Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14626 del 11/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14626 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 367-2012 proposto da:
CONGREGAZIONE

PICCOLE

APOSTOLE

DELLA

REDENZIONE

92004220635 in persona del legale rappresentante pto
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAVOUR
221, presso lo studio dell’avvocato FABBRINI FABIO, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GUALTIERI AGNESE, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

?013

V

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COMUNE DI VISCIANO;
– intimato

avverso la sentenza n. 422/07/2011 della Commissione
Tributaria Regionale di NAPOLI del 15.7.2011, depositata
il 18/07/2011;

Data pubblicazione: 11/06/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio dell’8/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
GIUSEPPE CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.

RAFFAELE CENICCOLA.

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva
La CTR di Napoli ha accolto l’appello del Comune di Visciano, appello proposto
contro la sentenza n.654/28/2009 della CTP di Napoli che aveva accolto il ricorso
della “Congregazione delle Piccole Apostole della Redenzione” avverso avviso di
accertamento del predetto relativo ad ICI per l’anno 2003, il quale ultimo era stato
impugnato sull’assunto che l’attività esercitata negli immobili in relazione ai quali
l’imposta è pretesa fosse esente da ICI ai sensi dell’art.7 del D.Lgs.504/1992.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che la esenzione in parola si
applica solo agli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle
attività di religione e di culto indicate nell’art.16 della legge n.22 del 1985, senza che
rilevi l’art.7 comma 2-bis del D.L. n.203 del 2005 (che ha carattere innovativo e non
interpretativo).
La Congregazione contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico
motivo.
L’Amministrazione comunale non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di censura (rubricato come:”Violazione e falsa
applicazione dell’art.7 del D.Lgs.504/1992, nella formulazione sopravvenuta ex
art.39 del D.L. 4.7.2006 n.223… e dell’art.3 Cost.”), la parte ricorrente si duole della
mancata applicazione da parte del giudice del merito del principio “tempus regit
actum” con riferimento alla data di adozione dell’avviso di accertamento

3

letti gli atti depositati

(14.12.2006; e perciò ad un momento successivo a quello di entrata in vigore del
D.L. n.223/2006), da considerarsi “momento genetico dell’accertamento
dell’imposta”, per quanto si trattasse di Ici relativa al periodo d’imposta anno 2004.
Il motivo di impugnazione appare inammissibilmente formulato ai sensi dell’art.360
bis cpc, perché il provvedimento impugnato ha deciso la questione di diritto in

di ricorso offra materia per rimeditare detto indirizzo.
Infatti, per tutte, Cass.Sez. 5, Sentenza n. 14530 del 16/06/2010:”In tema di imposta
comunale sugli immobili (ICI), l’art. 7, comma 2-bis, del d.l. 30 settembre 2005, n.
203 (introdotto dalla legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 248), che ha esteso
l’esenzione disposta dall’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992 alle attività
indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale
delle stesse, e l’art. 39 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 4 agosto
2006, n. 248, che ha sostituito il comma 2-bis dell’art. 7 cit., estendendo l’esenzione
alle attività che non abbiano esclusivamente natura commerciale, non si applicano
retroattivamente, trattandosi di disposizioni che hanno carattere innovativo e non
interpretativo”.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 30 dicembre 2011

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite

4

maniera conforme alla giurisprudenza di questa Corte, senza che l’esame del motivo

di questo grado, liquidate in E 1.700,00 oltre accessori di legge ed oltre E 100,00 per
esborsi.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Così deciso in Roma 1’8 maggio 2013

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