Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14604 del 13/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14604 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 16614-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, società con socio unico -, in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA,
V.LE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
FIORILLO, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
ARGENTI ALESSANDRA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato CARLO DE
MARCHIS GOMEZ, che la rappresenta e difende giusta delega a
margine del controricorso;
– controricorrente

2502,

Data pubblicazione: 13/07/2015

nonché contro
ARGENTI ALESSANDRA, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato CARLO DE
MARCHIS GOMEZ, che la rappresenta e difende giusta delega a

-con troricorrente e ricorrente incidentale –

I

_

avverso la sentenza n. 5541/2012 della CORTE D’APPET LO di
ROMA del 12/06/2012, depositata il 27/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA
PAGETTA.

Fatto e diritto

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 9
aprile 2015, à .sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., sulla base della
seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis cod. proc. civ. :
“Alessandra Argenti adiva il giudice del lavoro chiedendo accertarsi la
nullità del termine apposto à contratto relativo al periodo 3.5./ 30.9.
2004, giustificato, ai sensi del l’art. 1 d. lgs n. 368 del 2001, dal
ricorrere di ragioni di carattere sostitutivo “correlate alla specifica
esigenza di provvedere alla sostituzione del personale addetto al
servizio di smistamento e movimentazione carichi, presso il Polo
Corrispondenza Lazio, assente con diritto alla conservazione del posto
nel periodo dal 3.5.2004 al 30.9.2004.”.
Il Tribunale rigettava la domanda.

Ric. 2013 n. 16614 sez. MI – ud. 09-04-2015
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margine del controricorso e ricorso incidentale;

La Corte di appello di Roma, in riforma della decisione, ha dichiarato
la nullità del termine e la sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato “tutt’ora in atto”; ha condannato
la società Poste al pagamento in favore della lavoratrice dell’indennizzo
ex art. 32, comma 5 I. n. 183 del 2010, nella misura di 2,5, mensilità,

ricorso di primo grado e al pagamento della somma corrispondente
alle retribuzioni maturate dal deposito del ricorso di primo grado sino
alla data della sentenza di appello, con rivalutazione ed interessi.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Poste Italiane
s.p.a. sulla base di tre motivi. La parte intimata ha depositato
controricorso con ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. Di
tale atto è documentata la spedizione, in data 5.8.2014, per la notifica a
mezzo posta; ad esso ha fatto seguito un secondo controricorso
notificato a Poste in data in data 14.8.2013 in esito a richiesta
effettuata in data 9.8.2013.
Con il primo motivo del ricorso principale la società Poste,
deducendo violazione e falsa applicazione dell’arti d. lgs n.368 del
2001 e degli artt. 1362 e sgg. cod. civ., ha censurato la decisione per
avere ritenuto la causale giustificativa dell’apposizione del termine
priva della prescritta specificità.
Con il secondo motivo di ricorso principale, denunziando insufficiente
e contraddittoria motivazione nonché violazione e falsa applicazione
degli ant. 253, 420 e 421 cod. proc. civ. ., ha censurato la decisione per
insufficiente motivazione in ordine alla mancanza di prova delle
effettive esigenze sostitutive indicate in contratto; ha a tal fine
richiamato la deposizione del teste Leonardo Lanza che assume
inequivocabilmente confermativa del ricorrere delle esigenze
sostitutive alla base dell’apposizione del termine; ha quindi lamentato
Ric. 2013 n. 16614 sez. ML – ud. 09-04-2015
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oltre rivalutazione ed interessi per il periodo fino al deposito del

il mancato esercizio dei poteri istruttori di cui all’art. 253 cod. proc.
civ. che — sostiene- avrebbero consentito l’approfondimento del tema
offerto dai testi ; si è doluta, infine, del mancato invito alla
riformulazione dei capitoli di prova al fine di conferire agli stessi la
necessaria specificità.

falsa applicazione dell’art. 32 1. n. 183 del 2010, ha censurato la
decisione per avere ritenuto la indennità risarcitoria contemplata da
detta norma destinata a risarcire (esclusivamente) il periodo
precedente al deposito del ricorso di primo grado e per avere quindi
condannato essa Poste anche al risarcimento del danno, commisurato
alle retribuzioni, in relazione al periodo successivo al deposito del
ricorso introduttivo.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale la lavoratrice, in via
subordinata, ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 321.. n.
183 del 2010, per avere LA Corte territoriale determinato la indennità
risarcitoria in 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, senza
considerare tutti i parametri legali di cui all’art. 8 1. 604 del 1966
richiamati dal legislatore.
Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi principale e
incidentale. Di quest’ultimo va ribadita la ammissibilità in quanto
proposto con il controricorso notificato per primo alla società Poste.
Il primo motivo del ricorso principale è manifestamente infondato.

