Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14613 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. I, 26/05/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 26/05/2021), n.14613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7620/2019 proposto da:

S.Z., elettivamente domiciliato in Pescara alla Piazza S.

Andrea n. 13 presso l’avv. Antonino Ciafardini, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2381/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 29/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2020 da Dott. PIERLUIGI DI STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.Z., cittadino del (OMISSIS), ricorre con tre motivi avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona del 29 ottobre 2018 che rigettava la sua impugnazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che confermava il diniego da parte della Commissione territoriale del riconoscimento del suo status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il richiedente fondava la richiesta sulle seguenti circostanze:

– a seguito di un conflitto interetnico, erano stati uccisi suo padre, le sorelle ed un fratello e incendiata la casa familiare; si era trasferito altrove ma, avendo malmenato una donna di opposta etnia cagionandone la morte, era ricercato dalla polizia e quindi era espatriato.

La Corte di appello riteneva che la vicenda, generica e poco credibile, fosse stata riferita in tali termini per l’apparente corrispondenza al contesto del paese di provenienza; mancava qualsiasi elemento indicativo dell’effettivo rischio di incarcerazione in caso di rientro o comunque di pericolo per la sua persona, non essendovi in (OMISSIS) attuali condizioni interne di pericolo generalizzato. Nè, comunque, ravvisava condizioni di vulnerabilità individuale.

Il Ministero intimato ha depositato un “atto di costituzione” senza svolgere difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorrente con il primo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs n. 251 del 2007, artt. 3 e 5.

E’ mancato un doveroso intervento “quanto meno esplorativo e informativo” per verificare l’esposizione a pericolo del ricorrente in considerazione del principio di onere della prova attenuato.

Il motivo è infondato in quanto, nel suo sviluppo, si limita ad una generica doglianza riportando le regole applicabili nella data materia senza alcuna effettiva riferibilità al caso concreto. Non risultano, quindi, indicate le ragioni per dubitare della correttezza della decisione che, avendo rilevato in radice la non credibilità del richiedente, nel rispetto degli indicatori di affidabilità di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ha escluso per il caso concreto l’obbligo di necessaria cooperazione istruttoria.

Con il secondo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) o c), per non avere la Corte d’Appello riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del cittadino derivante da una situazione di violenza indiscriminata, pur essendo nota la situazione di rischio in (OMISSIS), come risulta dalle fonti internazionali. Rileva, inoltre, come in tale paese non vi sia protezione dei diritti individuali trovandosi il ricorrente privo di tutela nel rapporto con il capovillaggio, considerato anche il livello elevato di corruzione del sistema giudiziario e penitenziario.

Anche tale motivo è infondato. Innanzitutto, gli argomenti sviluppati non sembrano riferibili alla vicenda di S., quale riportata nella sentenza impugnata, dimostrando, quindi, come larga parte degli argomenti siano generici e non costruiti sulla vicenda concreta.

In ogni caso, considerando che il motivo contesta la correttezza della motivazione, a parte i limiti posti in tale caso dall’art. 360 c.p.c., n. 5, vi è una congrua motivazione della Corte di appello sulla insussistenza di rischio individualL pur a fronte della valutazione dell’ambito di pericolosità dello Stato di destinazione, fondata su fonti internazionali affidabili ed il ricorso sì limita ad affermare apoditticamente il contrario.

Con il terzo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per il diniego del permesso per motivi umanitari ed il “vizio della sentenza di appello in parte qua ex art. 134 c.p.c., n. 2 per motivazione contraddittoria e/o apparente non essendo percepibile il fondamento della decisione”.

Si tratta di un motivo infondato.

Innanzitutto, larga parte degli argomenti sono generali e non riferibili alla vicenda concreta e le questioni sulla normativa applicabile nel caso di specie sono irrilevanti perchè conformi all’applicazione fatta dalla stessa Corte di appello.

Quanto agli argomenti più specifici, la sentenza ha deciso sulla richiesta di permesso considerando essenzialmente l’assenza di condizioni di particolare vulnerabilità che giustifichino la protezione. Il ricorso, invece, fonda il rilievo di assenza di motivazione solo sul profilo della mancata considerazione dell’inserimento del richiedente nel contesto sociale e lavorativo italiano, ma non tiene conto del diverso profilo della situazione personale nel paese di origine, affermando esservi le condizione di vulnerabilità individuale in base alla vicenda narrata che, però, è stata ritenuta inattendibile.

Quindi la decisione, sul punto, non ha nè violato la legge nè presenta una carenza assoluta di motivazione avendo motivato sul dato essenziale che il richiedente non ha assolto all’onere minimo di allegazione delle condizioni di disagio cui sarebbe esposto in conseguenza del rimpatrio.

Nulla per spese, non avendo l’avvocatura dello Stato svolto alcuna attività difensiva.

Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso. Nulla per spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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