Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14620 del 13/06/2017

Cassazione civile, sez. III, 13/06/2017, (ud. 19/01/2017, dep.13/06/2017),  n. 14620

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13715/2015 proposto da:

DEFI ITALIA SPA, in persona del suo Amministratore Delegato dott.

F.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI

3, presso lo studio dell’avvocato RENATO MANZINI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE NANNI giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore,

Dott. C.A.P., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO

ANTONIO SARTI 4, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO MENNUNI, che

lo rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3944/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2017 dal Consigliere Dott. COSIMO D’ARRIGO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato RENATO MANZINI;

udito l’Avvocato ANTONIO MENNUNI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 5 novembre 2014, ha rigettato l’appello proposto dalla Defi Italia s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Milano che aveva dichiarato risolto il contratto di locazione con il quale il Condominio di (OMISSIS) aveva concesso alla FPM Pubblicità s.r.l. (che successivamente aveva ceduto il ramo d’azienda alla Defi Italia s.r.l.) l’uso dello spazio di copertura del proprio fabbricato per il posizionamento di un’insegna luminosa.

La Defi Italia s.r.l. ricorre per la cassazione di tale decisione, allegando quattro motivi. Il Condominio di (OMISSIS) resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la “insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, per non avere la Corte d’appello considerato che la disdetta inviata dal Condominio a Defi si riferiva ad un contratto diverso da quello intercorrente tra le parti”.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione la falsa applicazione dell’art. 420 c.p.c., nonchè la “insufficiente contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, per non avere la Corte d’appello considerato che il ricorso ex art. 447 bis c.p.c., che ha instaurato il presente giudizio si riferiva ad un contratto diverso da quello intercorrente tra le parti”.

I due motivi, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente. Infatti, al di là del generico ma non sviluppato accenno alla falsa applicazione dell’art. 420 c.p.c., entrambi i motivi deducono ragioni di censura non ammissibili alla luce della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che non contempla più il vizio di motivazione, bensì l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. La nuova disposizione si applica alle sentenze pubblicate a partire dal 11 settembre 2012 e quindi trova applicazione anche nel caso in esame.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Consegue l’inammissibilità dei motivi in esame, che denunciano un vizio non più previsto dalla legge.

2. Con il terzo motivo di ricorso la Defi Italia s.r.l. denuncia la violazione falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., e degli artt. 27 e 79 legge locaz., nonchè degli artt. 1362 e 1371 c.c., ed ancora la “insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, per avere la corte d’appello ritenuta la non sussistenza di una novazione del contratto stipulato in data 10 luglio 2001”. Anche in questo caso si tratta di censura inammissibile. Al di là della più articolata intitolazione del motivo, la società ricorrente denuncia pure in questo caso solamente un vizio di motivazione non ammissibile alla luce del nuovo tenore dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Invero, è stata la stessa Corte d’appello, che, per completezza argomentativa, si è interrogata circa l’eventuale efficacia novativa del contratto del 10 luglio 2001. La questione è stata correttamente risolta in punto di diritto, conformemente al costante orientamento della Cassazione, secondo cui, in tema di locazione, non è sufficiente ad integrare novazione del contratto la variazione della misura del canone o del termine di scadenza, trattandosi di modificazioni accessorie, essendo invece necessario, oltre al mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione (e rimanendo irrilevante, invece, la successione di un soggetto ad un altro nel rapporto, come verificatosi nella specie), che ricorrano gli elementi dell’animus e della causa novandi, il cui accertamento costituisce compito proprio del giudice di merito insindacabile in sede di legittimità se logicamente e correttamente motivato (Sez. 3, Sentenza n. 11672 del 21/05/2007, Rv. 596711; Sez. 3, Sentenza n. 5673 del 09/03/2010, Rv. 611737).

La censura in esame è dunque manifestamente infondata.

3. Con il quarto motivo di ricorso la Defi Italia s.r.l. censura il capo della sentenza d’appello relativo alle spese processuali, con particolare riferimento all’omessa compensazione delle stesse. La società ricorrente, infatti, afferma che la corte d’appello avrebbe parzialmente accolto le sue censure, quantomeno relativamente all’applicabilità al caso di specie della normativa di cui alla L. n. 392 del 1978.

Anche tale doglianza deve essere disattesa, considerando che dalla più corretta qualificazione giuridica del rapporto contrattuale intercorso fra le parti non è derivata alcuna conseguenza pratica in termini di accoglimento delle difese della Defi Italia s.r.l.. Avendo riguardo al petitum, deve quindi prendersi atto che la domanda del Condominio risulta pienamente accolta e l’appello proposto dalla menzionata società è stato integralmente rigettato. Conseguentemente, la corte d’appello ha correttamente applicato il criterio della soccombenza, senza ravvisare alcuno spazio per poter disporre la compensazione delle spese processuali.

4. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2017

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