Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14652 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14652 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA

sul ricorso 12899-2012 proposto da:
BAIETTA ROSA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE XXI APRILE 12, presso lo studio dell’avvocato
ALESSANDRO PIZZINO, che la rappresenta

e

difende

unitamente all’avvocato DANIELA FILIPPINI giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

2015
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contro

AMBROSI PAOLO, AMBROSI MARCO, AMBROSI ARIANNA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CELIMONTANA
38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI,

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Data pubblicazione: 14/07/2015

rappresentati e difesi dall’avvocato STEFANO PERUSI
giusta procura a margine del controricorso;
controricorrenti nonchè contro

ZORZI IVANA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 2510/2011 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 24/11/2011 R.G.N.
2097/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/04/2015 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito l’Avvocato ALESSANDRO PIZZINO;
udito l’Avvocato PAOLO PANARITI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto.

e

Svolgimento del processo

Rosa Baietta convenne in giudizio, dinanzi al tribunale
di Verona, Arianna Ambrosi, Marco Ambrosi, Paolo Ambrosi e
Ivana Zorzi chiedendo che fosse dichiarato risolto il
contratto di comodato stipulato il 6 giugno 1971 da Emma

ad oggetto la porzione di una stanza facente parte del suo
appartamento sito in Verona.
L’attrice chiedeva di conseguenza che i convenuti fossero
condannati e restituire detto locale.
Assumeva Rosa Baietta che l’appartamento di sua proprietà
era stato acquistato dal demanio da Giuseppina Ambrosi con
contratto del 16 gennaio 1990.
L’immobile era stato venduto con dilazioni dal demanio ad
Emma Baietta con atto del 22 luglio 1964.
Il 9 dicembre 1982 era deceduta Emma Baietta che, con
testamento olografo del 10 gennaio 1969, aveva nominato sua
erede universale Giuseppina Ambrosi.
Il 15 maggio 1987 era stata versata al demanio l’ultima
rata del prezzo ed in data 16 gennaio 1990, il demanio aveva
trasferito a Giuseppina Ambrosi la piena proprietà
dell’immobile.
Alla morte di quest’ultima la proprietà dell’appartamento
era stata trasferita in capo a Rosa Baietta, erede
testamentaria della medesima Ambrosi.

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Baietta con Arnoldo Ambrosi, dante causa dei convenuti, avente

Il 16 giugno 1976 era deceduto Arnoldo Ambrosi lasciando
quali suoi eredi legittimi i convenuti.
Si costituirono in giudizio i consorti Ambrosi, mentre
rimaneva contumace la loro madre Ivana Zorzi.
I convenuti rilevavano il difetto di legittimazione

cessione a favore di Arnoldo Ambrosi della porzione
dell’immobile per cui è causa o che fosse accertato
l’intervenuto acquisto per usucapione. Chiedevano poi che
fosse accertata la loro qualità di eredi legittimi, essendo
figli del defunto Arnoldo Ambrosi e quindi che fosse accertato
che erano proprietari in ragione di un mezzo dell’immobile di
cui l’attrice si assumeva proprietaria.
Il Tribunale di Verona, con sentenza n. 762 del 23
gennaio 2009, accertò che il contratto di comodato stipulato
fra Emma Baietta ed Arnoldo Ambrosi si era estinto e condannò
i convenuti a restituire all’attrice la porzione di immobile
richiesta.
Osservava il giudicante che Giuseppina Ambrosi aveva
acquistato l’immobile a seguito di riscatto dal demanio e che
solo da tale momento il bene era divenuto di sua proprietà
talché nessun diritto potevano vantare i convenuti in qualità
di eredi per rappresentazione di Emma Baietta poiché
l’appartamento non era stato acquistato dalla stessa e non
faceva parte dell’asse ereditario.

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t

dell’attrice e chiedevano che fosse accertata l’intervenuta

Inoltre, poiché Emma Baietta non era proprietaria del
bene al momento della stipula del contratto di comodato con
Arnoldo Ambrosi, il contratto stesso doveva qualificarsi come
comodato e ritenersi estinto alla morte del comodante.
Infondata era poi la domanda di accertamento

posto in essere dal comodatario alcun atto di interversione
del possesso.
Avverso tale sentenza proposero appello Arianna Ambrosi,
Ivana Zorzi, Marco Ambrosi e Paolo Ambrosi.
Si costituì l’appellata chiedendo il rigetto dell’appello
e formulando appello incidentale.
La Corte d’appello di Venezia, in riforma della sentenza
impugnata, ha accertato che la stanza non faceva parte della
proprietà di Emma Baietta e che era venuta meno in radice
anche la possibilità di ritenere provato per presunzioni il
comodato verbale.
La Corte ha rigettato la domanda attrice ed ha condannato
l’appellata a rifondere agli appellanti le spese processuali
di entrambi i gradi del giudizio.
Propone ricorso per cassazione Rosa Baietta con quattro
motivi illustrati da memoria.
Resistono con controricorso Arianna Ambrosi, Marco
Ambrosi e Paolo Ambrosi.

