Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14616 del 15/07/2016

Cassazione civile sez. VI, 15/07/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 15/07/2016), n.14616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19615/2014 proposto da:

I.V., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ENZO MORRICO,

rappresentato e difeso dagli avvocati ROBERTO MORANTE, LIBERATO

FRANCESCO DE FALCO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7813/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

19/11/2013, depositata i128/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/05/2016 dal Consigliere Doti GIULIO FERNANDES.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa e’ stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 24 maggio 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Il Tribunale di Nola, in funzione di giudice del lavoro, in parziale accoglimento della domanda proposta da I.V. nei confronti di C.M., accertata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti per il periodo dal 1.9.1985 al 30.9.1992, condannava il C. al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 37.849,17 oltre accessori.

Tale decisione veniva riformata, con sentenza del 28 gennaio 2014, dalla Corte di Appello di Napoli che rigettava integralmente la domanda dello I..

Ad avviso della Corte, per quello che in questa sede ancora rileva, non poteva ritenersi che lo I. avesse assolto all’onere, su di lui incombente, di provare la ricorrenza dei tratti tipici della subordinazione non essendo stati all’uopo sufficienti gli elementi emersi dall’esame dei testi escussi.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso lo I. affidato – per quanto e’ dato comprendere – ad un unico articolato motivo.

Il C. e’ rimasto intimato.

Va, in primo luogo, rilevato che nel ricorso viene censurata l’impugnata sentenza nella parte in cui, nel valutare la eccezione di inammissibilita’ dell’appello perche’ generico, l’aveva ritenuta infondata osservando come l’appellante avesse proceduto ad una analitica disamina della prova testimoniale espletata proponendone una interpretazione diversa da quella posta a fondamento della decisione del primo giudice.

Sul punto si rileva che la censura e’ inammissibile in quanto non viene dedotto alcuno degli specifici motivi elencati dall’art. 360 c.p.c., ed anche perche’ il ricorrente, dopo aver riportato una serie di massime di questa Corte in materia di nullita’ dell’appello per carenza di specificita’ dei motivi, si limita ad affermare che il gravame doveva essere dichiarato inammissibile, senza muovere alcuna critica specifica alla surriportata motivazione dell’impugnata sentenza.

Il ricorso prosegue deducendo la “erronea applicazione dell’art. 2697 c.c., erronea valutazione delle risultanze istruttorie – contraddittorieta’ di motivazione” assumendosi che il giudice del gravame non aveva correttamente valutato le deposizioni dei testi, diversamente dal Tribunale che, invece, sulla scorta di un’accurata disamina delle medesime, aveva correttamente individuato la sussistenza di tutti i tratti tipici del rapporto di lavoro subordinato e cioe’ che il ricorrente aveva lavorato alle dipendenze del C. presso il distributore di benzina da quest’ultimo gestito.

Il motivo e’ inammissibile.

Lo e’ in quanto, nonostante tale formale richiamo contenuto nell’intestazione del motivo, tutte le censure prospettate si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata o omessa valutazione del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti.

Invero, e’ stato in piu’ occasioni affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr. e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003). E’ inammissibile anche laddove lamenta il vizio di motivazione contraddittoria.

Ed infatti va rilevato che alla presente controversia trova applicazione il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 2, n. 5 (come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modifiche in L. 7 agosto 2012, n. 134) essendo stata pubblicata l’impugnata sentenza dopo 11 settembre 2012 (ai sensi dell’art. 54, comma 3 D.L. cit.).

Orbene, le Sezioni Unite di questa Corte (SU n. 8053 del 7 aprile 2014) hanno avuto modo di precisare che, a seguito della modifica dell’art. 360, comma 1 n. 5 cit., il vizio di motivazione si restringe a quello di violazione di legge e, cioe’, dell’art. 132 c.p.c., che impone al giudice di indicare nella sentenza “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”.

Ed infatti, perche’ violazione sussista si deve essere in presenza di un vizio “cosi’ radicale da comportare con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullita’ della sentenza per mancanza di motivazione”, fattispecie che si verifica quando la motivazione manchi del tutto oppure formalmente esista come parte del documento, ma le argomentazioni siano svolte in modo “talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioe’ di riconoscerla come giustificazione del decisum.

Pertanto, a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sulla esistenza (sotto il profilo della assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorieta’ e dell’illogicita’ manifesta).

Inoltre, il vizio puo’ attenere solo alla questio facti (in ordine alle questio juris non e’ configurabile un vizio di motivazione) e deve essere testuale, deve, cioe’, attenere alla motivazione in se’, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Quanto invece allo specifico vizio previsto dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in cui e’ scomparso il termine motivazione, deve trattarsi di un omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Le Sezioni unite hanno specificato che “la parte ricorrente dovra’ indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui risulti l’esistenza, il come ed il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisivita’ del fatto stesso”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

E’ evidente, quindi, che il motivo all’esame non presenti alcuno dei requisiti di ammissibilita’ richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5, cosi’ come novellato nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di questa Corte. Ed infatti, non lamenta l’omesso esame di un fatto storico ma si risolve nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti che finisce con il con il sollecitare una nuova valutazione del merito della controversia inammissibile, come gia’ detto, in questa sede.

Per tutto quanto sopra considerato, si propone la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della riportata relazione e, quindi, dichiara inammissibile il ricorso.

Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio non avendo il C. svolto alcuna attivita’ difensiva.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto del D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilita’ 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si e’ perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non e’ collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Cosi’ deciso in Roma, il 24 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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