Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14611 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. III, 09/07/2020, (ud. 02/03/2020, dep. 09/07/2020), n.14611

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11870/2018 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 265 (TEL/FAX 06.88973219 CELL 349/4752493), presso lo

studio dell’avvocato TERESA GIGLIOTTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato EMILIA CERCHIARA;

– ricorrente –

contro

FI.GI., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

RENZO BRIGUGLIO, GIUSEPPE ALLEGRA;

FI.GI., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

RENZO BRIGUGLIO, GIUSEPPE ALLEGRA;

– controricorrenti –

e contro

F.S., FI.GA.;

– intimati –

nonchè da:

FI.GA., F.S., domiciliati ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato GIOVANNI MIASI;

– ricorrente incidentale –

contro

F.G., FI.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1008/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 11/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/03/2020 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.G. ricorre per la cassazione della sentenza n. 1008/2017, della Corte d’Appello di Messina, pubblicata l’11 ottobre 2017, articolando due motivi.

Resiste con controricorso Fi.Gi.. Resistono e propongono ricorso incidentale, basato su due motivi, Fi.Ga. e S.. Ad esso replica con controricorso Fi.Gi..

Fi.Gi., cui con sentenza definitiva, all’esito di un giudizio di divisione ereditaria, era assegnata una bottega di mq 28, sita nel comune di (OMISSIS), agiva, ex art. 702 bis c.p.c., nei confronti di F.G., Ga. e S. per ottenere il rilascio dell’immobile, libero e sgombro da cose e persone, e la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., quantificati in Euro 9.800,00 o nella diversa somma ritenuta di giustizia, oltre ai danni di carattere patrimoniale e non, riconducibili ai disagi per le varie diffide ed azioni che era stata costretta ad attivare per ottenere il rilascio del bene, da liquidarsi in via equitativa.

F.S. e Ga. chiedevano il rigetto delle azioni sia in relazione al rilascio dell’immobile sia in relazione al risarcimento del danno, ribadendo quanto già dichiarato dinanzi al giudice dell’esecuzione immobiliare e cioè di non avere la disponibilità dell’immobile.

F.G., premesso di essere proprietario quale erede testamentario di R.G., litisconsorte necessario rimasta estranea al giudizio divisorio, della metà di 6/7 della bottega, dichiarava di non opporsi al rilascio della quota di spettanza dell’attrice e svolgeva domanda riconvenzionale per la rivendica della proprietà della quota di propria spettanza.

Il Tribunale di Messina accoglieva parzialmente la domanda della ricorrente nei confronti di F.G., condannandolo all’immediato rilascio della bottega, rigettava la domanda risarcitoria nei confronti di quest’ultimo, respingeva il ricorso nei confronti di Fi.Ga. e S., dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale di F.G. che condannava al pagamento delle spese di lite a favore della ricorrente, condannava quest’ultima al pagamento delle spese di lite nei confronti di Fi.Ga. e S..

Fi.Gi., censurando la dichiarazione di carenza di legittimazione passiva di F.S. e Ga., la condanna al pagamento delle spese di lite nei loro confronti, il rigetto della domanda per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., impugnava la decisione dinanzi alla Corte d’Appello di Messina.

Essendo la sentenza immediatamente esecutiva, F.G. consegnava le chiavi dell’immobile e provvedeva al pagamento delle spese de giudizio di prime cure e, con appello incidentale, chiedeva la riforma della sentenza quanto alla condanna al pagamento delle spese di lite e al rigetto della domanda riconvenzionale.

La Corte d’Appello, in accoglimento parziale del gravame, condannava F.G. al pagamento di Euro 3.000,00, al netto degli interessi legali, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, compensava le spese di primo grado tra F.G. e Fi.Ga. e S., rigettava l’appello incidentale di F.G., compensava le spese del giudizio d’appello tra Fi.Gi. e F.S. e Ga., condannava F.G. al pagamento delle spese del processo d’appello a favore di Fi.Gi..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce l’erronea pronunzia in ordine al mancato riconoscimento del diritto di proprietà di R.G. e del suo avente causa, sulla metà dei 6/7 dell’immobile ed agli effetti derivanti dalla mancata citazione del litisconsorte pretermesso, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La tesi è che la sentenza che aveva sciolto la comunione ereditaria era sì passata in giudicato, ma non nei confronti del litisconsorte necessario pretermesso, perciò non poteva fare stato nei confronti di R.G., sua dante causa, che non era stata parte nè del giudizio di primo grado nè di quello d’appello.

Il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza, la quale non ha condiviso la decisione del giudice di prime cure circa il passaggio in giudicato della sentenza di divisione anche nei confronti del legittimario pretermesso; al contrario, ha ritenuto non manifestamente infondata e insostenibile la tesi prospettata dall’appellante incidentale, ma ha giudicato improponibile la questione – implicante la valutazione dell’efficacia o meno di una rinuncia all’eredità dell’odierno ricorrente – nel corso di un giudizio che aveva ad oggetto l’azione personale di rilascio del bene. Quindi, secondo la Corte d’Appello l’odierno ricorrente avrebbe dovuto far valere in un autonomo giudizio di cognizione e/o di opposizione di terzo i diritti sul bene.

Tale motivazione non è stata neppure scalfita dalle argomentazioni del ricorrente.

Il motivo deve, quindi, considerarsi inammissibile.

2. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza gravata per violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento alla condanna al risarcimento del danno in favore di Fi.Gi. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Premesso che la Corte d’Appello ha ravvisato la ricorrenza dell’elemento soggettivo, necessario per la condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, tenendo conto della insostenibilità delle tesi prospettate in giudizio, dell’obbligo del ricorrente di rispettare la sentenza di divisione, dell’impossibilità di far valere la titolarità in capo ai terzi di parte del bene che era stata già espressamente rilevata dal giudice della cautela con l’ordinanza ex art. 700, resa tra le stesse parti, della riproposizione di tale ultima questione con le medesime argomentazioni, dell’azione in giudizio in via esecutiva nei confronti di Fi.Gi. per ottenere il conguaglio avvalendosi ed azionando proprio quella sentenza di divisione che, di fronte ad una domanda di rilascio veniva contestata, chiedendo un nuovo assetto divisionale, le argomentazioni del ricorrente sono le seguenti: a) non c’era stata alcuna azione di contestazione della sentenza di divisione, ma solo la richiesta che essa valesse solo tra le parti e per le quote che avevano formato oggetto del giudizio rivendicando la quota che non aveva formato oggetto di accertamento ed anzi era rimasta estranea allo stesso; b) la sentenza di divisione, in quanto sentenza di accertamento, non conteneva alcun ordine di rilascio o condanna; c) egli aveva agito in qualità di erede, aderendo all’ordinanza ex art. 700 c.p.c.; d) la Corte territoriale non aveva tenuto conto della sua ottemperanza all’obbligo di consegna delle chiavi e di pagamento delle spese processuali nè del fatto che la sua pretesa era fondato su un titolo realmente esistente.

Si osserva che, in materia di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ai fini della condanna al risarcimento dei danni, l’accertamento dei requisiti costituiti dall’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave ovvero dal difetto della normale prudenza, implica un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità; pertanto, la dedotta violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 è inammissibile.

Sotto il profilo, invece, dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, trattandosi, appunto di questione di fatto, in relazione alla quale il ricorrente prospetta che “la statuizione ex art. 96 c.p.c., comma 3, presuppone la rimproverabilità della sua condotta, che qui mancherebbe”, va rilevato che, alla luce dell’insegnamento delle Sezioni Unite, sentenza del 20/04/2018, n. 9912, l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte di merito risulta ineccepibile ed assolutamente congruo e esaustivo.

Ai fini della condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, volta a salvaguardare finalità pubblicistiche, correlate all’esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, e a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall’art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un abuso della potestas agendi (Cass. 03/09/2019, n. 22042), è necessaria, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell’ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate; peraltro, sia la mala fede che la colpa grave devono coinvolgere l’esercizio dell’azione processuale nel suo complesso, cosicchè possa considerarsi meritevole di sanzione l’abuso dello strumento processuale in sè, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, come nel caso di pretestuosità dell’azione per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, ovvero per la manifesta inconsistenza giuridica o la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione).

Ebbene, il sollecitato controllo di ragionevolezza della statuizione della Corte d’Appello induce questo Collegio a ritenere che essa sia immune da censure, perchè il complesso delle circostanze valutate era tale da giustificare la stimata sussistenza dell’elemento soggettivo, là dove quello asseritamente non esaminato è del tutto privo di decisività, nel senso che non avrebbe potuto giustificare una statuizione di segno diverso, giacchè il comportamento processuale dell’odierno ricorrente consistito nell’esecuzione di una sentenza di condanna non implicava da parte sua alcuna scelta nè sull’an nè sul quomodo, essendo un comportamento non solo dovuto, ma non implicante alcun margine di valutazione discrezionale circa le modalità di adempimento, quindi, del tutto privo di rilievo al fine di valutare, onde escluderla, la colpevolezza del comportamento processuale complessivamente adottato.

Ricorso incidentale di Fi.Ga. e S..

3. Stante l’inammissibilità del ricorso principale, deve dichiararsi l’inefficacia, ex art. 334 c.p.c., comma 2, di quello incidentale (con cui i ricorrenti lamentano l’erronea pronunzia in ordine alla loro legittimazione passiva, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, rappresentato dalla dichiarazione resa all’udienza dinanzi al giudice dell’esecuzione di non essere in possesso delle chiavi dell’immobile che si trovava nell’esclusiva disponibilità di F.G. (motivo numero uno) nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento alla compensazione delle spese e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio rappresentato dall’insussistenza della detenzione e l’insussistenza e mancata prova dei pretesi danni ed in definitiva la soccombenza totale della ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (motivo numero due) in quanto tardivo.

Esso, come emerge dagli esami degli atti, risulta notificato il 14/04/2018 avverso la sentenza impugnata, depositata l’11/10/2017, e in epoca successiva alla proposizione dal ricorso incidentale (10/04/2018). Il ricorso incidentale tardivo non gode di autonomia rispetto al ricorso principale, ripercuotendosi l’inammissibilità di quest’ultimo sull’ammissibilità del primo, atteso che, a mente dell’art. 334 c.p.c., comma 1, se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde efficacia.

4. La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace quello incidentale.

5. Le spese del presente giudizio di cassazione sono liquidate nella misura indicata in dispositivo, dandosi atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace quello incidentale.

Condanna sia il ricorrente principale sia quello incidentale al pagamento delle spese di lite nei confronti di Fi.Gi., liquidandole in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Compensa le spese tra il ricorrente principale e quello incidentale.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA