Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14649 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14649 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: D’AMICO PAOLO

Data pubblicazione: 14/07/2015

SENTENZA

sul ricorso 11014-2012 proposto da:
UNIVERSITA’ STUDI ROMA LA SAPIENZA, in persona del
Magnifico Rettore pro tempore, prof. LUIGI FRATI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTEZEBIO 28
SC.A INT.6, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
BERNARD’, che la rappresenta e difende giusta procura
2015

a margine del ricorso;
– ricorrente –

885

contro

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE ROMA ;
– intimata –

1

v)f-

Nonché da:
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE ROMA, in persona del
Presidente legale rappresentante p.t. NICOLA
ZINGARETTI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IV
NOVEMBRE 119-A, presso lo studio dell’avvocato

unitamente all’avvocato GIOVANNA ALBANESE giusta
procura in calce al controricorso e ricorso
incidentale;
– ricorrente incidentale contro

UNIVERSITA’ STUDI ROMA LA SAPIENZA, in persona del
Magnifico Rettore pro tempore, prof. LUIGI FRATI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTEZEBIO 28
SC.A INT.6, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
BERNARDI, che la rappresenta e difende giusta procura
a margine del ricorso principale;
– controricorrente all’incidentale

avverso la sentenza n. 203/2012 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 13/01/2012 R.G.N. 6093/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/04/2015 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito l’Avvocato GIUSEPPE BERNARDI;
udito l’Avvocato MASSIMILIANO SIENI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

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MASSIMILIANO SIENI, che la rappresenta e difende

Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale in subordine

assorbimento dell’incidentale condizionato.

____________________.
3

VI

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Università degli Studi “La
Sapienza”, l’Amministrazione provinciale di Roma, quale
proprietaria di compendi immobiliari siti in Roma, già facenti
parte del patrimonio dell’O.N.M.I. e devoluti alla Provincia a

1. 23 dicembre 1975, n. 698, risultato vano ogni tentativo di
ritornare in possesso dei detti immobili allo scadere dei
contratti di comodato gratuito a suo tempo stipulati fra
l’O.N.M.I. e l’Università degli Studi, chiese la condanna di
quest’ultima al rilascio degli immobili, ormai da essa
detenuti senza titolo, nonché al pagamento dell’indennità di
occupazione, dalla scadenza dei contratti stessi (1993) al
rilascio, nella misura di £ 4.155.065.492, oltre accessori.
Si costituì l’Università eccependo il difetto di
giurisdizione, per essere il rapporto dedotto in giudizio di
tipo concessorio e non di natura privatistica, nonché
l’incompetenza per materia e per valore del giudice adito; nel
merito dedusse l’infondatezza della domanda e contestò il

quantum dell’indennità richiesta.
Il Tribunale accolse la domanda dichiarando cessati i
contratti di comodato e condannando l’Università al
risarcimento dei danni, per mancato godimento della cosa,
dalla data di cessazione del contratto fino alla domanda
(1997).

4

‘d,

seguito della soppressione dell’ente ed in virtù dell’art. 5

Avverso la relativa sentenza propose appello l’Università
deducendo: 1) difetto di giurisdizione; 2) difetto di
legittimazione passiva; 3) insussistenza del danno; 4) erronea
determinazione del quantum.
La Corte d’appello accolse l’appello e dichiarò il

competente quello amministrativo, ritenendo assorbiti gli
ulteriori motivi di gravame.
Avverso tale pronuncia propose ricorso per cassazione
l’Amministrazione provinciale. Con sentenza 15378/2009 questa
Corte accolse il ricorso dichiarando la Giurisdizione del
giudice ordinario e rinviando la causa ad altra sezione della
Corte d’appello di Roma, anche per la definizione delle spese.
Il giudizio fu riassunto dall’Amministrazione provinciale
dinanzi alla Corte d’appello di Roma. L’Università,
costituitasi in giudizio, ha riproposto i medesimi motivi già
in precedenza articolati.
La Corte di rinvio, pronunciando sull’appello contro la
sentenza 1736/2005 del Tribunale di Roma ha respinto l’appello
ritenendo che l’Università era il soggetto legittimato a stare
in giudizio e, sulla base di un accordo pregiudiziale, tenuto
a pagare l’occupazione

sino tutolo

all’amministrazione

provinciale di Roma.
La Corte di rinvio ha compensato fra le parti le spese
dei vari giudizi.

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difetto di giurisdizione del giudice ordinario per essere

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione
l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” con quattro
motivi.
Resiste con controricorso l’Amministrazione provinciale
di Roma che propone ricorso incidentale condizionato e

L’Università degli Studi di Roma La Sapienza resiste con
controricorso al ricorso incidentale condizionato proposto
dall’Amministrazione provinciale di Roma.
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
2.

