Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14630 del 11/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14630 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 8086-2010 proposto da:
AZIENDA U.S.L. di FROSINONE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, già elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEGLI ORTAGGI 4 INTERNO 31,
presso lo studio dell’avvocato DEVANNA BEATRICE,
rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE
2013
597

GIANCARLO, giusta delega

in

atti e da ultimo

domiciliata presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE;
– ricorrente –

a

contro

Data pubblicazione: 11/06/2013

CRISTINI GIUSEPPE,

COCOROCCHIO ROBERTO,

SALVIATO

FABIO, CAMPAGNA PIETRO, BRUNI VINCENZO, FRANCHITTI
SALVATORE;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1736/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/02/2013 dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PAGETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

di ROMA, depositata il 23/09/2009 R.G.N. 7121/2005;

Con sentenza pubblicata in data 23 settembre 2009 la Corte di appello di Roma,
confermava la decisione di primo grado che aveva respinto le opposizioni avverso i
decreti con i quali, in relazione al servizio di pronta reperibilità assicurato dagli
odierni intimati, era stato ingiunto alla Azienda USL di Frosinone, il pagamento di
una somma pari al 30% della paga base per ogni giorno di riposo non goduto , oltre
interessi legali e rivalutazione monetaria.
I giudici di appello, evidenziavano che secondo la previsione di cui all’art. 18 dpr n.
270 del 1987 ( richiamato dall’art. 44 ceni Comparto sanità, così come anche l’art.
20 n. 6 ceni – Area dirigenza medica ) il servizio di pronta disponibilità è
caratterizzato dalla immediata reperibilità del dipendente e dall’obbligo per lo stesso
di raggiungere il presidio nel più breve tempo possibile dalla chiamata, secondo
intese da definirsi in sede locale e che nel caso di pronta disponibilità ricadente in un
giorno festivo, spetta al lavoratore comunque un riposo compensativo senza
riduzione dell’orario di servizio ; la chiamata in servizio nella giornata di pronta
disponibilità comporta il diritto alla retribuzione straordinaria od il recupero orario.
Ritenevano quindi che in base a tale disciplina non vi era dubbio sul diritto dei
dipendenti alla compensazione monetaria conseguente alla mancata fruizione del
riposo compensativo per il servizio di pronta disponibilità espletato nelle giornate
dedotte. Osservavano che una diversa interpretazione della norma collettiva non
avrebbe consentito al dipendente di beneficiare del previsto riposo compensativo,
comunque irrinunciabile a norma dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2109 del codice civile e
puntualizzavano che la somma contrattualmente prevista come corrispettivo della
pronta disponibilità non riguardava la mancata fruizione del riposo compensativo ma
piuttosto la messa a disposizione delle energie lavorative,di talchè, come rilevato dal
giudice di primo grado, in assenza di clausole contrattuali disciplinanti la fattispecie
era compito del giudice la determinazione, in via equitativa del diritto al risarcimento
del danno.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la Azienda USL sulla base di
tre motivi .
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce , ai sensi dell’art. 360, comma
1, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 dpr n. 270 del
1987 , dell’art. 20 n. 6 e 44 n. 1 del =l — comparto sanità e dell’art. 7 e dell’art. 40
ccn1 integrativo del comparto sanità del 7 aprile 1999 . Sostiene che, come chiarito
dalla giurisprudenza richiamata ( Cass. n. 3419 del 1998 e n. 13055 del 1995), la
reperibilità cd passiva, in cui durante il turno di reperibilità non vi sia effettiva
chiamata in servizio deve essere esclusa dal computo dell’orario di lavoro e non può
perciò far sorgere alcun diritto a compensare con riposi le ore prestate entro tale
regime. Afferma che la esclusione del diritto al riposo compensativo settimanale in
1

Svolgimento del processo

2

caso di turno di reperibilità senza effettiva chiamata in servizio non contrasta con il
precetto costituzionale relativo alla irrinunciabilità del diritto al riposo settimanale
atteso che il recupero delle energie psico- fisiche a cui è diretto il riposo settimanale,
può dirsi, in tale ipotesi, anche se in maniera incompleta, realizzato ( Cass. n. 27477
del 2008). A conforto di tale assunto richiama la disciplina posta dall’art. 7 del ceni
integrativo del ceni comparto sanità del 7 aprile 1999.
Con il secondo motivo di ricorso deduce , ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4
cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 dpr n. 270 del 1987 ,
dell’art. 20 n. 6 e 44 n. 1 del ceni e dell’art. 7 e dell’art. 40 ceni integrativo del
comparto sanità del 7 aprile 1999. Afferma in sintesi che “la corretta ermeneutica
delle varie disposizioni contrattuali succedutesi nel tempo fondata sulla formulazione
letterale delle norme ” impone di ritenere immutabile la prestazione oraria del
lavoratore; le norme contrattuali, infatti, non gli attribuiscono un diritto assoluto al
riposo compensativo ma gli conferiscono -fermo il debito orario settimanale- la
facoltà di richiederlo all’Amministrazione la quale , tuttavia, non sarebbe obbligata a
concederlo . All’Amministrazione sarebbe comunque precluso di provvedere , in
assenza di specifica manifestazione di volontà in tal senso dell’interessato; in
conseguenza i lavoratori avrebbero dovuto provare di avere presentato specifica
istanza di fruizione del riposo compensativo.
Con il terzo motivo di ricorso deduce , ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 ,
cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost. , degli artt. 2109
e 2909 cod. civ. nonché dell’art. 20 ceni 1-9-1995 del comparto sanità. Richiama il
disposto dell’art. 20 uni 1.9.1995 del comparto sanità secondo il quale il riposo
settimanale non è rinunciabile e non è monetizzabile ; rileva che la reperibilità fuori
orario prestata in giorno festivo non impedisce di fatto al lavoratore il recupero delle
energie fisiche e psichiche per cui dal mancato godimento del riposo compensativo
non deriva alcun danno risarcibile.
Richiama quindi il giudicato sostanziale ex art. 2909 cod. civ. formatosi in relazione
a identica questione di fatto e diritto tra la Azienda Asl di Frosinone e gli intimati
Vincenzo Bruni e Pietro Campagna in esito a sentenza di rigelto del Tar Lazio — sez.
distaccata di Latina, confermata dal Consiglio di Stato°Agttricorso proposto daitti
lavoratori.
I motivi di ricorso sono inammissibili sotto diversi profili . In primo luogo va
rilevata la inadeguata formulazione dei quesiti di diritto.
Questo giudice di legittimità ha chiarito che la funzione propria del quesito di diritto
è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso
come sintesi logico – giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto
asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione
del ricorrente, la regola da applicare, con la conseguenza che la mancanza anche di
una sola delle due suddette indicazioni rende il motivo inammissibile e dovendo
altresì ritenersi inammissibile il motivo di diritto che si limiti a chiedere alla Corte
puramente e semplicemente se vi sia stata o meno violazione di una determinata
disposizione di legge, posto che la norma impone al ricorrente di indicare nel quesito
l’errore di diritto della sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Roma, camera di consiglio del 15 febbraio 2013

Cass. n. 714 del 2011, n. 8643 del 2009, nonché S.U. n. 7433 del 2009, n. 24339 del
2008 ). E’ stato poi precisato che il quesito di diritto deve essere conferente rispetto
al “decisum” e poter circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un
accoglimento o di un rigetto del quesito medesimo ( v. Cass. n. 17064 del 2008);
esso, inoltre, non può essere meramente generico e teorico, ma deve essere calato
nella fattispecie concreta, (v., tra le altre, Cass. n. 3530 del 2012 ) e non può essere
formulato in modo da involgere una “quaestio facti” ( v. S.U. n, 23860 del 2008).
Parte ricorrente non ha rispettato tali prescrizioni,
Nessuno dei quesiti è, infatti, svolto in modo da esprimere la sintesi logico- giuridica
della questione rispetto alla quale si deduce la violazione di cui all’art. 360, comma 1,
nn. e4 , cod. proc. civ.; è omessa infatti ogni indicazione dell’errore di diritto nel
quale sarebbe incorso il giudice e quale, secondo la prospettazione del ricorrente
sarebbe la regula iuris in concreto applicabile .I quesiti poi oltre a non contenere la
sintesi prescritta,sono formulati in termini del tutto generici tali da non esprimere
alcuna specifica rilevanza in relazione alla concreta fattispecie.
E’ poi da rilevare che il primo ed il secondo motivo di ricorso risultano fondati (
(anche) sulla disciplina dettata dal contratto collettivo integrativo ( art. 7 ) e che parte
ricorrente in violazione dell’onere imposto a pena di inammissibilità dall’art. 366
comma primo n. 6 cod. proc. civ. ( cfr, tra le altre, Cass. ord. ss.uu. n. 7161 del 2010),
ha omesso di indicare in quale fase del giudizio di merito ed in quale fascicolo
processuale si trovi il detto contratto integrativo.
Con riferimento infine agli effetti del giudicato scaturente — in tesi- dalle richiamate
sentenze del Consiglio di Stato n. 5350 e n. 5349 del 2009 , si rileva la genericità del
riferimento ad esso operato in ricorso dovendosi evidenziare che comunque manca
ogni documentazione a riguardo non risultando le richiamate sentenze comprese
nell’elenco dei documenti prodotti dal ricorrente quali indicati in calce al ricorso .
Nulla per le spese attesa la mancata costituzione degli intimati

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