Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14645 del 14/07/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14645 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO

Valutazione

SENTENZA

equitativa Condizioni –

sul ricorso 6203-2012 proposto da:
SPINA

SALVATORE

Limiti –

SPNSUT72T71I452P,

Danno

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 70, presso lo

patrimoniale
futuro Valutazione

studio dell’avvocato MAURIZIO MASSATANI, che lo

equítativa Necessità –

rappresenta e difende giusta procura a margine del

Fondamento Liquidazione

f9

ricorso;

meramente
“simbolica”

– ricorrente –

2015

Ammissibilità

contro

720

– Esclusione

LIGURIA ASSICURAZIONI
procuratore

speciale

SPA ,
dott.

in persona del
PIERLUIGI

GATTI,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. SERPIERI 8,

Valutazione
“congrua”
Necessità Criteri di
valutazione

1

Data pubblicazione: 14/07/2015

presso

lo

studio

dell’avvocato

GAETANO

BUSCEMI,

Motivazione

e

difesa

dagli

avvocati

– Necessità

GABRIELE

POLIZZI, PAOLOALBERTO POLIZZI giusta procura i calceR.G.N.

6203/2012

cron.1464 5

al controricorso;
– controricorrente

Rep.

Ud. 18/03/2015

nonchè contro

PU

PALLA GUSTAVO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 77/2011 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 13/01/2011 R.G.N. 2705/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/03/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI
ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato MAURIZIO MASSATANI;
udito l’Avvocato GAETANO BUSCEMI per delega orale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per raccoglimento del ricorso p.q.r.

2

rappresentata

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 13/1/2011 la Corte d’Appello di Milano,
quale giudice del rinvio disposto da Cass. n. 28399 del 2008,
ha liquidato il danno patrimoniale e quello futuro da
incapacità lavorativa subito dal sig. Salvatore Spina

avvenuto il 28/3/1994, quando era militare volontario in
regime di ferma prolungata nella Marina militare e si trovava
alla guida di un autocarro di quest’ultima.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito lo
Spina propone ora ricorso per cassazione affidato a 3 motivi.
Resiste con controricorso la compagnia Liguria Società di
Assicurazioni s.p.a.
L’altro intimato non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il l ° motivo il ricorrente denunzia <>, con eliminazione delle
<> e delle <> ( cfr.
in tali termini Cass., 7/6/2011, n. 12408 ).
I criteri da adottarsi al riguardo, la cui scelta ed
adozione è rimessa alla prudente discrezionalità del giudice,

6

n. 12613. E già Cass., 6/10/1972, n. 2904) di prova nel suo

devono essere idonei a consentire di addivenire ad una
liquidazione che sia equa e

congrua.

Per essere equa, la quantificazione del danno deve essere
adeguata e proporzionata ( v.

Cass., 7/6/2011, n. 12408 ), in

considerazione di tutte le circostanze concrete del caso
effettivamente

subito dal danneggiato, a tale stregua pertanto del pari
aliena da duplicazioni risarcitorie ( v. Cass., 13/5/2011, n.
10527; Cass., 6/4/2011, n. 7844 ), in ossequio al principio
per il quale il danneggiante e il debitore sono tenuti al
ristoro solamente dei danni arrecati con il fatto illecito o
l’inadempimento ad essi causalmente ascrivibile ( v. Cass.,
13/5/2011, n. 10527; Cass., 6/4/2011, n. 7844. E, da ultimo,
Cass., 23/1/2014, n. 1361 ).
Il danno, sia patrimoniale che non patrimoniale, non può
comunque essere liquidato in termini puramente simbolici o
irrisori o comunque non correlati all’effettiva natura o
entità del danno ( v. Cass., 12/5/2006, n. 11039; Cass.,
11/1/2007, n. 392; Cass., 11/1/2007, n. 394 ), ma deve essere
congruo ( v., da ultimo, Cass., 12/6/2015, n. 12211 ).
Per essere
ristoro

congrua,

sia sul piano dell’effettività

del

del pregiudizio che di quello della relativa

perequazione -nel rispetto delle diversità proprie dei singoli
casi concreti- sul territorio nazionale, la quantificazione
del ristoro deve tendere, in considerazione della
particolarità del caso concreto e della reale entità del

7

specifico, al fine di ristorare il pregiudizio

danno, alla maggiore approssimazione possibile all’integrale
risarcimento ( cfr., da ultimo, con riferimento al danno non
patrimoniale, Cass., 23/1/2014, n. 1361 ).
La quantificazione di un ammontare che si prospetti

non

congruo rispetto al caso concreto, in quanto irragionevole e
per difetto o per eccesso v. Cass.,

