Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14609 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 15/07/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 15/07/2016), n.14609

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2570/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1168/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE, della CAMPANIA del 9/12/2013, depositata il 03/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di P.R. (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 1168/01/2014, depositata in data 3/02/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per maggiore IRPEF dovuta, in relazione all’anno d’imposta 2001, dal contribuente, socio della P. srl, societa’ a ristretta base azionaria, in fallimento, a fronte dell’imputazione, pro-quota, del maggior reddito accertato nei confronti della societa’, – e’ stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente (in conseguenza dell’annullamento dell’atto impositivo notificato alla societa’).

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che l’esito del giudizio doveva essere “uniformato al deciso per la fallita societa’ partecipata”, conclusosi con sentenza della C.T.R. n. 146/32/2013, di rigetto dell’appello dell’Ufficio. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., e’ stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullita’ della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per avere i giudici della C.T.R. omesso di pronunciarsi in ordine all’istanza di sospensione del procedimento.

La censura e’ infondata, dovendo ritenersi che il giudice abbia implicitamente respinto l’istanza dell’appellante di sospensione del giudizio, ex art. 295 c.p.c., a fronte della produzione, da parte dell’appellato, della sentenza della C.T.R. emessa a conclusione del giudizio concernente l’impugnazione dell’avviso di accertamento a carico della societa’.

2. La ricorrente, con il secondo motivo, lamenta poi la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 295 c.p.c., in quanto la C.T.R. si e’ unicamente basata su di una pronuncia non definitiva, resa nel giudizio riguardante la societa’, laddove avrebbe dovuto sospendere il giudizio nei confronti del socio, in attesa della definizione dell’accertamento societario.

La censura e’ fondata.

Questa Corte ha piu’ volte chiarito che tra il giudizio relativo all’accertamento del reddito di societa’ di capitali e quello promosso del socio, avente ad oggetto la pretesa fiscale correlata al reddito di partecipazione presuntivamente ritratto in ragione della partecipazione alla societa’, corre un rapporto di pregiudizialita’ necessaria, che impone la sospensione del procedimento relativo al socio in attesa della definizione di quello pendente nei confronti della societa’ (cfr. Cass. n. 1867/2012; Cass. 4564/2015).

Tali principi sono stati recentemente ribaditi (Cass. 23323/2014), riconoscendosi che, in caso di pendenza separata di procedimenti relativi all’accertamento del maggior reddito contestato ad una societa’ di capitali e di quello di partecipazione, conseguentemente contestato al singolo socio, quest’ultimo giudizio deve essere sospeso, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1 e art. 295 c.p.c., in attesa del passaggio in giudicato della sentenza emessa nei confronti della societa’, costituendo l’accertamento tributario nei confronti della societa’ un indispensabile antecedente logico-giuridico di quello nei confronti dei soci, in virtu’ dell’unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, e non ricorrendo, come per le societa’ di persone, un’ipotesi di litisconsorzio necessario (cfr. anche Cass. 21678/2915).

A tali principi non si e attenuto il giudice di appello, avendo annullato la pretesa fiscale nei confronti del socio, sulla base della sola pronuncia, non definitiva, di annullamento dell’avviso di accertamento a carico della societa’, anziche’ sospendere il giudizio relativo al socio, in attesa della definitivita’ del procedimento relativo alla societa’.

3. Il terzo motivo e’ assorbito.

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del secondo motivo del ricorso, respinto il primo ed assorbito il terzo, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvedera’ alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

PQM

Accoglie il secondo motive del ricorso, respinto il primo ed assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’, alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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