Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14627 del 11/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14627 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 16247-2011 proposto da:
PANTANO

PATRIZIA

PNTPRZ62B54C858Y,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA EDOARDO D’ONOFRIO 43, presso
lo studio dell’avvocato CASSANO UMBERTO, che la
rappresenta e difende, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente
contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope
legis;
– contrari corrente –

Data pubblicazione: 11/06/2013

nonchè contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 80415740580;
– intimato avverso la sentenza n. 620/40/2010 della Commissione
Tributaria Regionale di ROMA – Sezione Staccata di

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 09/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
GIUSEPPE CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. TOMMASO BASILE.

LATINA del 24.11.2010, depositata il 21/12/2010;

La Corte, ritenuto
che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la
seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva
La CTR di Roma ha respinto l’appello di Pantano Patrizia -appello proposto contro la
sentenza n.376/01/2007 della CTP di Frosinone che aveva già respinto il ricorso
della predetta contribuente- ed ha così confermato la cartella di pagamento per
IRPEF relativa al periodo di imposta 2000 e notificata il 10.3.2007, cartella emessa a
titolo provvisorio ex art.15 del DPR n.602/1973 a seguito di accertamento impugnato
ed in pendenza del giudizio di primo grado.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo non fondata la tesi di parte
contribuente secondo cui il predetto art.15 sarebbe stato implicitamente abrogato per
effetto dell’emanazione dell’art.68 del D.Lgs. n.546/1992, atteso che tra le due norme
non vi è relazione di incompatibilità, giacchè la prima regola l’ipotesi
dell’accertamento non ancora definitivo (che sia stato o meno impugnato) e la
seconda l’ipotesi di intervenuta pronuncia di rigetto a seguito di impugnazione
dell’accertamento.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi (per
come si desume dalla rubrica degli stessi), seppure i medesimi sono stati trattati in un
unico contesto.
L’Agenzia si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Ed invero, con il motivo unico di ricorso (perché, a dispetto delle due distinte
rubriche, risulta concretamente argomentato il solo primo motivo, incentrato sulla

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letti gli atti depositati

violazione di legge, legge in rubrica non identificata ma che dal contesto del ricorso
si desume essere l’art.295 cpc, siccome norma che impone la sospensione necessaria
del processo in ipotesi di pendenza di controversia pregiudiziale, controversia che
nella specie di causa consisterebbe nella impugnazione del provvedimento impositivo
donde si origina l’iscrizione a ruolo provvisoria).

perché la pendenza della lite relativa all’impugnazione dell’avviso di accertamento
abbia relazione di “pregiudizialità” rispetto a quella qui in esame, la quale —
manifestamente- si fonda proprio sulla provvisoria esecutorietà dell’avviso di
accertamento, sia pure in pendenza della sua impugnazione.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 20 ottobre 2012.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che la sola parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa, il cui contenuto non
induce la Corte a rimeditare le ragioni poste a sostegno della proposta del relatore;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite
di questo grado, liquidate in € 750,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 9 maggio 2013.

A tal proposito, basti qui rilevare che la parte ricorrente non specifica in alcun modo

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