Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14629 del 13/06/2017


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Cassazione civile, sez. III, 13/06/2017, (ud. 22/02/2017, dep.13/06/2017),  n. 14629

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14113/2015 proposto da:

AUTOSIX SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO

INCHES giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA D’ARA

COELI 1, presso lo studio dell’avvocato ANGELO MOLINARO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO BERTI giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1903/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 02/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.A. concesse in locazione, in data 18/01/1999, alla Autosix s.r.l. un terreno di circa 4.500 mq. sito in (OMISSIS) per la durata di anni sei, rinnovabili alla prima scadenza di altri sei.

Autosix, versata a titolo di cauzione la somma di Lire 5.000.000, svolse sull’area attività di parcheggio fino al 31/12/2011, data in cui l’attività cessò a seguito di disdetta comunicata dal locatore in data 02/10/2009.

La società richiese allora la restituzione del deposito cauzionale comprensivo di interessi, e l’indennità di avviamento.

Il Tribunale di Firenze, con decreto ingiuntivo, ingiunse al B. il pagamento della somma di Euro 68.463,74 a titolo di indennità di avviamento pari a diciotto mensilità.

Il B. propose opposizione, si costituirono in giudizio anche i sigg.ri B.M., B.M.P. e B.N., comproprietarie del terreno, ed il Tribunale di Firenze, con sentenza del 04/11/2013, ritenne che la società opposta non avesse fornito prova della destinazione dell’immobile locato alla frequentazione del pubblico; revocò il decreto ingiuntivo opposto; condannò parte opponente al pagamento in favore di Autosix s.r.l. della somma di Euro 3.433,88 a titolo di deposito cauzionale; rigettò le domande delle terze intervenute e dispose sulle spese.

La Società Autosix s.r.l. ha proposto appello deducendo, a motivo di gravame, l’errata valutazione delle risultanze istruttorie relative all’attività di parcheggio; ha rappresentato che, dopo la sentenza di primo grado, i proprietari del terreno avevano effettuato alcuni lavori ed avevano costituito una società commerciale avente ad oggetto affitto e vendita di posti auto, denominata Parcheggi Pellas s.r.l.. Alla rappresentazione di tali fatti nell’atto di appello non seguivano però le conclusioni.

Il B., nel costituirsi in giudizio, ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità dell’appello perchè privo delle conclusioni e chiesto, comunque, nel merito il rigetto dell’appello.

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 02/12/2014 n. 1903, ha accolto l’eccezione di inammissibilità ritenendo che la mancata formulazione del petitum impedisse l’individuazione della pronuncia che esso giudice d’appello avrebbe dovuto adottare in sostituzione di quella emessa dal Tribunale e che il petitum neppure fosse ricavabile dall’unico motivo di appello che, anzichè sottoporre a critica vincolata l’impugnata sentenza, si limitava a censurare la decisione del primo giudice sul punto della mancata prova del diritto all’indennità di avviamento.

La Corte d’Appello dichiarava pertanto l’appello inammissibile condannando Autosix alle spese del grado.

Avverso detta sentenza la Autosix propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Resiste il B. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso la società denuncia la violazione o falsa applicazione della L. n. 134 del 2012, nonchè dell’art. 163 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La sentenza sarebbe censurabile nella parte in cui, accogliendo l’eccezione di inammissibilità ai sensi dell’art. 342 c.p.c., formulata dall’appellato, avrebbe adottato una decisione formalistica, anzichè desumere, dal tenore complessivo dell’atto di appello, che la materia del contendere era relativa all’indennità di avviamento commerciale.

Il ricorso è inammissibile perchè l’art. 434 c.p.c., comma 1, nel testo introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. c) bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, in coerenza con il paradigma generale contestualmente introdotto nell’art. 342 c.p.c., non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il “quantum appellatum”, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonchè ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, si da esplicitare l’idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata. In termini è la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., L, 05/02/2015 n. 2143). Nell’ipotesi in cui l’appellante non ottemperi a tale preciso ed articolato onere processuale, l’atto di appello è certamente inammissibile (Cass., L, 07/09/2016 n. 17712: “I requisiti di contenuto della “motivazione” dell’appello, richiesti dall’art. 434 c.p.c. (nella formulazione, applicabile “ratione temporis”, introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, conv. dalla L. n. 134 del 2012), pongono a carico dell’appellante un preciso ed articolato onere processuale, compendiabile nella necessità che l’atto di gravame, per sottrarsi alla sanzione di inammissibilità, offra una ragionata e diversa soluzione della controversia rispetto a quella adottata dal primo giudice”.

Complessivamente il ricorso è dichiarato inammissibile con ogni conseguenza sulle spese ed onorari del giudizio di cassazione, accessori di legge, spese generali e raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 7.200 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’ulteriore somma a titolo di contributo unificato, pari a quella versata per il ricorso principale, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2017

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