Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14649 del 04/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 04/07/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 04/07/2011), n.14649

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15233/2010 proposto da:

C.A. (OMISSIS), V.I.

(OMISSIS), D.C.M. (OMISSIS), D.C.

T. (OMISSIS), D.C.G. (OMISSIS),

C.N. (OMISSIS), C.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUCULLO 3,

presso lo studio dell’avvocato ZAMPONE Augusto, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

e contro

ITALIANA PER CONDOTTE D’ACQUA SPA (OMISSIS);

– intimati –

nonchè da:

ITALIANA PER CONDOTTE D’ACQUA SPA (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ARCHIMEDE 97, presso lo studio dell’avvocato

DE’ MEDICI LEOPOLDO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PETRELLA FRANCESCO;

– ricorrenti incidentali –

contro

C.N. (OMISSIS), D.C.T.

(OMISSIS), C.M. (OMISSIS), V.

I. (OMISSIS), D.C.G.

(OMISSIS), C.A. (OMISSIS), D.C.

M. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

LUCULLO 3 (C/O STUDIO ADRAGNA), presso lo studio dell’avvocato

ZAMPONE AUGUSTO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1182/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/05/2011 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente:

C. e D.C. hanno chiesto la condanna della Società Italiana per Condotte d’Acqua al risarcimento del danno per l’occupazione di propri fondi, protrattasi dopo la scadenza del contratto di locazione.

Con sentenza depositata in data 12 aprile 2010 la Corte d’Appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha rigettato le domande degli attori.

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c..

3. Il primo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 158, 276, 174, 435 e 437 c.p.c., art. 79 disp. att. c.p.c., nonchè del principio della immodificabilità del Collegio, per essere stata la sentenza emessa da Collegio in composizione diversa e relatore diverso da quello innanzi a cui si era svolta la discussione. I ricorrenti assumono che, come risulta dai verbali di causa, in sede di discussione all’udienza dell’1 aprile 2010 il Collegio era composto da B.R., presidente, A.F.F.S., relatore ed V.E., mentre dal verbale del dispositivo della sentenza e dal testo integrale della medesima risulta la seguente composizione: B.R., presidente, A.F.F.S. e B.P., relatrice.

Dall’esame degli atti, cui la Corte può accedere e che, comunque, sono stati prodotti in copia autentica, risulta quanto segue:

l’udienza del 28 gennaio 2010 è stata celebrata avanti al seguente collegio: A.F.F.S., presidente, V. E. e B.P.. In tale udienza il presidente ha sostituito come relatore a se stesso la B.. Essendosi la Corte riservata, la conseguente ordinanza veniva pronunciata dal collegio, così composto: A.F.F.S., presidente, V.E. e B.P. relatrice. Alla successiva udienza del 1 aprile 2010 il collegio risulta composto da:

B.R., presidente, A.F.F. S., relatore ed V.E., mentre il verbale del dispositivo, stilato lo stesso giorno, attesta questa composizione:

B.R., presidente, A.F.F. S., B.P. e la sentenza reca la medesima intestazione con la ulteriore indicazione della B. come relatrice.

Da quanto sopra risulta un contrasto tra il verbale di udienza, da un lato e quello del dispositivo redatto nello stesso giorno (trattandosi di rito del lavoro la causa è stata decisa subito dopo la discussione e poi è stato letto il dispositivo) e l’intestazione della sentenza, dall’altro.

In atti vi è un ulteriore documento, costituito da un’istanza del procuratore della resistente, che chiede al collegio di attestare:

che erroneamente nel verbale di udienza 1 aprile 2010 era stato indicato un collegio in composizione diversa da quello avanti al quale era stata discussa la causa, che la B. era presente in udienza ed era relatrice della causa e che la medesima aveva scritto di proprio pugno il dispositivo. In calce all’istanza vi è la dicitura” V. si conferma quanto dedotto” con la data (16.6.10) e la sottoscrizione di presidente e relatrice.

Da tutto quanto sopra si evince che, per mero errore materiale, è stato erroneamente compilato il verbale di udienza, ma che la sentenza è stata pronunciata dal medesimo collegio avanti al quale era stata discussa la causa ed è stata stesa dal magistrato che in quell’udienza aveva svolto le funzioni di relatore.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli arti 1216, 1209, 1220, 1590 e 1591 c.c.; art. 116 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia per aver la Corte di merito ritenuto ingiustificata da parte dei concedenti il rifiuto delle riconsegna degli immobili oggetto della locazione e quindi liberata dalla mora la società locataria.

La censura di violazione e falsa applicazione delle numerose norme di diritto è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, poichè i ricorrenti non hanno provato che la Corte territoriale abbia deciso le questioni di diritto in modo difforme dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Quanto la vizio di motivazione si ribadisce che la contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la “ratio decidendo” che sorregge il “decisum” adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorchè dalla lettura della sentenza non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice (Cass. n. 8106 del 2006), mentre il difetto di insufficienza della motivazione è configurabile soltanto quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poichè, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione; in ogni caso, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. n. 2272 del 2007).

I ricorrenti non dimostrano che il tessuto motivazionale della sentenza impugnata presenti omissioni decisive o contraddittorietà intrinseche evidenti. Il contenuto decisionale può essere o meno condiviso, ma la Corte territoriale ha chiarito congruamente le ragioni della propria decisione.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente illogica e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, per aver la Corte di merito ritenuta la condanna ai danni, pronunciata dal giudice di primo grado, affetta da vizio di ultrapetizione.

La violazione dell’art. 112 c.p.c., deve essere denunciata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, e non, come fatto dai ricorrenti, del precedente n. 3.

Il tema trattato attiene all’interpretazione della domanda e le argomentazioni addotte peccano di genericità.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

I ricorrenti hanno presentato memoria; entrambe le parti hanno chiesto d’essere ascoltate in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dai ricorrenti con la memoria non sono condivisibili e non inducono a diversa statuizione per le ragioni in seguito esposte;

5.- Ritenuto:

che, in esito alla discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; in particolare ha osservato: a) la questione di legittimità costituzionale degli artt. 51 e 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 111 Cost. è manifestamente infondata; la stessa parte ricorrente riconosce che essa è già stata sollevata e respinta da questa Corte e le argomentazioni addotte non inducono ad un ripensamento; è opportuno ribadire che la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., non ha efficacia decisoria è non può essere considerata come una sorta di anticipazione del giudizio da parte del relatore, ma solo un’ipotesi su cui argomentare; non induce a diversa statuizione l’eventuale ampiezza della relazione che, anzi, si risolve in un vantaggio per la difesa delle parti, rendendo più agevole l’esercizio del diritto di difesa; la decisione spetta comunque al collegio, che procede all’esame del ricorso dopo avere letto le conclusioni del Pubblico Ministero, le memorie delle parti e ascoltato le medesime in camera di consiglio, con le loro eventuali critiche ai contenuti della relazione; b) è vero che il verbale di udienza fa fede sino a querela di falso, ma ciò non significa che non possa essere emendato di eventuali errori materiali; c) il secondo e il terzo motivo implicano valutazioni e apprezzamenti riservati al giudice di merito; visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale condizionato.

Condanna i ricorrenti principali al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 19 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2011

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