31/8/2011, n. 17879 ), e pertanto sotto tale profilo
integrale,

non

depone allora per ciò stesso nel senso

dell’adozione di un sistema di quantificazione inidoneo a
consentire al giudice di pervenire ad una valutazione
informata ad equità, legittimando i dubbi in ordine alla sua
legittimità ( v., da ultimo, Cass., 20/5/2015, n. 10263 ).
Così come per il danno non patrimoniale (con riferimento
al quale cfr., da ultimo, Cass., 23/4/2013, n. 9770; Cass.,
17/4/2013, n. 9231; Cass., 7/6/2011, n. 12273; Cass.,
9/5/2011, n. 10108), anche per il danno patrimoniale, attesa
la diversità ontologica degli aspetti (o voci ) di cui (anche)
tale categoria generale come detto si compendia, è necessario
che essi, in quanto sussistenti e provati, vengano tutti
risarciti, e nessuno sia lasciato privo di ristoro ( cfr., da
ultimo, Cass., 12/6/2015, n. 12211 ).
Nel liquidare l’ammontare dovuto a titolo di danno
patrimoniale il giudice deve allora garantire che risulti
sostanzialmente osservato il principio dell’integralità del
ristoro nei suesposti termini, sia sotto il profilo della
necessaria considerazione di tutti gli aspetti o voci in cui

8

sproporzionato

la categoria del danno patrimoniale si scandisce nel singolo
caso concreto ( v., da ultimo, Cass., 12/6/2015, n. 12211 )
sia avuto riguardo alla congruità della relativa
quantificazione.
Nella giurisprudenza di legittimità si è sottolineato che

danneggiato/creditore non si pone invero in termini antitetici
bensì trova correlazione con il principio in base al quale il
danneggiante/debitore è tenuto al ristoro solamente dei danni
arrecati con il fatto illecito o l’inadempimento a lui
causalmente ascrivibile, l’esigenza della cui tutela impone
anche di evitarsi duplicazioni risarcitorie ( cfr., con
riferimento al danno non patrimoniale, Cass., 30/6/2011, n.
14402; Cass., 14/9/2010, n. 19517 ), che si configurano (solo)
allorquando lo stesso aspetto (o voce) viene computato due o
più volte, sulla base di diverse, meramente formali,
denominazioni, laddove non sussistono in presenza della
liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi
causalmente derivanti dal fatto illecito o dall’inadempimento
e incidenti sulla persona del danneggiato/creditore.
Duplicazioni risarcitorie pertanto non sussistono in
presenza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti
negativi causalmente derivanti dal fatto illecito o
dall’inadempimento e incidenti sulla persona del
danneggiato/creditore

(con

riferimento

9

al

danno

non

il principio della integralità del ristoro subito dal

patrimoniale cfr. Cass., 30/6/2011, n. 14402; Cass., 6/4/2011,
n. 7844).
E’ invero compito del giudice accertare l’effettiva
consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome
attribuitogli, provvedendo al relativo integrale ristoro (v.

26972).
In ordine alla quantificazione di tale danno, va esclusa
la possibilità di applicarsi in modo “puro” parametri
rigidamente fissati in astratto, giacché non essendo in tal
caso consentito discostarsene, risulta garantita la
prevedibilità delle decisioni ma assicurata invero una
uguaglianza meramente formale, e non già sostanziale ( cfr.,
con riferimento al danno non patrimoniale, Cass., 23/1/2014,
n. 1361 ).
Del pari inidonea è una valutazione rimessa alla mera
intuizione soggettiva del giudice, e quindi, in assenza di
qualsiasi criterio generale valido per tutti i danneggiati a
parità di lesioni, sostanzialmente al suo mero arbitrio (cfr.,
con riferimento al danno non patrimoniale, Cass., 23/1/2014,
n. 1361).
Se una siffatta valutazione vale a teoricamente
assicurare un’adeguata personalizzazione del risarcimento, non
altrettanto può infatti dirsi circa la parità di trattamento e
la prevedibilità della decisione ( cfr., con riferimento al
danno non patrimoniale, Cass., 7/6/2011, n. 12408 ).

10

Cass., 13/5/2011, n. 10527; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n.

