Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14621 del 17/06/2010

Cassazione civile sez. II, 17/06/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 17/06/2010), n.14621

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1861-2005 proposto da:

P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA S. GIROLAMO EMILIANI 19, presso lo studio dell’avvocato

D’APICE FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FRANCIOSI ANTONIO;

– ricorrente –

contro

M.C. (OMISSIS), M.G.

(OMISSIS), G.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIOVANNI SALVIUCCI 1, presso

lo studio dell’avvocato GENTILE SERGIO MARIA, rappresentati e difesi

dall’avvocato CAMILLI GIULIANO;

S.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA FRANCESCO LAPARELLI 49 INT 6, presso lo studio

dell’avvocato DI PASQUALE TONI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

S.I. C.F. (OMISSIS), S.E. C.F.

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 3606/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/03/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

uditi gli Avvocati DI PASQUALE TONI e PALA GIUSEPPE con delega

dell’avvocato CAMILLI GIULIANO che chiede il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI CARMELO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1985 i signori C. e M.G. unitamente a G. M. in M., proprietari dal 1980 di un terreno in (OMISSIS), in C.T al Fg (OMISSIS), evocavano in giudizio P.A., proprietaria di un terreno confinante, con soprastante fabbricato, per la determinazione dei confini, la condanna della convenuta al rilascio della striscia abusivamente occupata e le conseguenti demolizioni.

La convenuta resisteva e svolgeva domanda riconvenzionale per usucapione della parte di fondo in contestazione; chiamava in causa i precedenti confinanti, fratelli S. danti causa degli attori, dai quali pretendeva di essere garantita. Il tribunale di Velletri nel 2001 determinava i confini, rigettava la domanda di usucapione e quella di demolizione. Affermava che la transazione stipulata nel 1992 tra la attrice e i S. non inficiava quanto portato dai titoli di acquisto, nè era opponibile ai M., acquirenti nel 1980.

La Corte d’appello di Roma il 1 settembre 2004 rigettava l’appello proposto dalla P., la quale ricorre per cassazione proponendo due censure. Resistono con controricorso il M. e S. F.. I. ed S.E. sono rimasti intimati.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo (vizi di motivazione e “violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 112 c.p.c. e degli artt. 1965 e 1966 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”) parte ricorrente deduce che la transazione con la quale nel 1982 è stata chiusa la lite tra la P. e i precedenti proprietari confinanti esplica “piena validità ed efficacia” anche nei confronti dell’acquirente, successore nel diritto controverso. La sentenza impugnata ha negato ogni valore “all’accordo conciliativo 25 gennaio 19982” sulla base di due argomenti: a) nulla si poteva trarre in ordine all’esistenza di un possesso P. valido ad usucapire, perchè l’atto consisteva semplicemente nel reciproco riconoscimento di possedere e godere legittimamente quanto a ciascuna parte spettava in forza dei rispettivi titoli di acquisto. B) l’accordo era successivo all’acquisto dei M., ai quali non era opponibile.

Nel censurare questa decisione, parte ricorrente omette tanto di trascrivere il testo della transazione, quanto – come rilevato nel controricorso M. – di allegare o far emergere che la scrittura privata, con la quale sarebbe stata conciliata la controversia P. – S., sia stata registrata e trascritta. La mancata riproduzione integrale del suddetto accordo conciliativo rende inammissibile la denuncia del vizio di motivazione. Infatti il ricorrente che deduce l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di atti processuali o documentali ha l’onere di indicare – mediante l’integrale trascrizione di detti atti nel ricorso – la risultanza che egli asserisce essere decisiva e non valutata o insufficientemente considerata, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative (Cass. 11886/06;

8960/06; 7610/06). Pertanto, per contrastare la valutazione data dalla Corte d’appello circa la irrilevanza della transazione al fine di paralizzare la domanda dei signori M., e per evidenziare la decisività di eventuali vizi logici e motivazionali della decisione di merito, sarebbe stato necessario riprodurre per intero, in ricorso, il testo dell’accordo.

La mancata registrazione e trascrizione della suddetta transazione S. – M., di cui il ricorso non riferisce neppure se si sia trattato di scrittura privata, come dedotto in controricorso, o di conciliazione giudiziale, impedisce anche di ipotizzare una qualche forma di opponibilità di una scrittura di cui si ignora se abbia data certa e il regime di pubblicità. Tale argomento è sufficiente a smentire l’esistenza delle violazioni di legge denunciate. Occorre infatti richiamare l’arresto con il quale, predicando questi principi, si è affermato che “in tema di azione di regolamento di confini, il giudice di merito deve fondare il proprio accertamento sulla base delle risultanze dei rispettivi titoli di proprietà delle parti. Il mero richiamo in essi ad un atto di transazione precedentemente intervenuto tra i rispettivi danti causa non può pertanto costituire elemento determinante per ritenere esistenti eventuali limitazioni ai diritti ceduti, ove i suoi estremi non risultino dalla nota di trascrizione dell’atto di provenienza, non essendo tali limitazioni opponibili al terzo avente causa in difetto di adeguata pubblicità” (Cass 13707/07). A maggior ragione non possono avere efficacia nei confronti del compratore accordi, non formalmente trascritti nei pubblici registri, stipulati dal venditore successivamente alla vendita di un bene immobile. Mette conto aggiungere che, ove anche si fosse trattato di conciliazione giudiziale in senso tecnico, non per questo essa avrebbe avuto effetto, ex art. 111 c.p.c., nei confronti del successore a titolo particolare. La norma citata disciplina l’effetto spiegato dalla sentenza resa tra le parti originarie, ma nulla prevede quanto alla conciliazione giudiziale. Detto atto, che non proviene dall’autorità giurisdizionale, ma esclusivamente dalla volontà del soggetto che dismette in parte il proprio diritto (aliquid datum aliquid retentum) implica che il disponente sia titolare della proprietà del bene oggetto dell’accordo (v. in generale, Cass 7319/93). Nel caso di specie la proprietà era invece stata ceduta ai M. due anni prima della firma dell’accordo.

Il secondo motivo lamenta vizi di motivazione in ordine alla valutazione delle prove testimoniali assunte in causa e relative alla pretesa usucapione della parte di terreno contesa. Anche in questo caso, se possibile con maggiore evidenza, va rilevata la gravità del difetto di autosufficienza del ricorso per cassazione, che non riporta nè integralmente nè parzialmente le prove testimoniali oggetto del ricorso. In tal modo si preclude alla Corte di valutare la decisività delle risultanze che il ricorso vorrebbe fossero altrimenti valutate e dunque le si impedisce di stabilire se vi sia illogicità o insufficienza della motivazione, unico sindacato consentito al giudice di legittimità. I vizi della motivazione non possono infatti consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. 6064/08; 18709/07).

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo in favore di ciascun gruppo di controricorrenti costituiti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 2.000 per onorari e 200 per esborsi, oltre accessori di legge, in favore di S.F. e, per eguale importo, in favore dei controricorrenti M..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2010

 

 

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