Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14638 del 18/07/2016

Cassazione civile sez. lav., 18/07/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 18/07/2016), n.14638

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4693/2011 proposto da:

D.M.P., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 120, presso lo studio dell’avvocato

ALESSANDRO PIERMARINI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE

STELLATO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTESARCHIO, C.F. (OMISSIS), persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

NICOLO’ TARTAGLIA 21, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

FORGIONE, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 246/7010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/02/2010 r.g.n. 766/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere DI TAOLANTONIO;

udito l’Avvocato FUCCI TIZIANA per Avvocato STELLATO GIUSEPPE;

udito l’Avvocato LIZZA EGIDIO per delega Avv. FORGIONE SALVATORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale di Benevento del 12.6.2006, ha accolto l’opposizione proposta dal Comune di Montesarchio avverso il decreto ingiuntivo con il quale lo stesso Tribunale aveva ingiunto all’ente municipale il pagamento in favore di D.M.P. della complessiva somma di Euro 17.124,01, richiesta a titolo di retribuzione di risultato maturata nel periodo 1998/2001.

2 – La Corte territoriale ha premesso che il D.M., segretario comunale, aveva agito in sede monitoria chiedendo l’applicazione, anche per gli anni sopra indicati, della disciplina dettata dall’art. 42 del CCNL 16.5.2001, non applicabile ai direttori generali e, comunque, non retroattiva, come chiarito dall’ARAN con la Delib. 4 aprile 2003. Ha aggiunto che il ricorrente a fondamento della pretesa si era limitato a sostenere che il suo operato era sempre stato valutato positivamente dal Sindaco del Comune di Montesarchio e detta allegazione, assolutamente generica, non era sufficiente a far ritenere provati i presupposti di applicazione della norma invocata, sia con riferimento alla assegnazione di un incarico-obiettivo specifico, sia in relazione alla positiva valutazione in ordine al raggiungimento dello stesso. Ha ritenuto, pertanto, non assolto l’onere della prova gravante sul ricorrente, il quale non poteva invocare il principio di non contestazione, attesa la genericità dei dati fattuali allegati nel ricorso.

3 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.M.P. sulla base di quattro motivi. Il Comune di Montesarchio ha resistito con tempestivo controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo il ricorrente denuncia “omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo e controverso” nonchè “violazione e falsa applicazione del CCNL del personale con qualifica dirigenziale, regolato da provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12.9.1996, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 4.11.1996 supplemento ordinario n. 258”. Sostiene, in sintesi, il ricorrente che la Corte territoriale aveva fondato la pronuncia solo sulla irretroattività del CCNL del 2001, senza considerare che il Tribunale aveva richiamato nella sentenza di rigetto della opposizione anche il CCNL 4.11.1996 per il personale con qualifica dirigenziale. Assume, quindi, la violazione degli artt. 33 e 44 del richiamato CCNL, applicabile nella fattispecie in quanto al D.M. era stata attribuita nell’anno 1995 la qualifica di “segretario generale” e successivamente, dall’agosto 1997, quella di Direttore Generale.

1.2 – Con il secondo motivo la sentenza impugnata è censurata per “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.”. Sostiene il ricorrente che la documentazione prodotta era idonea a dimostrare lo svolgimento delle funzioni di segretario generale, e successivamente di direttore generale, nonchè di presidente del nucleo di valutazione, sicchè sarebbe stato onere del Comune provare le circostanze di fatto poste a fondamento della opposizione.

1.3 – Il terzo motivo denuncia “omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo e controverso” perchè la Corte territoriale non avrebbe indicato le ragioni per le quali la documentazione prodotta, valorizzata dal giudice di prime cure, non sarebbe stata sufficiente a provare il diritto del D.M. a percepire la retribuzione di risultato, riconosciuta, invece, a tutti gli altri dirigenti del Comune.

1.4 – Infine con il quarto motivo il ricorrente si duole “della carente, contraddittoria e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ed invoca il principio di non contestazione rilevando che il Comune di Montesarchio non aveva mai contestato lo svolgimento delle funzioni di segretario generale, di presidente del nucleo di valutazione e di direttore generale.

2 – I motivi, da trattarsi congiuntamente perchè connessi, sono infondati. Occorre premettere che la Corte territoriale ha escluso che la pretesa del ricorrente potesse essere fondata sulle previsioni del CCNL 16.5.2001, sia perchè l’art. 42, escludeva espressamente i direttori generali, sia per la irretroattività della normativa, efficace solo dal giorno successivo a quello della sottoscrizione.

