Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14635 del 18/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 18/07/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 18/07/2016), n.14635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19860/2015 proposto da:

D.L.A.A., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO MARIA

CREMONA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MULTISERVIZI S.P.A. IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 56/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 10/03/2015 R.G.N. 1023/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito l’Avvocato CREMONA ANTONINO MARIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

La Corte d’appello di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado (che aveva dichiarato l’illegittimità del termine finale apposto al contratto di lavoro somministrato sottoscritto il 1 giugno 2010 da D.L.A.A. con agenzia interinale per lo svolgimento, in favore dell’utilizzatrice Multiservizi s.p.a., di attività di sanificazione e di assistenza presso l’Ospedale di (OMISSIS), la conversione del rapporto in quello di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27 e condannato questa alla sua riammissione in servizio ed al pagamento, in suo favore, di un’indennità ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre rivalutazione ed interessi), con sentenza 10 marzo 2015, rigettava tutte le domande del lavoratore, compensando interamente tra le parti spese di entrambi i gradi. Preliminarmente disattese, per infondatezza, le eccezioni di incompetenza territoriale e di mancata chiamata in causa della società di somministrazione del lavoro, la Corte palermitana escludeva la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a norma del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, in combinata disposizione con il D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 bis, conv. in L. n. 133 del 2008 (introdotto dal D.L. n. 78 del 2009, art. 19, conv. in L. n. 102 del 2009), applicabile ratione temporis, nell’ininfluenza della dedotta formazione (quand’anche effettiva) di giudicato esterno sulla qualificazione di società privatistica della utilizzatrice con sentenza della stessa Corte n. 844/2014, rientrando Multiservizi s.p.a. tra le società, a totale partecipazione pubblica locale, esercenti attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica, dovendosi poi a queste e non alle società intendere il riferimento dell’inserimento nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione come individuate dall’Istat.

Con atto notificato il 17 (21) luglio 2015, D.L.A.A. ricorre per cassazione con sostanzialmente sette motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.; Multiservizi s.p.a. in liquidazione è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per mancata considerazione di giudicato sulla statuizione di illegittimità del licenziamento, con ordine di reintegrazione conseguente delle sentenze del Tribunale di Agrigento n. 66/2014 e della Corte d’appello di Palermo n. 844/2014, ostativa alla pronuncia di illegittima costituzione del rapporto di lavoro resa.

Con il secondo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erroneo rilievo di ininfluenza del giudicato sulla natura privatistica di Multiservizi s.p.a. accertata dalle sentenze del Tribunale di Agrigento n. 66/2014 e della Corte d’appello di Palermo n. 844/2014 (alla base della ritenuta applicabilità del regime dell’art. 2112 c.c., nel trasferimento di azienda dalla predetta a Servizi Ausiliari Sicilia s.c.pa.), sull’affermazione, con la sentenza impugnata, di applicabilità del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 bis, invece esclusa dalle predette.

Con il terzo, il ricorrente deduce il proprio diritto, ai sensi dell’art. 2909 c.c., al trasferimento del rapporto di lavoro a Servizi Ausiliari Sicilia s.c.pa., cessionaria dell’azienda di Multiservizi s.p.a. in liq., per la formazione di giudicato al riguardo, in mancanza di sua deduzione nei giudizi di merito di legittimità del contratto di somministrazione e di applicabilità del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 bis.

Con il quarto, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, comportante nullità della sentenza, per mera apparenza della motivazione nell’illustrazione del procedimento logico-giuridico adottato dalla Corte nel ritenere applicabile il D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 bis, cit. a Multiservice s.p.a., non potendosi dubitare della sua ascrivibilità al novero delle società esercenti attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica.

Con il quinto, il ricorrente subordinatamente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’esistenza di una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, tuttavia assolutamente inidonea alla loro comprensione.

Con il sesto, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 bis e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erronea qualificazione di Multiservizi s.p.a. tanto quale società in house, in essenziale carenza del c.d. “controllo analogo”, tanto quale società esercente attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica, in difetto del requisito di strumentalità, non essendo la sua attività rivolta, a norma del D.Lgs. n. 223 del 2006, art. 13, comma 1, agli stessi enti promotori nè agli azionisti della società, non essendo titolare di alcuna partecipazione in essa l’ente ospedaliero a vantaggio del quale prestata la propria attività, nonchè di inserimento nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione come individuate dall’Istat, da riferire alle società e non alle funzioni, come invece erroneamente assunto dalla Corte territoriale.