Il giudice di appello ha ritenuto la clausola appositiva del termine priva
di specificità mancando in essa ogni riferimento alle concrete
circostanze giustificative dell’assunzione; in particolare ha sottolineato
l’ambiguità del richiamo all’unità produttiva/organizzativa ove si
rappresentavano come verificate le assenze di personale avente diritto
Ric. 2013 n. 16614 sez. ML – ud. 09-04-2015
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Con il terzo motivo di ricorso principale, denunziando violazione e

alla conservazione del posto con riferimento all’intero Polo di
corrispondenza Lazio laddove il luogo di espletamento della
prestazione era genericamente individuato in Fiumicino; il contratto
era inoltre carente di indicazioni in ordine alle ragioni dell’assenza dei
lavoratoti da sostituire aventi diritto alla conservazione del posto

questi erano addetti; in questa prospettiva il riferimento al servizio di
smistamento e movimentazione carichi risultava, in sé, inadeguato a
dare contezza della sussistenza delle esigenze sostitutive, atteso che
“l’espletamento di un servizio complessivamente inteso può richiedere
professionalità diverse che, interagendo fra loro, garantiscono il
funzionamento del settore, con suddivisione di compiti, fra i quali
rientrano anche quelli di chi è chiamato ad organizzare il servizio
stesso od a svolgere attività di coordinamento”.
Le ragioni esplicitate in sentenza in ordine alla ritenuta carenza di
specificità della clausola appositiva del termine non sono validamente
censurate.
Questa Corte ha chiarito (Cass. n. 27052 del 2011, n. 1577 e n.
1576del 2010) che il quadro normativo che emerge a seguito
dell’entrata in vigore del d.lgs.n. 368 del 2001 è caratterizzato
dall’abbandono del sistema rigido previsto dalla legge n. 230 del 1962 che prevedeva la tipizzazione delle fattispecie legittimanti il ricorso al
contratto a tempo determinato – e dall’introduzione di un sistema
articolato per clausole generali in cui l’apposizione del termine è
consentita a fronte di “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organivativo o
sostitutivo’) . Tale sistema, al fine di non cadere nella genericità, impone
al suo interno un fondamentale criterio di razionalizzazione, costituito
dal già rilevato obbligo per il datore di lavoro di adottare l’atto scritto e
di specificare in esso le ragioni di carattere tecnico, produttivo,
Ric. 2013 n. 16614 sez. ML
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ud. 09-04-2015

(malattia, infortunio, ferie congedi … ) ed alle mansioni alle quali

organizzativo o sostitutivo adottate. L’onere di specificazione della
causale nell’atto scritto costituisce una perimetrazione della facoltà
riconosciuta al datore di lavoro di far ricorso al contratto di lavoro a
tempo determinato per soddisfare una vasta gamma di esigenze
aziendali (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o aziendale), a

Tale onere ha l’evidente scopo di evitare l’uso indiscriminato
dell’istituto per fini solo nominalmente riconducibili alle esigenze
riconosciute dalla legge, imponendo la riconoscibilità e la verificabilità
della motivazione addotta già nel momento della stipula del contratto.
D’altro canto, tuttavia, proprio il venir meno del sistema delle
fattispecie legittimanti impone che il concetto di specificità sia
collegato a situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive,
con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere
calato. Il concetto di specificità in questione risente, dunque, di un
certo grado di elasticità che, in sede dì controllo giudiziale, deve essere
valutato dal giudice secondo criteri di congruità e ragionevolezza.
Con riferimento alle ragioni di carattere sostitutivo, è stato in
particolare precisato (Cass. n. 27052 del 2011) che il contratto a
termine, se in una situazione aziendale elementare è configurabile
come strumento idoneo a consentire la sostituzione di un singolo
lavoratore addetto a specifica e ben determinata mansione, allo stesso
modo in una situazione aziendale complessa è configurabile come
strumento di inserimento del lavoratore assunto in un processo in cui
la sostituzione sia riferita non ad una singola persona, ma ad una
funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta. In
quest’ultimo caso, il requisito della specificità può ritenersi soddisfatto
non tanto con l’indicazione nominativa del lavoratore o dei lavoratori
sostituiti, quanto con la verifica della corrispondenza quantitativa tra il
Ric. 2013 n. 16614 sez. ML – ud. 09-04-2015
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prescindere da fattispecie predeterminate.

