Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14619 del 17/06/2010

Cassazione civile sez. II, 17/06/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 17/06/2010), n.14619

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.G.S., rappresentato e difeso dall’Avvocato Della

Ventura Francesco per procura speciale in calce al ricorso, ed

elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte suprema di Cassazione;

– ricorrente –

contro

AUTO IN s.r.l., in persona del legale rappresentante pro – tempore;

– intimata –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Eboli n. 89/05, depositata

in data 2© gennaio 2005.

Udita, la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17

dicembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Carestia Antonietta, che ha concluso per l’inammissibilità, o in

subordine il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 20 gennaio 2005, il Giudice di pace di Eboli, in sede di rinvio a seguito di cassazione della precedente sentenza n. 282 del 2000, rigettava l’opposizione proposta da D. G.S. avverso il decreto ingiuntivo emesso dal medesimo giudice di pace per il pagamento, in favore della Auto In s.r.l., della somma di L. 850.000; il Giudice rigettava altresì la domanda riconvenzionale proposta dal D.G., volta alla condanna della Auto In s.r.l. al pagamento della somma di L. 1.618.000.

Il Giudice rilevava che agli atti di causa risultavano la fattura n. 806 del 3 luglio 1991 rilasciata da Auto In s.r.l. al D.G., relativa ad accessori per l’auto Pegeout di quest’ultimo, per L. 850.000, e la fattura n. (OMISSIS) del 9 maggio 1991, rilasciata da Auto In s.r.l. al D.G. per la fornitura del veicolo ora indicato per l’importo di L. 27.000.000. In sede di interrogatorio libero, l’opponente aveva sostenuto che nulla doveva alla Auto In s.r.l. in quanto aveva provveduto ad adempiere le proprie obbligazioni, versando, anzi, per l’acquisto del veicolo, un importo eccedente il dovuto per L. 1.618.000. Il legale rappresentante della società opposta aveva invece dichiarato di avere effettuato, dopo l’acquisto della macchina, un intervento meccanico per un importo di L. 850.000, e di avere altresì montato un impianto stereo completo di quattro altoparlanti, il cui importo non era compreso nel prezzo pattuito per l’acquisto della vettura.

In questo contesto, il Giudice di pace rilevava quindi che un teste aveva confermato che sull’auto del D.G. era stata installata un’autoradio e che al momento del ritiro dell’auto il D.G. non aveva versato alcuna somma a titolo di pagamento del prezzo, precisando, peraltro, di non essere a conoscenza se nel prezzo dell’auto fosse inclusa l’autoradio o no. Un altro teste, viceversa, aveva riferito che nel prezzo complessivo della vettura – pari a L. 30.000.000 salvo sconti, dei quali il teste non era a conoscenza – erano inclusi sia l’autoradio che l’alettone posteriore sul cofano.

Il Giudice ha quindi ritenuto che questa seconda testimonianza fosse meno attendibile della prima, in quanto sull’autovettura del D. G. erano stati effettivamente installati degli accessori che non erano stati pagati dall’acquirente, che invece non aveva provato la propria domanda riconvenzionale.

Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso D.G. S. sulla base di due motivi; l’intimato non ha svolto attività difensiva.

La trattazione della causa è stata fissata per l’udienza del 5 aprile 2006, all’esito della quale la Corte, rilevato che sulla questione degli effetti del tardivo deposito in cancelleria, senza contestuale notifica all’intimato, mediante elenco ex art. 372 cod. proc. civ., dell’avviso di ricevimento della raccomandata di spedizione del plico con la quale è stata effettuata la notifica del ricorso a mezzo posta, era insorto contrasto, ha rinviato la trattazione della causa alla pubblica udienza. Tale questione è stata decisa dalle sezioni Unite con sentenza n. 627 del 2008.

La trattazione della causa è stata quindi fissata per l’udienza del 17 dicembre 2009.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in riferimento agli artt. 99 e 112 cod. proc. civ..

