Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14600 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. III, 26/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 26/05/2021), n.14600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15170-2019 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

BALDUINA 7, presso lo studio dell’avvocato CONCETTA TROVATO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA LENZI;

– ricorrente –

contro

INTESA SANPAOLO SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIBERIANA

17, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO FERRAGUTO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè contro

ITALFONDIARIO SPA, procuratrice di CASTELLO FINANCE SRL,

rappresentato e difeso dall’avv. Ezio Zani;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 378/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 04/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

In data 9 marzo 2010 G.M. e B.N. depositavano al Tribunale di Mantova ricorso ex art. 700 c.p.c. per ottenere la cancellazione delle segnalazioni dei loro nominativi alla Centrale Rischi effettuate da Intesa San Paolo S.p.A. e Castello Finance S.r.l., che resistevano.

Il Tribunale disponeva la cancellazione con ordinanza del 4 maggio 2010.

Veniva pertanto instaurato il giudizio di merito davanti al medesimo Tribunale: in particolare, con atto di citazione notificato il 7 dicembre 2012, G.M. conveniva le suddette società perchè fosse accertata l’illegittimità delle segnalazioni del suo nominativo e perchè fossero condannate a risarcire danni nell’ammontare di 2 milioni di Euro che egli avrebbe patito per avere conseguentemente dovuto abbandonare un proprio progetto industriale. Entrambe le convenute si costituivano resistendo.

Il Tribunale, con sentenza parziale del 10 giugno 2015, accertava l’illegittimità delle segnalazioni e, con sentenza definitiva del 9 marzo 2017, condannava solidalmente le società convenute a risarcire all’attore il danno nella misura di Euro 337.139.

Intesa San Paolo proponeva appello principale, e il G. proponeva appello incidentale in ordine al quantum risarcitorio; Castello Finance si costituiva a mezzo della sua procuratrice Italfondiario S.p.A., censurando a sua volta le decisioni del giudice di prime cure.

La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 4 marzo 2019, in riforma delle due sentenze del Tribunale di Mantova, respingeva le domande di G.M.. Reputava infatti legittima la segnalazione compiuta dalle società in quanto all’epoca non sarebbe stata ancora estinta – come da lui invece sostenuto – ogni obbligazione del G. mediante una transazione proposta dal G. il 2 luglio 2001 e accettata da Intesa San Paolo il 17 luglio 2001, ritenendo che, considerate anche le trattative che si erano svolte, l’interpretazione del negozio operata dal giudice di prime cure non fosse condivisibile, essendo solo in parte venuti meno gli obblighi di fideiussore del G. in forza della – poi adempiuta – transazione.

G.M. ha proposto ricorso articolato in cinque motivi – illustrati pure con memoria -, da cui si è difesa con controricorso Intesa San Paolo, e si è difesa con ulteriore controricorso italfondiario quale procuratrice di Castello Finance.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia nullità della sentenza in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., nonchè “motivazione apparente sul rilievo di inammissibilità degli appelli”. La censura si riferisce all’appello principale di Intesa San Paolo “e (ritienesi, in difetto di precisazione nella gravata sentenza) di quello incidentale della Castello”.

Il secondo motivo, definito “collegato” al motivo precedente, denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo, violazione dell’art. 132 c.p.c. e motivazione apparente sul rilievo di inammissibilità degli appelli.

Il terzo motivo denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento, violazione dell’art. 342 c.p.c., inammissibilità dell’appello principale di Intesa San Paolo e inammissibilità dell’appello incidentale di Castello Finance, da intendersi in subordine ai due precedenti motivi.

2. Il quarto motivo denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatti discussi e decisivi, nonchè “mancata considerazione di elementi assertivi e probatori trattati nel corso del giudizio ed aventi portata decisiva ai fini della pronuncia”.

Si argomenta alquanto ampiamente (pagine 25-50 del ricorso) sui vari elementi che sarebbero, ad avviso del ricorrente, da considerare, trascrivendo pure il contenuto di vari documenti.

3. Il quinto motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (sic), violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. nonchè “mancata esegesi del dato letterale e mancata ricerca della comune intenzione delle parti”: si critica, prospettando di farlo in riferimento ai canoni ermeneutici, l’interpretazione della transazione effettuata dal giudice d’appello.

5. I primi tre motivi non possono non essere valutati congiuntamente, in quanto tutti concernono, sforzandosi di strutturare censure diverse ma in realtà rimanendo sostanzialmente nello stesso tenore, il disattendimento dell’eccezione di inammissibilità del gravame operato dalla corte territoriale.

