Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14652 del 26/05/2021
Cassazione civile sez. I, 26/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 26/05/2021), n.14652
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8361/2019 proposto da:
M.H., elettivamente domiciliato in Roma, via delle Fornaci n.
38, presso lo studio dell’avvocato Alberici Fabio che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato Rossi Francesco, giusta procura
speciale;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma,
via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.
che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 29/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/01/2021 dal cons. Dott. DOLMETTA Aldo Angelo.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1.- M.H., proveniente dalla terra del Bangladesh, ha presentato ricorso avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Ancona, di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure di quello di riconoscimento della protezione umanitaria.
Con decreto depositato in data 29 gennaio 2019, il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso.
2.- Il Tribunale ha rilevato, in particolare, che le dichiarazioni rese del ricorrente (secondo cui l’espatrio dal Paese di origine era dipeso dall’esigenza di trovare occupazioni lavorative più remunerative, che lo avevano spinto in Libia, ove peraltro aveva trovato una situazione di grave instabilità) “restano confinare nei limiti di una vicenda di vita privata e di miglioramento socio economico”.
In punto di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), il giudice ha poi riscontrato che, stando al report EASO del dicembre 2017, la situazione del Bengala non presentava i caratteri del conflitto armato e/o della violenza generalizzata.
Quanto alla protezione umanitaria, la decisione ha ritenuto che, “avendo il ricorrente fornito prova di un rapporto di lavoro, in verità, insufficiente per assumere come seriamente intrapreso un percorso di integrazione in Italia, e tenuto conto della situazione del Paese di rientro anche sotto i profili individualizzanti, va espressa una prognostica negativa di elevata vulnerabilità a carico del ricorrente, in caso di rimpatrio forzoso nel Paese di origine”.
3.- Avverso questo provvedimento M.H. ricorre per cassazione, articolando due motivi.
Resiste, con controricorso, il Ministero.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.- Il ricorrente censura la pronuncia del Tribunale: (i) col primo motivo, che riguarda la protezione sussidiaria, per omesso esame della situazione relativa al riconoscimento dei diritti umani fondamentali in Bangladesh, che è stata oggetto di discussione, con riferimento alle norme del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; (ii) col secondo motivo, per violazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c., art. 116 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 5, comma 6 T.U.I., per la valutazione espressa in punto di protezione umanitaria.
5.- Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo afferma che l'”attenzione del giudicante si è soffermata solo ed esclusivamente sulla persona del richiedente, omettendo la valutazione complessiva in cui si trovano i cittadini del Bangladesh”. Tale affermazione non rispecchia, tuttavia, la motivazione svolta dal Tribunale di Ancona, che si è propriamente basata sul riscontro della situazione politico sociale ed economica del Bengala, escludendo la ricorrenza di presupposti di cui all’art. 14, lett. c).
Il secondo motivo, a sua volta, si esaurisce nello svolgimento di una serie di enunciati generici, senza neppure assumere l’eventuale presenza di fatti di vulnerabilità specifici alla persona del richiedente.
6.- Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.100.00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a noma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 14 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021