Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14616 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28869-2018 proposto da:

A.G., rappresentato e difeso dall’avvocato Carlo

Angelini ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Antonio

Baiamonti, n. 10, presso lo studio dell’avvocato Massimiliano

Casadei;

– ricorrente –

contro

S.F., L.R., rappresentati e difesi

dall’avvocato Claudio Fraticelli ed elettivamente domiciliati in

Roma, Piazza Cola di Rienzo, n. 92, presso lo studio dell’avvocato

Elisabetta Nardone;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1485/2017 della Corte d’appello di Ancona,

depositata l’11/10/2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso e il controricorso;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27 febbraio 2020 dal Consigliere Dott. Cosimo

D’Arrigo.

Fatto

RITENUTO

A.G. ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo, avverso la sentenza indicata in epigrafe, deducendo che l’atto d’appello è stato notificato, anzichè presso il domicilio eletto nel circondario del Tribunale di Macerata, presso lo studio del proprio avvocato in Fermo.

S.F. e L.R. hanno resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Il ricorso è inammissibile in quanto tardivo.

Infatti, la sentenza è stata pubblicata in data 11 ottobre 2017 e il

ricorso è stato notificato 1 ottobre 2018, quindi ben oltre la scadenza del termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c.

Nel caso in esame non ricorrono neppure le condizioni alle quali del l’art. 327 c.p.c., comma 2, consente l’impugnazione tardiva, ossia che la nullità della notificazione della citazione in appello abbia determinato la mancata conoscenza del provvedimento da impugnare.

L’art. 330 c.p.c., prevede che l’impugnazione deve essere notificata nel domicilio eletto nell’atto di notificazione della sentenza; altrimenti, presso il procuratore costituito o nel domicilio eletto per il giudizio.

Nel caso di specie, non risulta che l’ A. abbia eletto domicilio con l’atto di notificazione della sentenza di primo grado. Piuttosto, dal controllo del fascicolo di parte del primo grado emerge che nel ricorso per decreto ingiuntivo ed anche nella comparsa di costituzione avverso l’opposizione l’ A. non aveva indicato alcun difensore domiciliatario. L’elezione del domicilio risulta solamente dall’intestazione della comparsa conclusionale.

Non ricorre, pertanto, l’ipotesi prevista dalla prima parte dell’art. 330 c.p.c., comma 1. Di conseguenza, l’atto di citazione in appello poteva essere legittimamente notificato tanto presso (la residenza dichiarata o) il domicilio eletto, quanto presso il procuratore costituito.

E’ pertanto valida – e non dà luogo alla possibilità dell’impugnazione tardiva contemplata dall’art. 327 c.p.c., comma 2, – la notificazione dell’atto di citazione in appello effettuata presso lo studio (in (OMISSIS)) dell’avvocato Carlo Angelini, procuratore costituito dell’ A. (regolarmente perfezionatasi ai sensi dell’art. 140 c.p.c.), anzichè presso lo studio dell’avvocato domiciliatario M.S. (in Corridonia – MC, Via dell’Industria, n. 280).

Il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82 (“Norme integrative” dell’ordinamento forense) stabilisce che i procuratori che esercitano in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del Tribunale al cui ordine sono iscritti (c.d. difensore extra districtum), devono eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso. La prescrizione, sanzionata con previsione che in mancanza le notificazioni degli atti del processo possono compiersi presso la cancelleria del giudice, è dettata al solo fine di esonerare la parte alla quale incombe la notificazione dai maggiori oneri connessi all’esecuzione della stessa fuori del circondario. Pertanto, la disposizione in commento non implica alcuna nullità della notificazione eseguita al domicilio eletto dalla controparte presso lo studio del difensore esercente fuori del circondario, giacchè, in tal caso, la parte interessata alla notificazione adempie in maniera ancor più diligente agli obblighi che le incombono ai fini della ritualità della notifica stessa, che, in siffatta forma, vale ancor più a far raggiungere all’atto lo scopo previsto dalla legge (Sez. L, Sentenza n. 4247 del 03/03/2015, Rv. 634580 – 01; Sez. L, Sentenza n. 17342 del 25/08/2005, Rv. 583407 – 01).

Deve, pertanto, affermarsi che la notificazione dell’atto di citazione in appello era valida e, comunque, era certamente idonea al raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c., talchè non può dirsi che l’eventuale vizio sia stato tale da impedire la conoscenza del provvedimento da impugnare. Condizione, quest’ultima, alla quale soltanto l’art. 327 c.p.c., comma 2, subordina l’ammissibilità dell’impugnazione tardiva.

In conclusione, l’unico motivo di ricorso, con il quale – per l’appunto l’ A. sostiene che la notificazione dell’atto di appello fosse nulla, è infondato e da ciò ne deriva che, non sussistendo i presupposti per l’impugnazione tardiva, il ricorso stesso è inammissibile in quanto proposto oltre la scadenza del termine di decadenza fissato dall’art. 327 c.p.c., comma 1.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione proposta.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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