Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14641 del 09/07/2020
Cassazione civile sez. lav., 09/07/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14641
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18110-2018 proposto da:
C.G.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato SERGIO GALLEANO, che
lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANGELO RAFFAELE DE
DOMINICIS, VINCENZO DE MICHELE;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui uffici domicilia
in ROMA, Via dei Portoghesi, 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 740/2017 del TRIBUNALE di SALERNO, depositata
il 08/03/2017 R.G.N. 7767/2015;
avverso l’ORDINANZA definitiva della CORTE DI APPELLO di SALERNO,
depositata il 09/04/2018 R.G.N. 718/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
11/02/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
VISONA’ STEFANO, che ha concluso per estinzione per rinuncia al
ricorso;
udito l’Avvocato SERGIO GALLEANO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Salerno con ordinanza del 9 aprile 2018 dichiarava inammissibile – ex art. 348 bis c.p.c. – l’appello proposto da C.G.B. – dipendente della AGENZIE DELLE ENTRATE con qualifica di funzionario – avverso la sentenza del Tribunale di Salerno in data 8 marzo 2017 n. 732, che aveva respinto le domande dal medesimo proposte avverso la revoca in data 25 marzo 2015 dell’incarico dirigenziale ricoperto dall’1 gennaio 2008, disposta in esecuzione della sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015.
2. Il Tribunale richiamava la previsione dell’art. 24 del Regolamento di amministrazione della Agenzia delle Entrate, che consentiva di stipulare contratti a termine con funzionari della Terza area per coprire posizioni dirigenziali vacanti nelle more delle procedure concorsuali per la copertura del posto, previsione poi recepita DAL D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 24.
3. Osservava che a seguito della dichiarazione di incostituzionalità della predetta norma di legge – e delle norme che ne avevano prorogato l’efficacia (D.L. n. 150 del 2013, art. 1, comma 14 e D.L. n. 192 del 2014, art. 1, comma 8) – la revoca dell’incarico dirigenziale risultava del tutto legittima.
4. L’espletamento di fatto delle mansioni dirigenziali da parte del funzionario era riconducibile alla ipotesi della assegnazione illegittima di un incarico superiore, di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, che comportava il solo diritto del dipendente a percepire il relativo trattamento retributivo, come nella specie incontestatamente avvenuto, e non anche alla definitiva assegnazione dell’incarico.
5. Era infondata anche la richiesta volta al mantenimento dell’incarico fino alla scadenza originariamente prevista, in quanto la revoca dell’incarico a seguito della dichiarazione di incostituzionalità era non solo legittima ma anche doverosa.
6. Era altresì escluso l’obbligo di corresponsione della indennità sostituiva del preavviso, che aveva per presupposto la esistenza tra le parti di un rapporto a tempo indeterminato cessato per volontà di una di esse: nella fattispecie di causa il rapporto di lavoro subordinato in essere con la amministrazione era proseguito senza soluzione di continuità.
7. Inoltre il ricorrente rivendicava la costituzione del rapporto dirigenziale ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4 bis o in subordine il risarcimento del danno.
8. Il richiamo alla disciplina del contratto a termine non era tuttavia pertinente. Nella disciplina del lavoro pubblico contrattualizzato l’incarico dirigenziale era per sua natura temporaneo, anche per i dirigenti di ruolo.
9. I funzionari della Agenzia delle Entrate, revocato l’incarico dirigenziale temporaneamente ricoperto, non avevano cessato il rapporto di lavoro ma erano tornati a lavorare nelle proprie funzioni; nessun abuso era ipotizzabile nei loro confronti poichè non si trattava di rapporto di lavoro a termine ma di incarico provvisorio, che non modificava la struttura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro.
10. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza del Tribunale C.G.B., articolato in sette motivi, cui la AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO ha resistito con controricorso.
11. Il difensore ha depositato atto di rinuncia al ricorso con adesione della Avvocatura dello Stato.
12. IL PM ha chiesto dichiararsi la estinzione del giudizio.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La rinuncia al giudizio determina la sua estinzione a norma dell’art. 390 c.p.c..
2. Non vi è luogo a condanna alla spese a norma dell’art. 391 c.p.c., comma 4.
3. Non ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, in quanto il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato – si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, lato sensu sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica (Cassazione civile sez. VI, 12/11/2015, n. 23175).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020