Il ricorrente sostiene di aver dato prova della fondatezza della propria domanda, avendo dimostrato il pagamento di una somma superiore al dovuto di L. 1.618.000. Rileva quindi che la creditrice opposta, nel costituirsi in giudizio in sede di riassunzione, aveva eccepito che esso ricorrente non avrebbe versato la somma relativa all’acquisto dello stereo. Una tale domanda, peraltro, non era stata posta a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo, che riguardava la pretesa di pagamento di spese di manutenzione dell’autovettura acquistata, sicchè risulterebbe violato il principio di cui all’art. 99 cod. proc. civ., giacchè nel ricorso per decreto ingiuntivo non vi era alcun riferimento allo stereo.

Peraltro, osserva il ricorrente, oltre a non accettare il contraddittorio su tale diversa prospettazione della creditrice opposta, egli aveva documentalmente provato il pagamento della somma di L. 29.498.000, superiore per L. 1.618.000 a quella effettivamente dovuta, che era di L. 27.880.000.

Ed ancora, il ricorrente rileva che, avendo il legale rappresentante della Auto In s.r.l., in sede di libero interrogatorio, ammesso di avere ricevuto un importo di L. 28.100.000, doveva ritenersi che in tale somma fosse inclusa anche la fornitura dell’autoradio, in relazione alla quale la creditrice non aveva emesso, nè prima nè dopo, fattura. In realtà, doveva ritenersi che egli aveva versato una eccedenza in nero; il che però non escludeva la fondatezza della domanda riconvenzionale.

Del resto, il teste S. aveva affermato che nel prezzo complessivo dell’auto, indicato in L. 30.000.000 prima dell’applicazione dello sconto, erano inclusi sia lo stereo che l’alettone. E, sul punto, le dichiarazioni del teste erano state precise, sicchè il Giudice di pace non avrebbe potuto ritenere le stesse inattendibili.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 91 cod. proc. civ., nonchè omessa pronuncia sul capo relativo alle spese del giudizio di rinvio.

Il Giudice ha liquidato le spese in misura chiaramente eccedente il valore della causa e non avrebbe tenuto conto che nel giudizio di cassazione egli era risultato vincitore.

Preliminarmente all’esame dei motivi di ricorso e al fine di delimitare il thema decidendum, si deve rilevare che dall’esame degli atti, consentito in questa sede in considerazione della natura della questione proposta con il primo motivo, emerge la seguente situazione processuale.

L’Auto In s.r.l. ebbe a richiedere decreto ingiuntivo per il pagamento di somme ritenute dovute per “lavori di riparazione meccanica effettuati il 3.7.1991 all’autovettura dello stesso” (e cioè del sig. D.G.), “come dimostrato dalla fattura, depositata con relativa bolla di accompagnamento”. E in effetti, la descrizione contenuta in tale ultimo documento denota l’esecuzione di lavori di manutenzione sull’autovettura del D.G..

Emerge altresì che, nel proporre opposizione a tale ingiunzione, il D.G. oppose in compensazione un proprio credito, assumendo di aver corrisposto, a titolo di prezzo dell’autovettura acquistata dalla Auto In s.r.l., una somma maggiore di quella dovuta, ed ebbe quindi a chiedere, in via riconvenzionale, la condanna della Auto In s.r.l. al pagamento della somma di L. 768.000.

L’allora competente giudice conciliatore, con provvedimento in data 13 maggio 1994, rilevò che l’eccezione di compensazione proposta dall’opponente comportava l’esame di una domanda di competenza del Pretore e quindi rimise le parti dinnanzi al Pretore di Eboli, con riferimento all’accertamento del credito di L. 1.618.000 opposto in compensazione dal D.G.; ritenuta peraltro la competenza funzionale di esso conciliatore sulla opposizione a decreto ingiuntivo, con il medesimo provvedimento dispose contestualmente la sospensione del giudizio di opposizione sino alla definizione della causa incidentale.

