Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14653 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14653 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 9506-2012 proposto da:
SCARLI ANTONELLA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA ITALO CARLO FALBO 22, presso lo studio
dell’avvocato ANGELO COLUCCI, rappresentata e difesa
dagli avvocati LUCIANO SEMERARO, ANTONIO CAROLI giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2015
890

contro

DE GIORGIO MARIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA ITALO CARLO FALBO 22, presso lo studio
dell’avvocato ANGELO COLUCCI, rappresentato e difeso

1

Data pubblicazione: 14/07/2015

da se medesimo;
DE GIORGIO FRANCESCO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA ITALO CARLO FALBO 22, presso lo studio
dell’avvocato ANGELO COLUCCI, rappresentato e difeso
dall’avvocato MARIO DE GIORGIO giusta procura in calce

– controricorrentl
avverso la sentenza n. 78/2011 del TRIBUNALE DI
TARANTO SEDE DISTACCATA DI MARTINA FRANCA, depositata
il 11/04/2011 R.G.N. 47/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/04/2015 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato LUCIANO SEMERARO;
udito l’Avvocato ANTONIO CAROLI;
udito l’Avvocato ANGELO COLUCCI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

2

al controricorso;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con sentenza

dell’il aprile 2011

il Tribunale di

Taranto, sezione distaccata di Martina Franca, ha rigettato
l’opposizione agli atti esecutivi proposta, con ricorso del
4 giugno 2007,

da Tommaso Scarli nei confronti degli

L’opponente aveva dedotto che, essendo esecutato in
qualità di erede della moglie Clara Semeraro, i creditori
avrebbero dovuto notificargli, ai sensi dell’art. 477 cod.
proc. civ., prima il titolo esecutivo (costituito dalla
sentenza resa dalla Corte d’Appello di Lecce sezione di
Taranto n. 76/2005, che aveva liquidato le spese
processuali in loro favore, in qualità di avvocati
distrattari)

e,

dopo dieci giorni, il precetto, essendo

irrilevante che il titolo esecutivo fosse stato notificato
al procuratore della Semeraro due anni prima, senza che
fosse stato notificato alla Semeraro l’atto di precetto.
Aveva chiesto quindi che fosse dichiarata la nullità del
pignoramento mobiliare eseguito a suo carico in data

31

maggio 2007.

In corso di causa, l’opponente aggiungeva che, in
pendenza appunto del giudizio di opposizione, il titolo
esecutivo costituito dalla sentenza di cui sopra, era stato
annullato con sentenza della Corte di Cassazione n.
20565/2008. Pertanto, chiedeva la condanna degli opposti

3

avvocati Francesco De Giorgio e Mario De Giorgio.

per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art.
96 cod. proc. civ.
1.1.- Gli opposti, Francesco De Giorgio e Mario De
Giorgio, avevano resistito all’opposizione, deducendo che
sia il titolo esecutivo che l’atto di precetto erano stati

Clara Semeraro, sicché non ne sarebbe stata necessaria una
nuova notificazione agli eredi.
In merito alle domande proposte in corso di causa gli
avv.ti De Giorgio deducevano la novità, e quindi,
l’inammissibilità, oltre che l’infondatezza.
2.-

La

sentenza

qui

impugnata

ha

rigettato

l’opposizione qualificandola come opposizione agli atti
esecutivi. Ha ritenuto che gli opposti avessero fornito la
prova che il titolo esecutivo ed il precetto erano stati
notificati alla debitrice originaria, Clara Semeraro, e
che, in ossequio alla giurisprudenza formatasi sull’art.
477 cod. proc. civ., non fosse necessario ripetere la
notificazione del titolo esecutivo anche nei confronti
degli eredi; ha rigettato la domanda di risarcimento danni
per responsabilità processuale aggravata, per mancanza di
prova sulla sussistenza del presupposto dell’inizio
dell’esecuzione, da parte dei creditori, senza la normale
prudenza; ha compensato interamente tra le parti le spese
processuali, ritenendo sussistenti eccezionali ragioni,
specificate in motivazione.

