Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14645 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14645

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8327-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 476/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della BASILICATA, depositata il 20/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. B.G. impugnava l’avviso con il quale l’Ufficio accertava induttivamente ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, in Euro 75.042, il reddito di impresa conseguito dal contribuente nell’anno 2008.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Potenza accoglieva il ricorso ritenendo carente di motivazione l’atto impositivo e infondata la pretesa fiscale alla luce della documentazione contabile esibita in giudizio.

3. Sull’impugnazione dell’Ufficio la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata rigettava l’appello rilevando che la regolarità della contabilità esibita dal contribuente e non contestata dall’Ufficio rendeva illegittimo il ricorso all’accertamento induttivo.

4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi. L’intimato non si è costituito.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si argomenta che la sentenza non abbia riconosciuto la legittimità dell’accertamento puro fondato sulla mancata risposta al questionario e sulla produzione della contabilità richiesta dall’Amministrazione Finanziaria.

1.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, commi 4 e 5, e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la CTR erroneamente fondato la propria decisione sulla documentazione contabile che il contribuente, non avendo dato seguito alle richieste di risposta ai questionari e di esibizione della documentazione, non poteva più opporre in giudizio.

2. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione, sono fondati.

2.1 Ai sensi del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d) bis e art. 32, comma 1, nn. 3) e 4), l’utilizzazione del metodo induttivo puro – che prescinde per la determinazione dell’imponibile dai dati del bilancio – è consentito quando il contribuente non abbia dato seguito agli inviti dell’Ufficio ad esibire o a trasmettere documenti compilati e firmati questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento.

2.2 Sul punto la consolidata giurisprudenza di questo Collegio ha avuto modo di affermare che “in tema di accertamento fiscale, l’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 4, (nonchè, in materia di IVA, dall’omologa disposizione di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51,comma 5), per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare – in rispondenza ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria – un dialogo preventivo tra fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni, sì da evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario, rimanendo legittimamente sanzionata l’omessa o intempestiva risposta con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa. A tal fine, peraltro, è necessario che l’Amministrazione, con l’invio del questionario, fissi un termine minimo per l’adempimento degli inviti o delle richieste, avvertendo delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dall’inottemperanza alle stesse, senza che, in caso di mancato rispetto della suddetta sequenza procedimentale (la prova della cui compiuta realizzazione incombe sull’Amministrazione), sia invocabile la sanzione dell’inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l’introduzione del processo tributario, trattandosi di obblighi di informativa espressione del medesimo principio di lealtà, il quale deve connotare – come si evince dallo Statuto del contribuente, artt. 6 e 10, l’azione dell’ufficio” (cfr. tra le tante Cass. 33589/2018).

2.3 Nel caso in esame è pacifico che l’Ufficio abbia regolarmente notificato al contribuente un questionario e la richiesta di esibizione di documentazione con l’avvertimento che la documentazione non prodotta non poteva essere utilizzata nelle successive fasi amministrative e contenziose e che il contribuente non abbia dato seguito a tale invito.

3. Ne consegue l’accoglimento del ricorso con cassazione della dell’impugnata sentenza e rinvio alla CTR in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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