Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14628 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 26/05/2021), n.14628

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28749-2019 proposto da:

I.F., in proprio e nella qualità di socio e legale

rappresentante della F.N. DESIGN SNC di I.A. e

I.F., (oggi sciolta) elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato AURORA CATAUDELLA;

– ricorrente –

contro

DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO (GIA’ ISPETTORATO PROVINCIALE DEL

LAVORO) DI SIRACUSA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 778/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 04/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 10/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Catania ha respinto l’appello di I.F., in proprio e quale socio obbligato solidalmente e già legale rappresentante della FN Design di I.A. e I.F., confermando la decisione di primo grado che aveva rigettato l’opposizione alle ordinanze ingiunzioni di pagamento n. 12/0421, prot. n. 003892 e n. 003894 del 14.6.2012 relative a sanzioni amministrative irrogate per violazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, conv. dalla L. n. 73 del 2002, come modificato dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis, comma 7, conv. dalla L. n. 248 del 2006, per avere impiegato lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie; inoltre, per violazione dell’art. 36 bis cit. per non avere munito il personale occupato nei cantieri edili di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia;

2. la Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha richiamato il D.Lgs. n. 124 del 2004, art. 10, comma 5, sul valore probatorio dei verbali ispettivi “relativamente agli elementi di fatto acquisiti e documentati” e la giurisprudenza di legittimità sul libero apprezzamento delle circostanze riferite dai verbalizzanti e delle dichiarazioni dai medesimi raccolte;

3. ha ritenuto che le dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori, nel corso dell’accertamento, in quanto spontanee e libere da qualsiasi condizionamento, anche potenziale, da parte del datore di lavoro, fossero attendibili e costituissero prova sufficiente degli illeciti amministrativi contestati; che tali dichiarazioni non potessero considerarsi inficiate dalle successive ritrattazioni da parte dei lavoratori, giudicate non credibili;

4. che la documentazione prodotta dalla parte appellante (attestato di frequenza di un corso “ai sensi del CCNL edilizia e del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 37” riferito al lavoratore C.G.) non era idonea a dimostrare l’assunto difensivo della assunzione del predetto in data 2.3.2009, anzichè il 23.2.2009 come accertato dagli ispettori; che nessuna prova era stata fornita in giudizio a sostegno della allegazione secondo cui Z.S. era stato assunto il giorno stesso della visita ispettiva;

5. ha respinto la censura relativa alla mancata ammissione delle prove testimoniali da parte del tribunale sul rilievo che il ricorrente in primo grado non aveva reiterato la richiesta all’atto di precisazione delle conclusioni, con la conseguenza che la stessa dovesse considerarsi oggetto di rinuncia e, come tale, non riproponibile in appello;

6. avverso tale sentenza I.F. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria; la Direzione Territoriale del Lavoro (già Ispettorato Provinciale del lavoro) di Siracusa non ha svolto difese;

7. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

8. con il primo motivo di ricorso è dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;

9. si censura la valutazione probatoria dei verbali ispettivi assumendosi che la Corte abbia considerato fonte di prova tali verbali anche quanto alle circostanze riferite dai pubblici ufficiali e alle dichiarazioni dai medesimi raccolte, senza procedere ad un apprezzamento complessivo dei dati istruttori, tenuto conto della regola di cui all’art. 2697 c.c., e senza peraltro dare ingresso alle prove testimoniali richieste dall’appellante (e debitamente trascritte nei capitoli in cui le stesse erano articolate);

10. il motivo è inammissibile, anzitutto, in ragione della disciplina c.d. della doppia conforme, di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, e, comunque, perchè le censure mosse investono non l’omesso esame di un fatto decisivo (v. Cass., S.U. n. 8053 del 2014) ma, nella sostanza, la selezione e la valutazione del materiale probatorio come eseguita dai giudici di appello;

11. peraltro, la Corte di merito si è attenuta ai principi enunciati da questa S.C. sulla valenza probatoria dei verbali ispettivi (v. Cass. N. 23800 del 2014; n. 9251 del 2010; n. 11751 del 2004) ed ha valutato le dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori unitamente alle prove documentali fornite dall’appellante, secondo un apprezzamento non censurabile in sede di legittimità;

12. col secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, nel testo applicabile ratione temporis, nonchè degli artt. 414,420 e 421 c.p.c., per avere la Corte respinto le istanze istruttorie (formulate nel ricorso introduttivo di primo grado e nel ricorso in appello) in quanto non reiterate in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado, senza considerare l’applicabilità al procedimento in oggetto del rito del lavoro e quindi la mancata previsione di una udienza di precisazione delle conclusioni;

13. neppure questo motivo può trovare accoglimento;

14. a prescindere dal rilievo che il giudizio si è svolto secondo il rito ordinario, sicchè non è consentito in questa fase invocare la violazione di norme relative al processo del Lavoro, il vizio dedotto non è idoneo ad inficiare la decisione impugnata in difetto di specifiche deduzioni sulla decisività delle prove non ammesse, ai fini della risoluzione della controversia (v. Cass. N. 21418 del 2014; n. 23958 del 2015), avendo, peraltro, la Corte di merito valutato sia le dichiarazioni dei lavoratori agli ispettori e sia la successiva ritrattazione scritta da parte dei medesimi;

15. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto;

16. non si procede alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità in quanto la Direzione Territoriale del Lavoro non ha svolto difese;

17. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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