Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1461 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/01/2017, (ud. 23/11/2016, dep.20/01/2017),  n. 1461

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21564/2014 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GAVORRANO 12,

presso lo studio dell’avvocato MARIO GIANNARINI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato DAVIDE MERLO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente_-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 489/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA del

21/01/2014, depositata il 28/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

C.M. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia Sezione staccata di Brescia n. 489/63/2014, depositata in data 28/01/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, per maggiori IRPEF ed addizionali regionali e comunali, in relazione all’anno d’imposta 2005, a seguito di rideterminazione con il metodo sintetico del reddito dichiarato, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile il gravame della contribuente per difetto di specificità dei motivi, affermando che l’impugnazione si limitava “a riportare integralmente il contenuto del ricorso di primo grado, del quale è mera riproduzione testuale”, senza esprimere “valutazioni critiche”, così da impedire al giudice “di individuare le ragioni di fatto e di diritto per le quali la sentenza risulterebbe meritevole di riforma”. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.

2. La censura è infondata.

Ed infatti questa Corte ha affermato che “in tema di contenzioso tributario, la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 1, determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora l’atto di appello, benchè formulato in modo sintetico, contenga una motivazione e questa non possa ritenersi “assolutamente” incerta, essendo interpretabile, anche alla luce delle conclusioni formulate, in modo non equivoco” (Cass. 6473/2002) ed, inoltre, “non essendo imposti dalla norma rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere “specifici” i motivi d’appello possono essere ricavati, anche per implicito, purchè in maniera univoca, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni” (Cass. 1224/2007; Cass. 27080/2008).

Come poi ribadito anche di recente da questa Corte (Cass. ord. 14908/2014), nel processo tributario, anche “la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza”.

Nella specie, tuttavia, l’appellante, non ha contestato la motivazione espressa da parte dei giudici della C.T.P., limitandosi a riprodurre le argomentazioni già espresse nel ricorso introduttivo, in ordine all’illegittimità dell’atto impositivo, emesso D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, per carenza di motivazione, senza alcun riferimento critico alle statuizioni di primo grado di cui chiedeva la riforma.

Risulta, pertanto, che l’appello non fosse sufficientemente specifico e non contenesse espresse censure rivolte alle sentenze di primo grado e quindi quella necessaria “parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico giuridico” (Cass. S.U. 23299/2011).

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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