4

regolarmente notificati alla dante causa dell’opponente,

3.

Contro questa sentenza Antonella Scarli, quale

unica erede di Clara Semeraro e di Tommaso Scarli, propone
ricorso affidato ad otto motivi.
Gli intimati si difendono con distinti controricorsi.
La ricorrente ha depositato memoria.

1.- Col primo motivo è dedotta nullità della sentenza,

ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ.,
per violazione dell’art. 300, comma secondo, cod. proc.
civ. La ricorrente deduce che, pur essendo stata proposta
l’opposizione da Tommaso Scarli, la sentenza risulta emessa
nei suoi confronti, senza che i procuratori dell’opponente,
costituiti nel primo grado del giudizio, avessero mai
dichiarato l’evento interruttivo della morte del prof.
Scarli, ai sensi dell’art. 300, comma secondo, cod. proc.
civ.
1.1.

Il motivo è inammissibile.

Risulta violato il disposto dell’art. 366 n. 6 cod. proc.
civ. poiché il ricorso manca della precisa indicazione dei
fatti rilevanti ai fini della comprensione della vicenda
processuale, quali l’individuazione del momento del
processo di merito in cui si colloca il decesso della parte
originaria opponente e l’indicazione delle attività
processuali successive a tale momento, con la
specificazione in ricorso dei verbali di udienza da cui
desumere la mancata dichiarazione dell’evento interruttivo.

5

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.- Col secondo motivo si deduce la nullità della sentenza,
ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 e n. 4, cod.
proc. civ., per violazione degli artt. 477, 615, 616 cod.
proc. civ., perché il Tribunale avrebbe erroneamente
qualificato come opposizione agli atti esecutivi, anziché

Scarli avverso il pignoramento mobiliare ed il precetto
presupposto. La ricorrente sostiene che, avendo l’opponente
dedotto la violazione dell’art. 477 cod. proc. civ.,
avrebbe fatto valere la mancanza del diritto dei creditori
di procedere esecutivamente contro l’erede della debitrice
prima del decorso dell’intervallo di tempo di dieci giorni
la

tra

notificazione

del

titolo

esecutivo

e

la

notificazione del precetto.
Col terzo motivo si deduce la violazione dell’art.

2.1.-

477 cod. proc. civ. sotto altro profilo, vale a dire per il
mancato rispetto dell’intervallo di tempo di cui si è
appena detto. Con questo motivo si ripropone l’originario
motivo di opposizione al precetto ed al pignoramento
mobiliare e si critica la sentenza impugnata per averne
ritenuto l’infondatezza. La ricorrente sostiene che la
_
giurisprudenza di legittimità richiamata dal Tribunale, a
sostegno del rigetto dell’opposizione, non sarebbe stata
applicabile al caso di specie.
3.-

I

motivi, che vanno esaminati congiuntamente per

evidenti ragioni di connessione, sono infondati.

6

come opposizione all’esecuzione, quella proposta da Tommaso

La nullità del precetto, e del conseguente pignoramento,
nei confronti degli eredi del debitore deceduto per mancato
rispetto dell’art. 477, comma primo, cod. proc. civ. è
conseguenza di un’irregolarità formale del procedimento
seguito dal creditore prima di procedere contro gli eredi.
quomodo,

e non

l’an, dell’esecuzione forzata la relativa opposizione va
qualificata come opposizione agli atti esecutivi.
Né può condurre a conclusioni differenti l’orientamento
giurisprudenziale, richiamato dalla ricorrente, che si è
venuto a formare con riferimento all’ipotesi in cui il
creditore dello Stato o di un ente pubblico non economico
non rispetti il termine imposto dall’art. 14 del decreto
legge 31 dicembre 1996 n. 669 (convertito nella legge 28
febbraio 1997 n. 30), così come modificato dall’art. 147
della legge n. 388 del 2000, relativo allo