Detto capo della decisione non è stato oggetto di censura, poichè il ricorso per cassazione è tutto incentrato sulla asserita applicabilità del CCNL 4.11.1996 che, all’art. 33, prevedeva la retribuzione di risultato quale componente del trattamento stipendiale spettante ai dirigenti delle pubbliche amministrazioni, ai quali il D.M. doveva essere equiparato, essendo stato nominato dapprima segretario generale e successivamente direttore generale.

Detta pretesa è manifestamente infondata, in quanto il CCNL invocato si riferisce al personale dirigenziale degli enti pubblici non economici e, quindi, non ha mai disciplinato il rapporto di lavoro dei segretari comunali, ai quali, negli anni che qui interessano, è stato applicato il CCNL per il personale con qualifica di dirigente, dipendente dalle amministrazioni del comparto ministeri.

In particolare l’art. 42 del CCNL 9.1.1997 per il quadriennio normativo 1994-1997 ha previsto l’applicazione ai segretari comunali degli artt. 34, 35 e 41 del contratto, e non dell’art. 40 sulla retribuzione di risultato, e l’art. 6 del CCNL 9.1.1997 per il biennio economico 1996/1997 ha egualmente esteso ai segretari comunali gli incrementi della retribuzione base, non quelli della retribuzione di risultato previsti dall’art. 3 dello stesso CCNL, perchè con riferimento agli istituti economici diversi dalla retribuzione base le parti collettive hanno rinviato a successivi accordi.

E’ stato, quindi, sottoscritto il 18.4.1997 “l’accordo successivo per i segretari generali comunali e provinciali” che, all’art. 4, ha espressamente disciplinato la retribuzione di risultato, prevedendo che ” Per l’anno 1997, le amministrazioni in possesso dei requisiti previsti dall’art. 38, comma 3, del CCNL per l’autonoma area dirigenziale del comparto Regioni ed Enti locali, possono destinare, con risorse aggiuntive a proprio carico, un importo non superiore all’1,15% del monte salari riferito a ciascun segretario generale nell’anno 1995, allo scopo di corrispondere una retribuzione di risultato connessa al conseguimento degli obiettivi assegnati”.

La pretesa del ricorrente fondata sulla applicazione ai segretari generali della normativa dettata per il personale dirigenziale degli enti pubblici non economici è, pertanto, palesemente destituita di fondamento.

2.1 – Alle considerazioni che precedono, già assorbenti, si deve aggiungere che la retribuzione di risultato non è correlata al solo svolgimento della funzione dirigenziale ma presuppone l’instaurazione di una procedura che richiede la previa fissazione di specifici obiettivi e la successiva verifica del relativo grado di realizzazione.

Questa Corte, Infatti, ha già evidenziato che mentre la retribuzione fissa odi base è collegata alla qualifica rivestita dal dirigente, la retribuzione accessoria costituisce uno strumento di differenziazione e flessibilità del trattamento economico con funzione incentivante. La stessa si compone della indennità di posizione, correlata alle funzioni ricoperte ed alle responsabilità connesse, secondo la graduazione operata da ciascuna amministrazione, e della indennità di risultato che è finalizzata a remunerare la qualità delle prestazioni e gli obiettivi conseguiti. La retribuzione di posizione, dunque, riflette “il livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione”, mentre quella di risultato corrisponde all’apporto del dirigente in termini di produttività o redditività della sua prestazione (Cass. 7 maggio 2013 n. 10559).

Dalle considerazioni che precedono discende che qualora, come nella fattispecie, sia in discussione la spettanza della retribuzione di risultato l’attore non può certo limitarsi a dimostrare di avere ricoperto funzioni dirigenziali, poichè il diritto a percepire la componente del trattamento accessorio sorge solo per effetto della positiva valutazione sul raggiungimento di obiettivi predeterminati dalla amministrazione di appartenenza.

3 – A detti principi di diritto si è correttamente attenuta la sentenza impugnata nell’escludere che il D.M. avesse assolto all’onere della prova sullo stesso gravante “sia in punto di assegnazione di un incarico-obiettivo specifico che in punto di valutazione positiva dell’effettivo raggiungimento dello stesso”.

Il ricorso va, pertanto, rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2016

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