Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14646 del 04/07/2011

Cassazione civile sez. II, 04/07/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 04/07/2011), n.14646

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.B.M., elettivamente domiciliato in Roma, via Ciro

Menotti n. 24, presso lo studio dell’Avvocato PETTINELLI Massimo, dal

quale è rappresentato e difeso per procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Re di

Roma n. 21, presso lo studio dell’Avvocato FIUMARA Angelo, dal quale

è rappresentato e difeso per procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e

S.M.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3848 del 2008,

depositata il 2 ottobre 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3

maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per il contro ricorrente, l’Avvocato Angelo Fiumara;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, il quale ha concluso in senso conforme alla

relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che M.A. ha convenuto in giudizio D.B. M. e S.M. proponendo appello avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Roma aveva respinto la sua domanda volta ad ottenere la riduzione del prezzo di un’autovettura che, dopo l’acquisto, aveva presentato gravi vizi del telaio;

che il D.B. è rimasto contumace, mentre si è costituito il S. eccependo preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva;

che la Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 2 ottobre 2008, ha respinto l’appello nei confronti del S., del quale ha accolto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva; ha condannato il D.B. a pagare al M. la somma di Euro 3.383,93, con interessi legali dalla domanda; ha regolato le spese del doppio grado di giudizio;

che D.B.M. ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza sulla base di un motivo, cui ha resistito, con controricorso, M.A., mentre non ha svolto attività difensiva S.M.;

che, con l’unico motivo di ricorso, il D.B. deduce nullità della sentenza e del procedimento per violazione del contraddittorio;

omessa verifica della costituzione del giudizio di appello;

che il ricorrente assume che solo in occasione della notifica della sentenza della Corte d’appello, avvenuta il 7 dicembre 2009, ha avuto conoscenza del fatto che la sentenza del Tribunale di Roma era stata impugnata dal M.;

che il ricorrente sostiene, infatti, che la Corte d’appello non avrebbe verificato la regolarità della notificazione dell’atto di appello e avrebbe omesso di dichiarare la sua contumacia all’udienza di comparizione del 10 febbraio 2003, con conseguente nullità dell’ordinanza di rinvio adottata alla detta udienza e di tutti gli ulteriori provvedimenti adottati nel corso del giudizio di appello, ivi compresa la sentenza impugnata, per violazione del principio del contraddittorio;

che, ravvisate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., ai sensi di tale norma è stata redatta la prevista relazione, depositata il 2 marzo 2011, che è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato ha formulato proposta di decisione nel senso della inammissibilità del ricorso, sulla base delle seguenti ragioni:

“(…) Il ricorso è inammissibile.

Dall’esame del fascicolo d’ufficio emerge, infatti, che l’atto di appello è stato notificato al D.B. nel domicilio eletto presso il difensore del giudizio di primo grado il 4 ottobre 2002. Ne consegue che il giudizio si è regolarmente svolto nella contumacia dell’appellato, ancorchè questa non sia stata espressamente dichiarata (ma nella intestazione della sentenza impugnata l’appellato è definito contumace). La sentenza che ha definito il giudizio di appello è stata depositata il 2 ottobre 2008, sicchè il ricorso, non trovando applicazione l’invocata disposizione di cui all’art. 327 cod. proc. civ., comma 2, avrebbe dovuto essere proposto entro un anno e 46 giorni dalla data indicata. Il che, nella specie, non è avvenuto, poichè il ricorso è stato consegnato per la notifica il 30 dicembre 2009 e quindi oltre il detto termine.

Trova quindi applicazione il principio secondo cui perchè il contumace possa evitare la decadenza dal diritto di proporre impugnazione per decorso del termine annuale, non è sufficiente, ai sensi dell’art. 327 cod. proc. civ., comma 2, la sola nullità della notificazione, ma occorre anche la prova della mancata conoscenza del processo a causa di tale nullità, prova che spetta al contumace fornire e che può essere data anche tramite il ricorso a presunzioni (Cass., n. 19225 del 2007).

Nel caso di specie, il ricorrente si è limitato, infondatamente, a dedurre la nullità del giudizio di appello per omessa instaurazione del contraddittorio nei suoi confronti (recte: per omessa verifica, da parte della Corte d’appello, della corretta instaurazione del contraddittorio), ma non ha dedotto che la citazione in appello fosse nulla, e non ha quindi offerto la prova di non avere avuto conoscenza del processo di appello per effetto di nullità della notificazione della citazione.

In conclusione, il ricorso è inammissibile per tardivita. Restano assorbite le ulteriori eccezioni proposte dal controricorrente.

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”;

che il Collegio condivide la proposta di decisione ora richiamata, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta, avendo soltanto il controricorrente M.A. depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ., comma 3, insistendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, mentre non vi è luogo a provvedere sulla regolamentazione delle spese nei confronti dell’intimato S. M., non avendo lo stesso svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore del controricorrente, in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 700,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2011

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