spatium

deliberandi assicurato alla pubblica amministrazione prima
dell’inizio dell’esecuzione nei suoi confronti. La norma di
cui si è appena detto espressamente prevede che, prima del
:
ì.,

termine ivi previsto, <<... - procedere ad esecuzione forzata nei confronti delle il creditore non ha suddette amministrazioni ed enti, né possono in essere atti esecutivi». diritto di essere posti Si tratta di norma eccezionale, che, a tutela delle pubbliche amministrazioni, ha previsto il decorso del termine legale come condizione di efficacia del titolo esecutivo. L'inosservanza di questo termine, per 7 Attenendo ad una vicenda concernente il l'inscindibile dipendenza del precetto dall'efficacia esecutiva del titolo che con esso si fa valere, rende nullo il precetto intempestivamente intimato, con la conseguenza che la relativa opposizione si traduce in una contestazione del diritto di procedere all'esecuzione forzata e integra primo cod. proc. civ., non concernendo solo le modalità temporali dell'esecuzione forzata (così, tra le altre, Cass. n. 7360/09). D'altronde, questa lettura è stata confermata dalla norma interpretativa introdotta con l'art. 44, terzo comma del dl. 30 settembre 2003 n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003 n. 326, con la quale è stato sancito il divieto di procedere alla notifica del precetto prima del decorso del citato termine. Differente è la lettera dell'art. 477, coma primo, cod. proc. civ. Esso sancisce la regola, del tutto incondizionata, che «il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi>>.
enunciato questa regola

aggiunge

Soltanto dopo aver
«ma si può loro

notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla
notificazione del

titolo>>,

senza tuttavia accennare alla

mancanza, in caso contrario, del diritto di procedere ad
esecuzioni forzata e/o accennare ad una situazione di
inefficacia, sia pure temporanea, del titolo esecutivo.
Pertanto, la regola posta dal primo inciso della norma non
risulta essere condizionata al rispetto dell’onere formale

8

un’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615, comma

posto dal secondo inciso. Trattandosi, appunto, di un onere
formale imposto a garanzia della legittimità dell’azione
esecutiva nei confronti degli eredi del debitore, non a
condizione dell’esistenza del diritto di agire

executivis,

in

la contestazione concernente il suo mancato

non ad un’opposizione all’esecuzione.
3.1.

Inoltre, è corretta la decisione di rigetto, avendo

la sentenza impugnata deciso la questione di diritto in
modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo
cui l’art. 477 cod. proc. civ. non impone alcun obbligo di
notificare nuovamente il titolo esecutivo ed il precetto
agli eredi di una persona defunta alla quale siano già
stati notificati sia l’uno che l’altro. Tale obbligo
sussiste, invece, se alla persona poi defunta non sia stato
notificato ne’ l’uno ne’ l’altro, oppure sia stato
notificato solo il titolo esecutivo e non anche il precetto
(così Cass. n. 5200/2000 e n. 25003/08).
Nel caso di specie, il Tribunale ha dato conto del relativo
accertamento in punto di fatto, affermando che la parte
opposta ha documentato di avere notificato alla debitrice
originaria sia il titolo esecutivo che il precetto ed, allo
scopo, il Tribunale ha precisato di averne tratto contezza
dalla «ricevuta della cartolina di ritorno della notifica
a

mezzo posta del

precetto, seppure perfezionatasi

compiuta giacenza».

9

per

rispetto dà luogo ad un’opposizione agli atti esecutivi, e

Questo accertamento di fatto non risulta validamente
censurato dalla ricorrente. Quest’ultima, infatti, non nega
che si sia compiuta una notificazione del precetto nei
confronti di Clara Semeraro, ai sensi dell’art. 140 cod.
proc. civ., ma si limita a dedurre che al momento