Il D.G. riassunse dunque la causa dinnanzi al Pretore di Eboli con atto notificato il 19 settembre 1994, nel quale chiese che venisse accertato il suo credito di L. 1.618.000 e che successivamente la causa fosse rimessa davanti al giudice competente.

Nel giudizio cosi riassunto, si costituì la creditrice opposta, la quale contestava la domanda assumendo che la maggior somma era dovuta per l’aggiunta di accessori.

Espletata l’istruttoria, il Giudice di pace di Eboli, con sentenza n. 282, depositata il 19 maggio 2000, respinse sia la domanda dell’attore che quella del convenuto.

A seguito di ricorso per cassazione proposto da D.G. S., questa Corte, con sentenza n. 19055 del 2003, cassò l’impugnata decisione con rinvio ad altro Giudice di pace di Eboli.

Dalla citata sentenza di questa Corte emerge che la causa, riassunta dal D.g., venne dal Pretore di Eboli rimessa al Giudice di pace della medesima città. Emerge altresì che, nel costituirsi in quel giudizio, la Auto In s.r.l. contestò le pretese del D. G., sostenendo che le somme in decreto erano dovute per l’aggiunta di qualche oggetto accessorio all’auto.

Il giudizio veniva quindi riassunto da Auto In s.r.l., la quale chiedeva il rigetto della domanda di D.G.S. di condanna di essa società al pagamento della somma di L. 1.618.000 (domanda proposta con l’atto di riassunzione del 16 settembre 1994), nonchè di tutte le altre domande proposte con il medesimo atto.

Nel giudizio cosi riassunto si costituiva il D.G., il quale a sua volta concludeva chiedendo che il Giudice di pace, in accoglimento della domanda, accertasse che egli era creditore della somma di L. 1.618.000 (pari a Euro 835,62) per le causali di cui in assertiva, e per tale effetto la condanna della società attrice al pagamento della citata somma, ovvero che venisse disposta “la compensazione del predetto credito con il credito vantato dalla società attrice previa condanna alla restituzione della differenza pari a L. 768.000, Euro 396,63, e, di conseguenza, rimettere le parti dinnanzi al Giudice competente per la prosecuzione del giudizio di opposizione sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c.”.

Il Giudice di pace di Eboli, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’opposizione del D.G. al decreto ingiuntivo e la domanda riconvenzionale dallo stesso D.G. proposta.

Sulla base della ricostruzione ora compiuta sulla base degli atti contenuti nel fascicolo d’ufficio, il Collegio rileva quanto segue:

a) non risulta in alcun modo avvenuta la riassunzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo a seguito della sospensione dello stesso disposta dal giudice conciliatore di Eboli nel settembre 1994;

b) la sentenza del 2000 del Giudice di pace di Eboli ebbe a pronunciarsi anche sulla opposizione a decreto ingiuntivo, avendo nella sostanza ritenuto non provate tutte le domande; c) il ricorso per cassazione proposto dal D.G. avverso detta decisione aveva ad oggetto, secondo quanto si desume dalla precedente sentenza di questa Corte, la assoluta carenza di motivazione; d) nell’atto di riassunzione della Auto In s.r.l., a seguito della cassazione con rinvio, si è fatta questione unicamente del preteso credito fatto valere dal D.G. in via riconvenzionale; e) nella comparsa di costituzione nel giudizio riassunto, quest’ultimo ha espressamente chiesto che il Giudice di pace, accolta la domanda o disposta la compensazione, rimettesse le parti dinnanzi al Giudice competente per la prosecuzione del giudizio sospeso.

Ciò chiarito, si può ora procedere all’esame del primo motivo di ricorso, che, ad avviso del Collegio, è inammissibile.

Il motivo è inammissibile, innanzitutto, nella parte in cui denuncia la violazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., per avere il giudice di pace rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo, ritenendo che il credito della società opposta fosse relativo non a lavori di manutenzione, come originariamente richiesto, ma alla fornitura di accessori diversi, al pagamento dei quali nel ricorso ingiuntivo non era fatto alcun cenno.