Con il settimo, il ricorrente deduce vizio di omesso esame, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di fatto decisivo e discusso tra le parti, consistente nella verifica di documentazione prodotta (in particolare visura camerale di Multiservizi s.p.a. e suo statuto), da cui chiaramente evincibile la sua natura, non già di ente strumentale soggetto alle norme di diritto pubblico, ma di società ordinariamente soggetta a quelle di diritto privato.

Osserva la Corte come nelle more dell’odierno giudizio di cassazione sia intervenuta tra le parti la sentenza di questa stessa Corte del 7 dicembre 2015, n. 24804, che, per le ragioni che si illustreranno, ha efficacia di giudicato (implicito) esterno.

Al pari di quella del giudicato interno, essa è rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. E ciò perchè si tratta di elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto.

Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del “ne bis in idem”, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. E tale garanzia di stabilità, collegata all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata (che escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive), non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., il quale, riferendosi esclusivamente ai documenti che avrebbero potuto essere prodotti nel giudizio di merito, non si estende a quelli attestanti la successiva formazione del giudicato; questi ultimi, d’altronde, comprovando la sopravvenuta formazione di una regula iuris alla quale il giudice ha il dovere di conformarsi in relazione al caso concreto, attengono ad una circostanza che incide sullo stesso interesse delle parti alla decisione e sono quindi riconducibili alla categoria dei documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso. Sicchè, la produzione può aver luogo unitamente al ricorso per cassazione, se si tratta di giudicato formatosi in pendenza del termine per l’impugnazione, ovvero, nel caso di formazione successiva alla notificazione del ricorso, fino all’udienza di discussione prima dell’inizio della relazione, purchè essa sia debitamente notificata alla controparte (Cass. s.u. 16 giugno 2006, n. 13916; Cass. 23 dicembre 2010, n. 26041): come avvenuto nel caso di specie, nei confronti della rimasta intimata.

La citata sentenza, resa nell’ambito della stessa vicenda negoziale tra le parti (rapporto di somministrazione di lavoro irregolare in favore dell’utilizzatrice Multiservizi s.p.a. in liquidazione, di cui il lavoratore ha chiesto la conversione, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze di questa, per attività di servizi ausiliari già affidatile in convenzione e quindi trasferiti, a seguito del processo di accorpamento previsto dalla L.R. Sicilia n. 11 del 2010, art. 20, alla società consortile SAS s.c.pa., che assumeva tutto il personale già in forza alla prima, con la sola eccezione dei lavoratori nella situazione dell’odierno ricorrente) e in giudizio di cui parte anche Multiservizi s.p.a. in liquidazione, ha definitivamente qualificato la vicenda circolatoria delle attività e del personale come trasferimento d’azienda dalla predetta società a SAS s.c.pa., accertando l’applicabilità tra le società cedente e cessionaria dell’art. 2112 c.c., ai fini del trasferimento alla seconda del personale della prima ed in particolare del lavoratore ricorrente.

Appare evidente che una tale statuizione presupponga, quale premessa logico-giuridica indefettibile, l’accertamento dell’istituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato anche tra il ricorrente e Multiservizi s.p.a.: che è appunto l’oggetto del presente giudizio, in riferimento alla convertibilità del rapporto di lavoro, a norma del D.Lgs. n. 276 del 2003, citato art. 27, in ragione della qualificazione della natura della suindicata società, ai fini dell’applicabilità o meno del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 bis, conv. in L. n. 133 del 2008 (introdotto dal D.L. n. 78 del 2009, art. 19, conv. in L. n. 102 del 2012), secondo cui: “Le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 2 e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al regime previsto per l’amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale nè commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 5 e tale norma in combinata disposizione con il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 2 (secondo cui, in particolare: “In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione”).

La sentenza di questa Corte del 7 dicembre 2015, n. 24804, avendo accertato una situazione giuridica comune alle due cause, quale premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel suo dispositivo, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto (Cass. 22 aprile 2009, n. 9512): e così, per la sussistenza tra la questione decisa in modo espresso e quella tacitamente risolta di un rapporto di dipendenza indissolubile, attenendo l’accertamento contenuto nella motivazione della sentenza a questioni che ne sono necessaria premessa o presupposto logico indefettibile (Cass. 5 luglio 2013, n. 16824), essa costituisce giudicato implicito, di cui questa Corte si limita a prendere atto, senza poter esaminare le questioni devolute con i motivi formulati, per tale ragione assorbiti.

Dalle superiori argomentazioni discende coerente la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, per la soluzione nel merito della controversia sulla base del giudicato esterno formatosi e per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione – cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2016

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