numero dei lavoratori assunti con contratto a termine per lo
svolgimento di una data funzione aziendale e le scoperture che per
quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo dell’assunzione.
L’apposizione del termine per “ragioni sostitutive” è legittima se
l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola

risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali, l’ambito
territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le
mansioni dei lavoratori da sostituire) che consentano di determinare il
numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati
nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità circa la
sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato (v. fra le
altre, Cass. n. 565 del 2012, Cass. n. 8966 del 2012, n.6216 del 2012,
n. 8647 del 2012 n. 13239 del 2012, n. 9602 del 2011 , n. 14868 del
2011)
La decisione impugnata risulta conforme alle indicazioni del giudice di
legittimità; invero, l’accertamento della Corte territoriale in ordine alla
carenza di specificità della causale giustificativa dell’apposizione del
termine è stata esplicitamente ancorata a parametri ritenuti a tal fine
rilevanti dalla giurisprudenza sopra richiamata. Tali l’ambito
territoriale di riferimento, il luogo di svolgimento della prestazione, le
ragioni dell’assenza dei lavoratori da sostituire, le mansioni di
adibizione nel contesto del servizio di destinazione. La valutazione
del giudice di appello in quanto frutto di accertamento di fatto
logicamente e congruamente motivato, si sottrae al sindacato di
legittimità invocato da Poste.
Il secondo motivo di ricorso principale, che investe la verifica della
sussistenza in concreto delle esigenze sostitutive, risulta assorbito dal
rigetto del primo motivo. Invero, la conferma della statuizione di
Ric. 2013 n. 16614 sez. ML – ud. 09-04-2015
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insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse –

secondo grado in punto di genericità della enunciazione delle ragioni
sostitutive alla base dell’apposizione del termine comporta, in ogni
caso, la nullità della relativa clausola e la conversione del rapporto a
termine in rapporto a tempo indeterminato e ciò a prescindere dalla
verifica in concreto della sussistenza delle allegate esigenze sostitutive,

E’ invece fondato il terzo motivo di ricorso principale. L’art. 32 della
L. 4 novembre 2010, n. 183, al quinto comma, dispone che: “Nei casi
di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna
il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo
un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra uni minimo
di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di
fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604,
art. 8” e, al sesto comma, prevede che “In presenza di contratti ovvero
accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale,che prevedano l’assunzione, anche a tempo
indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine
nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità
fissata dal comma 5 è ridotto alla metà”. Tale disciplina, della quale il
Giudice di appello ha fatto applicazione, è diretta, come affermato
dalla Corte Costituzionale nella sentenza interpretativa di rigetto n. 303
del 2011, ad “introdurre un criterio di liquidazione del danno di più
agevole, certa ed omogenea applicazione”, rispetto alle “obiettive
incertezze verificatesi nell’esperienza applicativa dei criteri di
commisurazione del danno secondo la legislazione previgente”. La
norma “non si limita a forfetizzare il risarcimento del danno dovuto al
lavoratore illegittimamente assunto a termine, ma, innanzitutto,
assicura a quest’ultimo l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo
Ric. 2013 n. 16614 sei. ML – ud. 09-04-2015
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investita con il secondo motivo.

indeterminato”. Nel contempo, sempre alla luce della citata pronuncia
della Corte Costituzionale, “il nuovo regime risarcitorio non ammette
la detrazione dell’

aliunde percoum.

Sicché l’indennità onnicomprensiva

assume una chiara valenza sanzionatoria. Essa è dovuta in ogni caso, al
limite anche in mancanza di danno, per il avere il lavoratore

quanto già affermato dalla Corte costituzionale e da questa Corte di
legittimità è stata poi emanata la legge n. 92 del 28/6/2012 (in G.U. n.
153 del 3/7/2012), che all’axt. 1 comma 13, con chiara norma di
interpretazione autentica, ha così disposto: “La disposizione di cui al
comma 5 dell’art. 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, si interpreta
nel senso che l’indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio
subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e
contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e
la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la
ricostituzione del rapporto di lavoro”.In proposito, questa Corte ha
precisato, con la sent n. 6735 del 21 marzo 2014, che la disciplina
dell’indennità risultante dal combinato disposto delle due norme è
applicabile anche ai giudizi in corso, poiché non incide su diritti già
acquisiti dal lavoratore, essendo destinata ad operare su situazioni
processuali ancora oggetto di giudizio; essa non comporta un
intervento selettivo in favore dello Stato e concerne tutti i rapporti di
lavoro subordinati a termine. Né può ritenersi che l’adozione della
norma interpretativa costituisca una indebita -interferenza
sull’amministrazione della giustizia o sia irragionevole ovvero, in ogni
caso, realizzi una violazione dell’art. 6 CEDU, poiché il legislatore ha
recepito, nel proposito di superare un contrasto di giurisprudenza e di
assicurare la certezza del diritto a fronte di obiettive ambiguità
dell’originaria formulazione della nonna interpretata, una soluzione già
Ric. 2013 n. 16614 sez. ML – ud. 09-04-2015
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prontamente reperito un’altra occupazione”. In senso conforme a

fatta propria dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, senza
che – in linea con l’interpretazione dell’art. 6 CEDU operata dalla Corte
EDU (sentenza 7 giugno 2011, in causa Agrati ed altri contro Italia) l’intervento retroattivo abbia inciso su diritti di natura retributiva e
previdenziale definitivamente acquisiti dalle parti.

