggi in Italia e quella a cui sarebbe esposto, proprio in relazione alle condizioni base di vita, nell’ipotesi di rimpatrio nel Bengala; e ciò pur nella riconosciuta sussistenza di una situazione di intesa integrazione del richiedente nel tessuto sociale ed economico del nostro Paese.

Per il “rilievo centrale” che – ai fini dell’eventuale riconoscimento della protezione umanitaria – deve essere assegnato alla “valutazione comparativa tra il grado di integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine” si veda, in modo particolare, la pronuncia di Cass., Sezioni Unite, 13 novembre 219, n. 29460.

6.- In conclusione, il ricorso va accolto in relazione alla parte relativa al tema della protezione umanitaria e il decreto per questa parte cassato, con rinvio della controversia al Tribunale di Ancona che, in diversa composizione, provvederà pure alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nella parte relativa alla protezione umanitaria, respinta quella inerente alla protezione internazionale. Cassa, per quanto di ragione il decreto impugnato e rinvia la controversia al Tribunale di Ancona che, in diversa composizione, provvederà pure alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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