Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14630 del 17/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 17/06/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 17/06/2010), n.14630

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21028-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO

45, presso lo studio dell’avvocato BUCCELLATO FAUSTO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MANNO NICOLA, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.A., R.A.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 305/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 07/03/2006 R.G.N. 576/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2010 dal Consigliere Dott. FILIPPO CURCURUTO;

udito l’Avvocato MANNO NICOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO che ha concluso per: in via principale,

inammissibilità del ricorso, in subordine rigetto.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che:

1. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, ha impugnato nei confronti di S.C., D.A. e R.A.M., la sentenza della Corte di appello di Lecce che, rigettando l’appello del Ministero ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Lecce, dichiarato estinto il giudizio nei confronti di D.A. e R.A.M., aveva accertato il diritto di S.C., dipendente del Ministero dell’istruzione, alla valutazione del “servizio non di ruolo” prestato presso amministrazioni dello Stato ai fini della partecipazione ai corsi di riqualificazione indetti dal Ministero con bando 17 dicembre 2001, e, se utilmente collocato in graduatoria, il diritto di partecipare a detti corsi, disattendendo la tesi del Ministero secondo la quale l’art. 8 del bando, nel prevedere la valutabilità del servizio comunque prestato presso le amministrazioni dello Stato, si riferiva esclusivamente al servizio prestato in posizione di ruolo.

2. S.C. resiste con controricorso illustrato anche da memoria.

4. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

5. Il primo motivo del ricorso denuncia difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, sostenendo che la controversia in oggetto riguarderebbe una prova selettiva diretta a permettere l’accesso de personale già assunto ad una fascia o area superiore.

6. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 63 nonchè omessa insufficiente l’erronea motivazione su punti decisivi della controversia.

7. Il primo motivo contiene una censura inammissibile. Sulla questione di giurisdizione, proposta per la prima volta in questa sede, si è infatti formato il giudicato secondo l’orientamento di questa Corte espresso da Sez. un. 9 ottobre 2008, n. 24883, situazione che giustifica la pronunzia di questa sezione a norma dell’art. 374 c.p.c., comma 1.

8. Anche il secondo motivo è inammissibile.

La sentenza impugnata risulta depositata il 7 marzo 2006.

L’ammissibilità del ricorso deve esser quindi scrutinata alla luce dell’art. 366 bis c.p.c., il quale – è opportuno notarlo – “è stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, art. 47 (riforma rito civile) ma senza effetto retroattivo, motivo per cui è rimasto in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate prima del 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della riforma” (Cass. 2010 n. 428).

Va quindi richiamato il principio per cui nel ricorso per cassazione, è necessaria, a pena di inammissibilità, la formulazione del quesito di diritto anche nei ricorsi per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non potendo ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dal motivo di ricorso, perchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. che ha introdotto, anche per l’ipotesi di ricorso in esame, il rispetto del requisito formale che deve esprimersi nella formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronunzia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte. (V. per tutte, Cass. Sez. Un., 2007 n. 23732). Nel motivo in esame il quesito di diritto non risulta formulato.

7. Il ricorso è stato notificato ad D.A. ed R. A.M. soggetti nei cui confronti, come risulta dalla sentenza impugnata, il giudice di primo grado aveva dichiarato estinto il giudizio. Tale statuizione, non impugnata, rende inammissibile il ricorso proposto nei loro confronti.

9. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese nei confronti della sola parte resistente.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile; condanne il ricorrente alle spese in Euro 17,00 oltre ad Euro 2500 per onorari, nonchè IVA, CPA e spese generali; nulla nei confronti degli altri intimati.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2010

 

 

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