«non

era

stata prodotta la ricevuta di ritorno della

notifica effettuata ai sensi dell’art. 140 cod. proc.
civ.>>.
Trattasi, all’evidenza, di circostanza di fatto occasionale
e comunque del tutto irrilevante nella presente
opposizione. Ed invero, in questa ciò che rileva, ai fini
della verifica dell’osservanza dell’art. 477, comma primo,
cod. proc. civ., come sopra interpretato, è che si sia
avuta la notificazione del titolo esecutivo e del precetto
nei confronti della parte debitrice originaria.
Una volta accertato, così come risulta accertato dal
giudice di merito, il compimento di entrambe le formalità,
è corretta, in diritto, la conclusione dell’esonero del
creditore dall’onere di effettuare una nuova notificazione
del titolo esecutivo nei confronti degli eredi, rispettando
l’intervallo di dieci giorni per la notificazione del
precetto.
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso vanno perciò
rigettati.

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dell’esecuzione del pignoramento contro la stessa debitrice

4.- Col quarto motivo si deduce la violazione degli artt.
752 e 754 cod. civ., perché il precetto sarebbe stato
intimato per l’intero debito facente capo a Clara Semeraro,
nei confronti di uno soltanto degli eredi, laddove il
marito, prof. Tommaso Scarli, era succeduto alla Semeraro

detta della ricorrente, egli avrebbe potuto essere
assoggettato ad esecuzione soltanto nei limiti della
propria quota ereditaria, e non per l’intero.
4.1.- Il motivo è inammissibile per novità della censura.

Questa non risulta affatto dalla sentenza impugnata, né si
evince dal ricorso che fosse stata proposta come uno degli
originari motivi di opposizione avverso il precetto e/o il
pignoramento mobiliare ai danni di Tommaso Scarli.
5.-

Col quinto motivo si deduce nullità della sentenza, ai

sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per
violazione dell’art. 96, comma secondo, cod. proc. civ. La
ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha
rigettato la domanda di condanna degli opposti per
responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96,
comma secondo, cod. proc. civ.. Secondo la ricorrente,
questa responsabilità sussisterebbe per il fatto che, nelle
more del processo esecutivo ed in pendenza del grado di
merito del presente giudizio, è venuto meno il titolo
esecutivo posto a fondamento dell’azione esecutiva.

11

unitamente alla figlia, attuale ricorrente. Pertanto, a

In particolare, sarebbe errata la

ratio decidendi

del

rigetto della domanda risarcitoria. Questo rigetto è
fondato sull’esistenza del titolo esecutivo al momento di
avvio dell’azione esecutiva e sul fatto che non fosse
«affatto scontato» che questo titolo, costituito da una

annullato in sede di gravame: secondo la ricorrente, l’art.
96, comma secondo, cod. proc. civ. dovrebbe trovare
applicazione anche in caso di sopravvenuta caducazione del
titolo esecutivo, in quanto messo in esecuzione
incautamente dal creditore, che se ne è assunto il rischio;
si tratterebbe infatti di un’esecuzione ingiusta, con
effetti dannosi verso il soggetto esecutato, tale da
consentire, una volta caducato il titolo, l’applicazione

ex

tunc della norma di cui è denunciata la violazione, come da
giurisprudenza di legittimità richiamata in ricorso.
5.1.

Col sesto motivo si deduce nullità della sentenza ai

sensi dell’ art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ.,
per motivazione apparente relativamente al capo concernente
il requisito della mancanza di normale prudenza. Secondo la
ricorrente, la motivazione sul punto sarebbe del tutto
apodittica, anche in ragione del fatto che sarebbe stato
omesso ogni riferimento alla questione concreta oggetto del
giudizio di merito, concluso con la sentenza della Corte
d’Appello, poi annullata dalla Corte di Cassazione.

12

sentenza di condanna in grado d’appello, sarebbe stato

6.

