Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14605 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 15/07/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 15/07/2016), n.14605

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16497/2015 proposto da:

N.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

CARROZZE 3, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE COMUNALE, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 7685/37/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO del 24/11/014, depositata il 17/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRFIDA.

Fatto

IN FATTO

N.A. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza di discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 7685/37/2014, depositata in data 17/12/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza di rimborso dell’IRAP versata dal contribuente, di professione avvocato, negli anni dal 2004 al 2006 – e’ stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che il requisito dell’autonoma organizzazione risultava dimostrato valutata l’entita’ delle crescenti spese per compensi a collaboratori ed altre spese, nonche’ le quote di ammortamento per beni strumentali.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., e’ stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

IN DIRITTO

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, l’omessa pronuncia sul motivo dell’appello proposto, ex art. 360 c.p.c., n. 4, in violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., per non essersi la C.T.R. pronunciata sul fatto che i giudici di primo grado avessero statuito rilevando una questione di fatto non sottoposta al contraddittorio delle parti (l’avere il ricorrente operato quale sostituto d’imposta di tale “sig. Carlo Ventura i cui compensi annui risultano di entita’ non irrilevante”). Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta poi l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5.

2. La prima censura e’ infondata.

I giudici della C.T.R., investiti comunque del riesame del merito della lite, hanno motivato sulla base della documentazione in atti, dando rilievo a fattori quali l’entita’ dei compensi corrisposti a terzi e delle quote di ammortamento dei beni strumentali, ai fini del requisito dell’autonoma organizzazione, presupposto dell’IRAP. Invero, come affermato da questa Corte (Cass. 18824/2006) “anche nel processo tributario, al pari del rito ordinario, il vizio di omessa pronunzia, come quello di pronuncia “ultra petitum”, non rientra fra quelli tassativamente indicati del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 59, come suscettibili di far insorgere i presupposti per la regressione del processo dallo stadio di appello a quello precedente, ma comporta la necessita’, per il giudice d’appello che dichiari il vizio, di porvi rimedio, trattenendo la causa e decidendola nel merito, senza che a cio’ osti il principio del doppio grado di giurisdizione, che e’ privo di rilevanza costituzionale”. Quindi, deve ritenersi che la C.T.R. non sia incorsa nel vizio denunciato di omessa pronuncia su motivo di appello (l’avere la C.T.P. statuito su fatti e prove estranei al giudizio), avendo correttamente proceduto alla valutazione del mento della richiesta di rimborso dell’IRAP versata.

3. La seconda censura riferita all’art. 360 c.p.c., n. 5 (da scrutinare in base al testo di tale disposizione risultante delle modifiche recate dal D.L. n. 83 del 2012, poiche’ la sentenza impugnata risulta depositata in data successiva all’11 settembre 2012) e’ infondata. Nel mezzo di ricorso non si indicano fatti storici (della cui deduzione nel giudizio di merito venga dato conto nel rispetto del canone dell’autosufficienza del ricorso per cassazione) il cui esame, omesso nella sentenza gravata, avrebbe portato ad una diversa ricostruzione dei farti di causa, ma ci si limita a criticare l’apprezzamento delle risultanze processuali operato dal giudice di merito, contrapponendo a tale apprezzamento quello ritenuto piu’ corretto dalla parte e sviluppando argomenti di mero fatto che non possono essere scrutinati in sede di legittimita’.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali del presente giudizio di legittimita’, non avendo l’intimata svolto attivita’ difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da’ atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Cosi’ deciso in Roma, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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