l’esame del motivo svolto in via subordinata con il ricorso incidentale
dalla lavoratrice. Con esso si censura la determinazione della indennità
risarcitoria ex art 32 1. n. 183 del 2010 per il rilievo a tal fine attribuito
alla tipologia delle mansioni espletate dalla lavoratrice ( area operativa,
operatore di sportello), parametro che si assume estraneo a quelli
normativamente previsti mediante il riferimento all’art. 8 1 n. 604 del
1966.
Si premette che il giudice di appello ha ancorato la determinazione
dell’indennità in oggetto dando rilievo alla tipologia delle mansioni
espletate dalla lavoratrice ed al fatto che la messa in mora della società
era avvenuta a circa un anno dalla scadenza del contratto. Ha quindi
mostrato di valorizzare unitamente alle mansioni espletate anche il
comportamento della lavoratrice successivo alla cessazione del
rapporto. Il riferimento a tale condotta è riconducibile ad uno dei
parametri normativamente previsti dal legislatore ( costituiti,in base al
richiamato art. 8 1. n.604 del 1966, dalla dimensione dell’impresa,
dall’anzianità di servizio e dal comportamento delle parti) ed è di per
sé solo sufficiente a giustificare la misura della indennità risarcitoria
liquidata nella sentenza impugnata. Ciò in linea con l’insegnamento di
questa Corte secondo il quale il sindacato del della Corte di
cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
sulla misura dell’indennità di cui all’art. 32, comma 5, della legge 4
novembre 2010, n. 183, in caso di illegittima opposizione del termine
Ric. 2013 n. 16614 sez. ML – ud. 09-04-2015
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L’accoglimento del terzo motivo del ricorso di Poste comporta

al contratto di lavoro, la determinazione, operata dal giudice di merito,
tra il minimo ed il massimo è censurabile – al pari dell’analoga
valutazione per la determinazione dell’indennità di cui all’art. 8 legge 15
luglio 1966, n. 604 – solo in caso di motivazione assente, illogica o
contraddittoria. Ne consegue che non risulta viziata la sentenza di

giustificassero una liquidazione superiore o inferiore. ( Cass. n. 1320
del 2014) . In base alle considerazioni svolte il motivo di ricorso
incidentale è da ritenersi manifestamente infondato.
Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’Adunanza della
camera di consiglio .”
Ritiene il Collegio che la proposta del Relatore sia condivisibile in
quanto coerente con la consolidata giurisprudenza di legittimità sulla
materia . Ricorre pertanto il presupposto per farsi luogo alla decisione
camerale.
Consegue il rigetto del primo motivo di ricorso principale assorbito il
secondo motivo e il rigetto del motivo di ricorso incidentale. Il terzo
motivo di ricorso principale è invece da accogliere conseguendone la
cassazione della statuizione risarcitoria di condanna della sentenza di
secondo grado. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto,
la misura del risarcimento del danno, nel periodo decorrente dalla
cessazione del rapporto fino alla sentenza che ha dichiarato la nullità
del termine e la conversione del rapporto in rapporto a tempo
indeterminato, è determinata in misura corrispondente a quella
stabilita dalla Corte territoriale in relazione al periodo fino alla data di
deposito del ricorso di primo grado.
Atteso l’esito complessivo della lite

e le oggettive incertezze

interpretative connesse alla fase di prima applicazione dello

ius

superveniens di cui all’art. 321 n. 183 del 2010, entrato in vigore dopo il
Ric. 2013 n. 16614 sez. ML – ud. 09-04-2015
-11-

merito che, in carenza di deduzioni difensive specifiche che ne

deposito del ricorso in appello, appare equo disporre la integrale
compensazione delle spese dell’intero giudizio

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi rigetta il primo motivo del ricorso principale

terzo motivo del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna Poste
Italiane s.p.a. a corrispondere l’indennità ex art. 32 L n. 183 del 2010,
nella misura determinata dalla sentenza impugnata, in relazione al
periodo fino alla sentenza di appello, oltre interessi legali e
rivalutazione monetaria con decorrenza da tale data.
Compensa le spese dell’intero giudizio.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002, dà atto della non
sussistenza, in relazione al ricorrente principale, e della sussistenza , in relazione al
ricorrente incidentale, dei presupposti per il versamento, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1 bis dello stesso articolo 13.

Roma 9 aprile 2015

assorbito il secondo motivo; rigetta il ricorso incidentale ; accoglie il

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