I due motivi di ricorso che, in quanto connessi, vanno

trattati congiuntamente, non sono meritevoli di
accoglimento. Peraltro, la sentenza impugnata, pur essendo
conforme a diritto, va corretta nella motivazione ai sensi
dell’art. 384, ult. co ., cod. proc. civ.

nel caso di specie, i presupposti della responsabilità
processuale aggravata come delineati dall’art. 96, coma
secondo, cod. proc. civ.
Ritiene, invece, il Collegio che questa responsabilità,
così come invocata dalla ricorrente con l’espresso e
ripetuto riferimento al comma secondo dell’art. 96 cod.
proc. civ., non fosse nemmeno accertabile nel presente
giudizio, in quanto relativo ad un’opposizione agli atti
esecutivi, con la conseguenza dell’inammissibilità della
relativa domanda di condanna.
L’art. 96, comma secondo, cod. proc. civ., è norma di
stretta interpretazione e trova applicazione nei casi ivi
espressamente previsti (cfr. Cass. n. 1545/85).

Come detto, il Tribunale ha ritenuto non provati e carenti,

In particolare, per quanto rileva in questa sede, va
applicato quando sia accertata «l’inesistenza del diritto
per cui è stata

iniziata o compiuta l’esecuzione

forzata»; la richiesta di condanna deve essere rivolta al
giudice cui è demandato il relativo accertamento;
all’accertamento della mancanza del diritto di procedere ad
esecuzione forzata si aggiunge, a seguito dell’istanza di

13

v

parte, l’accertamento, da parte dello stesso giudice,
dell’avere il creditore procedente <> (Cass. n. 1590/13).
Nel caso di specie, la ricorrente ha espressamente invocato
l’applicazione del secondo comma del più volte richiamato
art. 96 cod. proc. civ. nell’ambito di un giudizio
introdotto ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., così
proponendo una domanda inammissibile.
I motivi quinto e sesto vanno perciò rigettati.
7.- Col settimo motivo si deduce nullità della sentenza ai

sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 e 4, cod. proc.
civ., in relazione agli artt. 477 cod. proc. civ., nonché
agli artt. 132 e 336, comma secondo, cod. proc. civ.,
riproponendosi tutte le censure già svolte con i motivi
secondo e terzo (per quanto riguarda l’asserita violazione
dell’art. 477 cod. proc. civ.) e quinto e sesto (per quanto
riguarda le conseguenze della caducazione del titolo
esecutivo).

17

dell’opposizione all’esecuzione; pertanto, è inammissibile

Il motivo è, per la gran parte, assorbito dal rigetto di
questi motivi.
Esso

è

inoltre, inammissibile per la parte in cui si

assume che l’opposizione proposta da Tommaso Scarli avrebbe
dovuto essere accolta in ragione dell’orientamento

all’esecuzione è tenuto a compiere d’ufficio, in ogni stato
e grado del giudizio, ed anche per la prima volta nel
giudizio di cassazione, la verifica sulla esistenza del
titolo esecutivo posto alla base dell’azione esecutiva,
potendo rilevare sia l’inesistenza originaria del titolo
esecutivo sia la sua sopravvenuta caducazione, che
entrambe – determinano l’illegittimità dell’esecuzione
forzata con effetto “ex tunc”, in quanto l’esistenza di un
valido titolo esecutivo costituisce presupposto dell’azione
esecutiva stessa (così Cass. n. 15363/11, richiamata in
ricorso).
Questo principio, che pienamente si condivide, comporta la
fondatezza (anche sopravvenuta) dell’opposizione
all’esecuzione, e non dell’opposizione agli atti esecutivi.
Il principio applicabile qualora, in pendenza di giudizio
di opposizione agli atti esecutivi, sopravvenga la
caducazione del titolo esecutivo sul quale si regge
l’esecuzione già iniziata, è quello per il quale siffatta
sopravvenienza determina, non l’accoglimento
dell’opposizione agli atti esecutivi, bensì la cessazione

18

giurisprudenziale per il quale il giudice dell’opposizione

della materia del contendere. La caducazione del titolo
esecutivo comporta la perdita di efficacia degli atti del
processo esecutivo, sicché sulla regolarità di tali atti
viene a cessare la materia del contendere e quindi viene
meno anche l’interesse all’opposizione. Con la conseguenza

esecutivi è ammessa al solo fine del regolamento delle
spese processuali secondo il principio della soccombenza
virtuale.
E’ questo il senso del precedente di legittimità di cui a
Cass. n. 21323/07, che ha ribadito quanto già affermato da
Cass. n. 7256/91