Com’è noto, in tema di risarcimento del danno non
patrimoniale da sinistro stradale valida soluzione si è
ravvisata essere invero quella costituita dal sistema delle
tabelle ( v. Cass., 7/6/2011, n. 12408; Cass., Sez. Un.,
11/11/2008, n. 26972. V. altresì Cass., 13/5/2011, n. 10527 ).

strumento idoneo a consentire al giudice di dare attuazione
alla clausola generale posta all’art. 1226 c.c. ( v. Cass.,
19/5/1999, n. 4852 ).
Tale sistema costituisce peraltro solo una modalità di
calcolo tra le molteplici utilizzabili.
Fondamentale è che, qualunque sia il sistema di
quantificazione prescelto, esso si prospetti idoneo a
consentire di pervenire ad una valutazione informata ad
equità.
Essendo la liquidazione equitativa del quantum dovuto per
il ristoro del danno, sia patrimoniale che non patrimoniale,
inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di
approssimazione, è altresì da escludersi che l’attività di
quantificazione del danno sia di per sé soggetta a controllo
in sede di legittimità, se non sotto l’esclusivo profilo del
vizio di motivazione, in presenza di totale mancanza di
giustificazione sorreggente la statuizione o di macroscopico
scostamento da dati di comune esperienza o di radicale
contraddittorietà delle argomentazioni (cfr., da ultimo,

11

Le tabelle, siano esse giudiziali o normative, sono uno

Cass., 7/6/2011, n. 12408; Casa., 19/5/2010, n. 12918; Cass.,
26/1/2010, n. 1529).
Il giudice è allora tenuto a dare conto dell’esercizio
dei propri poteri discrezionali, e, perché la liquidazione
equitativa non risulti arbitraria, è necessario che spieghi le

indicando i criteri assunti a base del procedimento valutativo
adottato ( v. Cass., 20/5/2015, n. 10263; Cass., 30/5/2014, n.
12265; Cass., 19/2/2013, n. 4047. E già Casa., 4/5/1989, n.
2074; Cass., 13/5/1983, n. 3273 ), al fine di consentire il
controllo di relativa logicità, coerenza e congruità.
Incongrua

è pertanto la motivazione che non dia conto

delle ragioni della preferenza assegnata ad una
quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso
concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella che
«l’ambiente sociale accetta come compensazione equa» (così,
da ultimo, Cass., 20/5/2015, n. 10263).
Orbene, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza
invero disatteso i suindicati principi.
In particolare là dove è pervenuta ad apoditticamente
liquidare in euro 5.000,00 il danno patrimoniale futuro subito
dall’odierno ricorrente, senza motivare in ordine alle base di
calcolo utilizzata e limitandosi ad affermare che <>.

riguardo “valorizzare” la circostanza dell’essersi
<> allo scopo
di pervenire a comprimere entro <>, in quanto <>.
Con il 3° motivo il ricorrente denunzia violazione degli
artt. 345, 394 c.p.c., in relazione all’art. 360, 1 0 co. nn.

13

Ancora, nella parte in cui ha sostenuto di dover al

3, 4, 5 c.p.c.; nonché violazione dell’art. 112 c.p.c, in
relazione all’art. 360, l ° co. n. 4, c.p.c.
Si duole che la corte di merito, presa correttamente in
considerazione la data del fatto quale momento iniziale ai
fini della liquidazione del danno, abbia erroneamente fatto

considerarsi, alla data della sentenza annullata da Cass. n.
28399 del 2008 anziché «alla data di deposito ovvero di
pubblicazione della sentenza che definiva il procedimento di
rinvio>>.
Il motivo è infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di osservare, a norma
degli artt. 1223 e 2056 c.c. il risarcimento deve essere tale
da coprire per intero il pregiudizio economico subito dal
danneggiato in seguito all’atto illecito altrui, tenuto conto
di tutti i fattori eventualmente sopravvenuti durante il corso
del giudizio sino alla decisione finale, comportanti un
aggravio ovvero una riduzione del danno originario. Pertanto,
trattandosi di danno derivante dalla perdita di un determinato
bene, non si può aprioristicamente considerare il conseguente
pregiudizio economico come coperto per intero da una somma
pari al valore del bene medesimo in un dato momento, integrato
dell’entità della svalutazione monetaria sopravvenuta sino
alla liquidazione finale, per la inidoneità di questo criterio
a determinare il valore del bene colpito dall’evento dannoso,
ma e necessario -al fine di una completa reintegrazione della