Invero, stante la perdurante sospensione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, risulta evidente che ciò di cui il ricorrente avrebbe potuto dolersi era non già la questione fatta valere con il motivo in esame, ma la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. sotto il diverso profilo dell’avere il Giudice di pace preso in esame una domanda estranea all’ambito della sua cognizione, per essere il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo stato sospeso e non risultando che lo stesso fosse stato riassunto, pur se, a seguito della trasmissione della controversia ritenuta pregiudicante al medesimo Giudice di pace, non vi sarebbe più stata la ragione giustificatrice di detta sospensione, per essere sia il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo sia la domanda riconvenzionale di competenze del medesimo Giudice.

Il motivo è inammissibile anche nella parte in cui si riferisce al capo della sentenza di rigetto della domanda riconvenzionale.

Il Giudice di pace, sulla base delle risultanze i-struttorie, ha ritenuto non provato che il ricorrente abbia pagato una somma eccedente il dovuto a titolo di prezzo per l’acquisto dell’autovettura.

In proposito, si deve ricordare che questa Corte ha avuto modo di affermare che “le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, ai sensi del secondo comma dell’art. 113 cod. proc. civ., sono ricorribili in cassazione per violazione delle norme processuali, per violazioni della Costituzione e delle norme comunitarie, nonchè per violazione dei principi informatori della materia e per nullità attinente alla motivazione, che sia assolutamente mancante o apparente, ovvero fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contraddittorietà. E’ pertanto inammissibile il ricorso per cassazione col quale si lamenta l’errore in cui sarebbe incorso il giudice nella individuazione e ricostruzione delle prove” (Cass., n. 2215 del 2007).

E nella specie, il ricorrente si duole proprio della valutazione delle risultanze istruttorie offerta dal Giudice di pace e della mancata valutazione delle prove documentali che avrebbero dimostrato il pagamento di una somma superiore a quella dovuta per l’acquisto dell’autovettura (senza, peraltro, riprodurne il contenuto nel ricorso, in violazione del principio di autosufficienza).

Il secondo motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.

E’ infondato, nella parte in cui il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., giacchè il Giudice di pace ha correttamente posto a carico del medesimo ricorrente le spese di giudizio, essendo egli rimasto soccombente sulla domanda riconvenzionale, ritenuta non provata, e dovendosi la soccombenza valutare in base al risultato complessivo della lite. Ne consegue che è irrilevante la circostanza che il precedente ricorso per cassazione è stato accolto, dovendo la valutazione essere effettuata sulla base dell’esito complessivo della lite. E’ noto, infatti, che “in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse e il suddetto criterio non può essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a lei favorevole” (Cass., n. 406 del 2008).

In particolare, “per l’ipotesi di cassazione della sentenza, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, deve attenersi al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio e al loro risultato, con la conseguenza che la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione e tuttavia soccombente in rapporto all’esito finale della lite, può essere legittimamente condannata al rimborso delle spese in favore dell’altra parte anche per il grado di cassazione” (Cass., n. 2634 del 2007).

Il motivo è invece inammissibile, nella parte in cui denuncia la eccessività della misura delle spese liquidate dal Giudice di pace, dal momento che il ricorrente si è limitato ad una generica denuncia di violazione delle disposizioni vigenti in materia, ma non ha dedotto, con specifico riferimento al valore della causa, e alle fasi processuali alle quali la censurata liquidazione si riferiva, la violazione dei massimi della tariffa professionale. E’ noto, infatti, che “in sede di ricorso per cassazione la determinazione del giudice di merito relativa alla liquidazione delle spese processuali può essere censurata solo attraverso la specificazione delle voci in ordine alle quali lo stesso giudice sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che il mero riferimento a prestazioni che sarebbero state riconosciute in violazione della tariffa massima, senza la puntuale esposizione delle voci in concreto liquidate dal giudice, è da qualificarsi generico, con derivante inammissibilità dell’inerente motivo” (Cass., n. 20904 del 2005).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, a seguito di riconvocazione, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2010

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