(«La caducazione del titolo esecutivo

costituito da una sentenza di appello a seguito del suo
annullamento da parte della Corte di Cassazione, pur
comportando, ai sensi dell’art. 336, secondo coma, cod.
civ., la perdita di efficacia degli atti della relativa
procedura di esecuzione, non fa venir meno – in difetto
della rinuncia delle parti – l’interesse alla definizione
in sede di cassazione del giudizio di opposizione agli atti
esecutivi, che con riguardo a quel titolo sia stata
proposta, tenuto conto dell’autonoma rilevanza di tale
ultimo giudizio e delle necessità di verifica della
fondatezza o meno della opposizione anche ai fini del
regolamento delle spese processuali»),

la cui portata non

è certo quella ritenuta dalla ricorrente. Quest’ultima
infatti lo pone a fondamento della critica alla sentenza

19

che la delibazione dei motivi di opposizione agli atti

per non aver accolto l’opposizione. Al contrario, esso
avrebbe tutt’al più consentito di addivenire ad una
pronuncia di cessazione della materia del contendere
sull’opposizione agli atti esecutivi, con regolamentazione
delle spese processuali secondo il principio della

principio, la parte soccombente sarebbe stata individuata
proprio nell’odierna ricorrente.
Il settimo motivo di ricorso non può perciò essere accolto.
8.

Con l’ottavo motivo si deduce nullità della sentenza,

ai sensi dell’art. 111 coma 7 ° Cost., nonché dell’art.
360, comma l, n. 3 cod. proc. civ., nonché dell’art. 360,
comma 1, n. 5 cod. proc. civ. per erronea motivazione su
punto controverso tra le parti e decisivo per il giudizio,
perché,

secondo la ricorrente,

sarebbero mancati i

presupposti per la compensazione delle spese; e ciò, anche
in ragione del fatto, che, sempre secondo la ricorrente, il
giudice a

quo

avrebbe dovuto accogliere la sua domanda

risarcitoria ex art. 96, coma secondo, cod. proc. civ.
Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.
L’attuale ricorrente è succeduta ad una parte che aveva
proposto un’opposizione agli atti esecutivi che il
Tribunale ha ritenuto infondata, applicando correttamente
principi di cui sopra.
In corso di causa, l’opponente ha inoltre proposto una
domanda di risarcimento danni per responsabilità aggravata,

20

soccombenza virtuale. D’altronde, applicando questo

ai sensi dell’art. 96, comma secondo, cod. proc. civ., che
pure è stata rigettata e che, anzi, come detto trattando
dei motivi quinto e sesto, non avrebbe potuto nemmeno
essere proposta.
Ne consegue che l’attuale ricorrente è succeduta ad una

interesse ad impugnare la decisione di compensazione delle
spese di quest’ultimo grado. Si tratta di decisione a lei
favorevole, in quanto adottata in luogo di quella di
condanna alle spese della parte soccombente, ai sensi
dell’art. 91 cod. proc. civ..
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza
e si liquidano come da dispositivo, tenuto conto del fatto
che un unico procuratore speciale, in persona del
resistente avv. Mario De Giorgio, ha difeso sé medesimo e
l’altro resistente, avv. Francesco De Giorgio. Pertanto,
considerata anche l’identità delle posizioni processuali,
malgrado siano stati notificati due controricorsi, si
procede ad un’unica liquidazione, con aumento in ragione
della pluralità di parti.
Per questi motivi

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al
pagamento

delle spese del giudizio di cassazione, che

liquida in favore dei resistenti, in solido, nell’importo

21

parte soccombente nel grado di merito. Pertanto, non ha

di C 3.500,00, di cui e 200,00 per esborsi, oltre rimborso
spese processuali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2015.

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