Con il primo motivo del ricorso principale

l’Università denuncia «violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 2 d.l. 341/1999 convertito con legge 453 del
3.12.1999 (art. 360, n. 3, c.p.c.).»
Secondo l’Università, poiché ai sensi dell’art. 1 del
suddetto d.l. la neocostituita Azienda Policlinico Umberto I è
dotata di autonoma personalità giuridica di diritto pubblico e
dalla data di nomina del Direttore Generale dell’Azienda
Policlinico cessa l’omonima Azienda Universitaria, il rapporto
controverso farebbe capo all’Azienda Policlinico, essendo
ormai carente l’Università di legittimazione in ordine al
complesso dei rapporti ad essa precedentemente facenti capo e
nei quali sarebbe subentrata integralmente l’Azienda
Policlinico.

6

vJ

presenta memoria.

In altri termini ritiene l’Università che, in base alla
1. 453/1999, i debiti non gravano su di essa ma sul
commissario liquidatore incaricato della Gestione Liquidatoria
dei debiti contratti dall’Azienda Universitaria estinta.
Il soggetto legittimato a stare in giudizio non sarebbe

Il motivo è infondato.
La specifica questione della legittimazione passiva
dell’Università la Sapienza è stata risolta dalle Sezioni
unite di questa Corte con sentenza n. 584 del 2008. Secondo
tale decisione il d.l. l ottobre 1999, n. 341, ha costituito
l’Azienda Policlinico Umberto I quale ente dotato di
personalità giuridica di diritto pubblico, precisando che
detto ente succede “all’omonima azienda universitaria nei
rapporti in corso relativi alla gestione dell’assistenza
sanitaria con utenti, autorità competenti e altre
amministrazioni, nei contratti in corso per la costruzione di
strutture destinate ad attività assistenziali, nonché nei
contratti in corso per la fornitura di beni o servizi
destinati all’assistenza sanitaria” (art. l).
La successione in tali termini disposta non è stata,
pertanto, a carattere universale e non ha quindi avuto alcuna
incidenza sui processi pendenti che, conseguentemente,
proseguono tra le parti originarie (art. 111 c.p.c., comma 1).

7

pertanto l’Università, bensì il commissario liquidatore.

Secondo quanto originariamente stabilito dal d.lgs. 30
dicembre 1992, n. 502, i “policlinici universitari”
costituivano aziende dell’Università dotate di autonomia
organizzativa, gestionale e contabile, ma prive di personalità
giuridica, a meno che non fossero costituite in “azienda con

primo e dal terzo comma dello stesso articolo. Tale duplicità
di regime è stata mantenuta anche nel nuovo testo dell’art. 4
del d.lgs. 502 del 1992, introdotto dall’art. 4 del d.lgs. 19
giugno 1999, n. 229. La costituzione in ente avente
personalità giuridica di diritto pubblico dell’azienda
universitaria Policlinico Umberto I è stata effettuata, per la
prima volta, con il d.l. n. 341 del 1999. É quindi evidente
che, in precedenza, i rapporti derivanti dall’utilizzazione di
tale struttura sanitaria potevano essere legittimamente
riferiti all’Università “La Sapienza” di Roma della quale il
Policlinico costituiva parte integrante, ancorché dotato di
“autonomia organizzativa, gestionale e contabile” (Cass., 26
marzo 2003, n. 4456). Ne discende che il processo nei
confronti dell’Università La Sapienza deve continuare nei
confronti della stessa, anche a seguito dell’entrata in vigore
del d.l. n. 341 del 1999 (Cass., 16 novembre 2010, n. 23098).
Nel caso in esame la causa fu iniziata con ricorso
depositato il 21 novembre 1997 dall’Amministrazione
provinciale di Roma, quindi prima dell’entrata in vigore della

8

personalità giuridica pubblica”, giusta quanto previsto dal

1. 453/1999. Ne deriva che la causa avrebbe dovuto proseguire
con il soggetto già convenuto in giudizio. Pertanto la Corte
d’appello

correttamente

ha

ritenuto

perdurante

legittimazione passiva dell’Università degli
Sapienza,

studi

la
La

con riferimento alla domanda di pagamento

3. Con il secondo motivo si denuncia “violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 324, 345, 346 c.p.c. (art. 360,
n. 3, c.p.c.)”.
Sostiene la ricorrente Università che i giudici di merito
non potevano dichiarare inammissibile la sua censura relativa
alla mancanza di valida disdetta dei contratti di comodato,
perché nuova e tardiva.
La ricorrente Università sostiene di aver tempestivamente
sollevato la questione relativa alla mancata disdetta dei
contratti di comodato sin dal primo atto difensivo e cioè
nella memoria di costituzione depositata il 14 novembre 1998,
nell’ambito del giudizio instaurato dinanzi alla Pretura di
Roma; anche nel ricorso d’appello l’Università aveva
espressamente richiamato tutte le difese e le eccezioni già
proposte, specificando chenessuna doveva intendersi
abbandonata.
Il motivo è infondato.
Dalla lettura dell’atto di appello trascritto in ricorso
si

avvalora la fondatezza della statuizione della sentenza

9

rJ

dell’indennità di occupazione sine titulo.

impugnata in ordine alla novità della questione sollevata sul
tema della mancanza di valida disdetta che non era stata
oggetto di originario atto di appello e che era pertanto
passata in giudicato.

4. Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia «omessa,

controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5
c.p.e.).»
La ricorrente sostiene la contraddittorietà e illogicità
della sentenza della C.A. che, da un lato, non ha condiviso la
decisione del Tribunale che ha ritenuto sussistente il danno
in re ipsa,

per il mancato godimento della cosa; dall’altro,

ha tuttavia concluso per la condanna dell’Università in favore
della provincia, alla luce della condotta delle parti nella
fase antecedente alla instaurazione della lite che consente di
ritenere adeguatamente dimostrata la realizzazione di un
pregiudizio economico.
Sostiene la ricorrente che gli immobili in questione
hanno in astratto un valore locativo e che la stessa
ricorrente Università ne ha tratto un vantaggio, ma questo non
è sufficiente per fondare una condanna al risarcimento del
danno, in relazione alla quale sarebbe stata necessaria la
prova, da parte della provincia, di aver effettivamente perso,
a causa del protrarsi dell’occupazione, una specifica somma

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insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto

per canoni di locazione stipulata con terzi, pari al predetto
valore locativo.
Il motivo è infondato.
Il ricorso per cassazione conferisce al giudice di
legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera

profilo della correttezza giuridica e della coerenza logicoformale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al
quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le
del

fonti

proprio

convincimento,

di

controllarne

l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le
complessive

risultanze

del

processo,

quelle

ritenute

maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad
essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o
all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi
tassativamente previsti dalla legge (Cass., 16 dicembre 2011,
n. 27197).
L’impugnata sentenza, con motivazione congrua e corretta
sotto il profilo logico giuridico ha ritenuto sussistere un
accordo pregiudiziale circa le superfici occupate e il prezzo
da corrispondere, valutando a tal fine i documenti depositati
nel fascicolo di primo grado dall’Amministrazione provinciale
che attestano che i tecnici della medesima Amministrazione e
dell’Università La Sapienza effettuarono contestualmente
svariati

sopralluoghi

quali

dei

vennero

redatti

in

11

t

vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il

contraddittorio i relativi verbali, pervenendo alla concorde
pattuizione di un canone da corrispondersi in luogo della
gratuità.
5. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia «omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto

c.p.c.).»
Ritiene la ricorrente che la sentenza impugnata è
illegittima nella parte in cui ha rigettato il motivo di
gravame relativo alla inattendibilità della c.t.u.
In particolare la ricorrente critica la pronuncia della
Corte territoriale per avere aderito alla c.t.u., da lei
ritenuta erronea, inadeguata e fondata su parametri arbitrari
e non attendibili.
Il motivo è infondato.
Non si può infatti rimproverare al giudice di merito,
come fa parte ricorrente, di non aver operato valutazioni e
raggiunto convincimenti autonomi sugli accertamenti effettuati
dal consulente tecnico d’ufficio e di aver recepito le
argomentazioni sviluppate e le conclusioni rassegnate da
quest’ultimo, disattendendo quelle di parte.
Nella valutazione della consulenza tecnica d’ufficio,
espletata in materia che richieda elevate cognizioni
specifiche, è rimesso al prudente apprezzamento del giudice di
merito, incensurabile in sede di legittimità, recepire le

12

controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5

argomentazioni dell’esperto nominato dall’ufficio, assistite
da presunzione d’imparzialità, astenendosi da considerazioni
personali sulle contrapposte argomentazioni del consulente di
parte, meno attendibili perché influenzate dall’esigenza di
sostenere le ragioni del preponente (Cass., 18 dicembre 2012,

Nel caso in esame l’impugnata sentenza, con una
motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici, ha
ritenuto che la valutazione peritale ha tenuto conto della
diminuzione del valore locatizio derivante dalle specifiche
destinazioni urbanistiche e del valore delle costruzioni
attuate dall’Università.
Detta sentenza ha ritenuto, in particolare, che il valore
locativo individuato risulta frutto di una prudente ed
accurata mediazione tra i valori di mercato e la destinazione
specifica degli immobili, fondandosi su parametri valutativi
adottati dalle stesse parti nel corso delle intese poi
abbandonate.
L’adesione alla c.t.u. da parte della Corte d’appello non
comporta che il giudice debba motivare la relativa scelta; e
comunque la ricorrente riporta esclusivamente la sua c.t.p.
senza specificare gli eventuali errori commessi dal c.t.u.
Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento
del ricorso incidentale condizionato della Amministrazione
provinciale di Roma.

13

n. 23362).

In conclusione, riuniti i ricorsi, deve essere rigettato
il ricorso principale, assorbito l’incidentale condizionato
con compensazione della metà delle spese del giudizio e
condanna dell’Università degli studi di Roma La Sapienza al
pagamento della restante metà a favore dell’Amministrazione

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso
principale, assorbito l’incidentale condizionato; compensa tra
le parti, per la metà, le spese del giudizio di cassazione e
condanna per la restante metà l’Università degli studi di Roma
La Sapienza, in favore dell’Amministrazione provinciale di
Roma, al pagamento di E 5.200,00, di cui C 200,00 per esborsi,
oltre spese generali ed accessori di legge.
Roma, 14 marzo 2015

provinciale di Roma che si liquida come in dispositivo.

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