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dell’intervenuto acquisto per usucapione, non essendo stato

Motivi del ricorso
1. Sostengono i controricorrenti che il ricorso è
inammissibile in quanto il procedimento non risulta essere
stato correttamente instaurato nei confronti di Ivana Zorzi,
deceduta il 24 febbraio 2012. Ne deriva che il ricorso avrebbe

stessa personalmente. A loro avviso la notificazione dell’atto
deve considerarsi del tutto inesistente, contenendo un’errata
indicazione del soggetto passivo della

vocatio in ius;

l’inesistenza della notificazione del ricorso determina
infatti l’inammissibilità dello stesso.
L’eccezione è infondata.
pacifico che gli odierni resistenti, già costituiti in
giudizio in sede di merito, sono anche gli eredi di Ivana
Zorzi, deceduta dopo la chiusura della discussione nel
giudizio d’appello e dopo lo stesso deposito della sentenza di
secondo grado. La notifica del ricorso per cassazione è stata
effettuata, per le quattro parti costituite, presso il
procuratore costituito ove avevano eletto domicilio. Ne
consegue che, al caso di specie, è applicabile il principio di
diritto secondo cui la nullità del ricorso rimane sanata dalla
costituzione in giudizio dei successori a titolo universale,
ex art. 164, 3 ° comma, c.p.c., per avvenuto raggiungimento
dello scopo.

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dovuto essere notificato agli eredi di Ivana Zorzi e non alla

Infatti la morte o la perdita di capacità della parte
costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate
in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta
la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che: a) la
notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex

l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del
rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il
medesimo procuratore, qualora originariamente munito di
procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo,
è legittimato

a

proporre impugnazione – ad eccezione del

ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura
speciale in rappresentanza della parte che, deceduta o
divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo,
tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione
dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330, primo
comma, c.p.c., senza che rilevi la conoscenza

aliunde di uno

degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. da parte del
notificante (Cass., 4 luglio 2014, n. 15295).
2. Con il primo motivo del ricorso Rosa Baietta denuncia
«art. 360 n. 3 cpc violazione o falsa interpretazione
dell’art. 112 cpc in relazione ad un fatto non controverso.»
Sostiene la ricorrente che la Corte d’appello ha svolto
una dettagliata indagine sulla proprietà della porzione
dell’immobile pronunciandosi su una domanda che non fa parte

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art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per

del thema decidendum.

In altri termini, la ricorrente lamenta

che la Corte è incorsa nel vizio di ultrapetizione perché
l’oggetto di contestazione non era l’accertamento della
proprietà della porzione della stanza ma la restituzione
della stanza stessa data in comodato; e controparte non aveva

Il motivo è inammissibile.
In tema di ricorso per cassazione, l’art. 366, primo
comma, n. 6, c.p.c., novellato dal d.lgs. n. 40 del 2006,
oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e
dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del
ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale
il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata
all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369,
secondo coma, n. 4 c.p.c., per cui deve ritenersi, in
particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato
prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si
trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del
fascicolo, purché nel ricorso si specifichi che il fascicolo è
stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b)
qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito,
dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è
prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte,
pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del
documento, ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 4, c. p.c., per

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mai contestato la sua proprietà di detta stanza.

il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di
legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo
produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non
prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della
sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 c.p.c.)

formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento
della possibilità di produrlo, mediante la produzione del
documento, previa individuazione e indicazione della
produzione stessa nell’ambito del ricorso (Cass., 25 marzo
2010, n. 7161).
Nella specie il ricorso non riporta né le conclusioni
della comparsa di costituzione e risposta in primo grado, né
le conclusioni formulate nell’atto di citazione in appello. E
comunque più che denunciare la pretesa violazione del
principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, la
ricorrente censura la correttezza nel merito della decisione
della sentenza impugnata.
3. Con il secondo motivo si denuncia «art. 360 n. 3
c.p.c. falsa e errata interpretazione dell’art. 1803 c.c. in
relazione all’oggetto della domanda ex art. 112 cpc.»
Assume la ricorrente che l’oggetto della controversia era
l’analisi del comodato e la richiesta pronuncia della
cessazione dello stesso, oltre all’esame dell’eccezione di

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oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e

controparte dell’avvenuta usucapione e/o acquisto della
proprietà mortis causa.
L’indagine sulla proprietà del bene, oltre ad essere
ultra petita è anche errata in quanto l’art. 1803 c.c. non
richiede, quale requisito sostanziale del comodato, la
proprietà del bene oggetto del contratto.
Il motivo è fondato.
Chiunque abbia la disponibilità di fatto di una cosa, in
base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può
validamente concederla in comodato ed è, in conseguenza,
legittimato a richiederne la restituzione, allorché il
rapporto venga a cessare. Pertanto, il comodante che agisca
per la restituzione della cosa nei confronti del comodatario
non deve provare il diritto di proprietà, avendo soltanto
l’onere di dimostrarne la consegna e il rifiuto di
restituzione, mentre spetta al convenuto dimostrare di
possedere un titolo diverso per il suo godimento (Cass., 5
settembre 2013, n. 20371).
L’impugnata sentenza non si è attenuta al suddetto
principio. Essa si fonda infatti sulla circostanza che Rosa
Baietta non ha provato di essere proprietaria della porzione
della stanza a nord, della quale chiede ai convenuti la
restituzione e sulla mancata dimostrazione che la sua dante
causa avesse, a sua volta, acquistato la proprietà.

lo

Il

:

L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento
del terzo e quarto motivo.
4. In conclusione, deve essere dichiarato inammissibile
il primo motivo; accolto il secondo, assorbiti gli altri, con
conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e con rinvio

anche per le spese del giudizio di cassazione, affinché si
attenga al principio di diritto indicato da questa Corte.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo; accoglie
il secondo, dichiara assorbiti gli altri, cassa l’impugnata
sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa
composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Roma, 13 aprile 2015

alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione,

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