14

riferimento, quale «momento finale>> dell’arco temporale da

sfera patrimoniale lesa dall’atto illecito- tenere presente il
valore del bene al momento della liquidazione del danno ( v.
Cass., 17/9/1980, n. 5280 ).
Si è al riguardo ulteriormente precisato che l’ammontare
del danno, trattandosi di debito di valore, deve essere

della pronunzia (v. Cass., 15/11/2006, n. 24301. E già Cass.,
30/1/1987, n. 907), dovendo rappresentare l’equivalente del
pregiudizio effettivamente subito (cfr. Cass., 3/8/2010, n.
18028).
Oltre a trovare fondamento nella distinzione tra dannoevento e danno-conseguenza, e nella regola in base alla quale
soltanto questi ultimi sono risarcibili ( v. Cass., Sez. Un.,
11/11/2008, n. 26972 ), particolare espressione di tale
principio è allora la regola secondo cui in tema di
risarcimento del danno come nella specie non soggetto al
principio nominalistico il giudice d’appello è tenuto ad
adeguare la somma liquidata in primo grado ritenuta congrua
(ovvero non contestata) in ordine al suo ammontare ( cfr.
Cass., 3/8/2010, n. 18028. Con riferimento alla sopravvenuta
svalutazione monetaria cfr. Cass., 30/1/1987, n. 907, ove si è
affermato che in tal caso il giudice deve operare anche
indipendentemente da qualsiasi richiesta di parte al riguardo,
salvo inequivoca rinunzia della parte interessata ).

15

liquidato con riferimento al valore della moneta al momento

Trattandosi come nella specie di giudizio di rinvio, è
pertanto alla data della relativa pronunzia che deve farsi
riferimento.
Orbene,

dove

liquidato,

ha

giusta

criterio

dall’odierno ricorrente non censurato, il danno patrimoniale

1995 al 31 dicembre 1996, con rivalutazione «fino al saldo>>
e interessi sulla somma rivalutata «fino al saldo>> di tale
principio la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto
invero sostanzialmente corretta applicazione, e nella così
operata quantificazione, il riferimento dedotto dal ricorso
«all’E1 gennaio 2006>> non risulta avere al riguardo assunto
rilievo alcuno.
Alla stregua di quanto sopra rilevato ed esposto,
rigettato il 3 0 motivo e accolti il l ° e il 2 ° motivo nei
suindicati termini e limiti, dell’impugnata sentenza s’impone
dunque la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte
d’Appello di Milano, che in diversa composizione procederà a
nuovo esame, facendo applicazione dei seguenti principi:
– Il danno patrimoniale si scandisce in danno emergente
lucro cessante,

e

e ciascuna di queste “categorie” o

“sottocategorie” è a sua volta compendiata da una pluralità di
voci o aspetti o sintagmi.

Pur dovendo il ristoro del danno patrimoniale

normalmente corrispondere alla relativa esatta commisurazione,
del danno patrimoniale futuro la valutazione non può essere

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da «reddito perduto per il mancato impiego» dal l ° dicembre

che equitativa, la quale attiene alla quantificazione

e non

già all’individuazione del danno e deve essere condotta con
prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze
del caso concreto.
– I criteri di valutazione

equitativa,

la cui scelta e

devono essere idonei a consentire di addivenire ad una
liquidazione equa, e cioè congrua, adeguata e proporzionata;
– La liquidazione equitativa deve rispondere ai principi
della ( tendenziale ) integralità del ristoro, e pertanto:
a) non deve essere puramente simbolica o irrisoria o
comunque non correlata all’effettiva natura o entità del
danno ma tendere, in considerazione della particolarità del
caso concreto e della reale entità del danno, alla maggiore
approssimazione possibile all’integrale risarcimento;
b) deve concernere tutti gli aspetti ( o voci ) di
danno emergente e di lucro cessante di cui la generale ma
composita categoria del danno patrimoniale si compendia.

Il giudice è tenuto a dare congrua motivazione

dell’esercizio dei propri poteri discrezionali, spiegando le
ragioni del processo logico sul quale la valutazione
equitativa è fondata, ed indicando in particolare i criteri
assunti a base del procedimento valutativo adottato, al fine
di consentire il controllo di relativa logicità, coerenza e
congruità.

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adozione è rimessa alla prudente discrezionalità del giudice,

In

ordine alla quantificazione del danno patrimoniale

futuro, va esclusa la possibilità di applicarsi in modo “puro”
parametri rigidamente fissati in astratto o di fare ricorso ad
una valutazione rimessa alla mera intuizione soggettiva

del

giudice, e quindi sostanzialmente al suo mero arbitrio.

spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa in relazione
l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio
di cassazione, alla Corte d’Appello di Milano, in diversa
composizione.

Roma, 18/3/2015

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle

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