5.1 In primis, va rilevato che Italfondiario, per quanto si evince da quel che già il primo motivo evidenzia e risulta poi confermato nella motivazione della impugnata sentenza, ha censurato anch’essa le decisioni di primo grado, proponendo così, appunto, un ulteriore appello incidentale o comunque aderendo a quello principale.

Emerge in particolare dalla motivazione della sentenza d’appello, a pagina 25, quanto segue: “… la Italfondiario, quale procuratrice della Castello Finance cessionaria della posizione nei confronti del G.,… ribadiva che la segnalazione del nominativo del G. dai debitori insolventi era del tutto legittima in quanto mai nessuna transazione era stata stipulata con riferimento alla posizione del G. quale fideiussore della (OMISSIS) srl poi dichiarata fallita. Era anche censurata la sentenza definitiva nella parte in cui aveva acriticamente accolto le conclusioni cui era pervenuta la ctu.”

5.2 Dal canto suo, l’appellante principale, come ancora rileva la corte territoriale (motivazione della sentenza, pagine 23-24), aveva impugnato la sentenza parziale di primo grado come “errata poichè, contrariamente alla tesi sostenuta dal G., egli era rimasto debitore della banca per ingente somma in relazione alla fideiussione prestata a favore della fallita (OMISSIS) srl. Infatti l’accordo transattivo raggiunto con il G. aveva per oggetto esclusivamente la sua posizione di garante della sas F.lli P. e non per altra società dei cui debiti il G. pure rispondeva”, a ciò aggiungendosi l’impugnazione della sentenza definitiva in ordine all’accoglimento della domanda risarcitoria, al quantum del danno di cui il risarcimento era stato riconosciuto e all’eccezione di prescrizione del diritto stesso al risarcimento.

5.3 La corte territoriale, logicamente alla luce di quel che aveva così riassunto in ordine al contenuto dei gravami suddetti, ha poi rigettato l’eccezione di inammissibilità nel modo seguente, con una motivazione (pagine 25-26) di tenore conciso ma altresì di consistenza limpida e reale, e quindi tutt’altro che apparente:

“In effetti sono state perfettamente indicate le parti delle decisioni che sono state soggette a censura ed anche indicate le motivazioni sulle quali tali censure sono state formulate; in particolare, per quel che più conta, sono state analiticamente specificate le ragioni del dissenso della parte rispetto alla motivazione riguardante la pretesa illegittimità della segnalazione.

Ed in effetti questo è il principale tema sottoposto alla valutazione della Corte risolto con la sentenza parziale nel senso che l’accordo stragiudiziale avrebbe determinato l’estinzione della posizione debitoria del G. non solo con riferimento alla società F.lli P. ma anche con riferimento alla posizione della (OMISSIS) srl”.

5.4 In tal modo confutata l’eccezione e al tempo stesso focalizzato il thema decidendum basilare che gli era stato devoluto, il giudice d’appello passa subito al vaglio proprio della transazione (“l’accordo stragiudiziale”) che era stata stipulata dal G. – proponente a mezzo del suo incaricato, il ragioniere V. – con Intesa San Paolo, per giungere a comprenderne il contenuto in considerazione anche della condotta delle parti, con particolare riguardo alle trattative che avevano svolto prima che fosse inviata dal ragioniere V. il 2 luglio 2001 la proposta e fosse poi questa accettata mediante la risposta del 17 luglio 2001 di Intesa San Paolo; e il contenuto della transazione, inteso dal giudice d’appello in modo differente rispetto al giudice di prime cure, ha assorbito ogni altro tema, conducendo in modo palesemente logico al rigetto della domanda risarcitoria del G. attraverso l’accertamento, ad esso strettamente conseguente, della legittimità delle segnalazioni del suo nominativo alla Centrale Rischi.

5.5 Quanto appena rilevato dimostra come non sia configurabile alcuna inammissibilità ai sensi dell’art. 342 c.p.c. dei gravami, essendo stato da questi chiaramente ed esattamente individuato il punctum dolens della doppia decisione del Tribunale di Mantova, così che la riforma dell’interpretazione dell’accordo transattivo che governava i rapporti tra il G. e Intesa San Paolo all’epoca delle segnalazioni – nel senso che aveva condotto alla estinzione degli obblighi solo in determinata misura, lasciando cioè permanenti quelli in relazione ai quali la segnalazione fu effettuata – ha condotto, con lineare correttezza e semplicità, ad una radicale riforma.

Non è pertanto sostenibile che gli appelli siano stati proposti in modalità inammissibile, avendo questi chiaramente e precisamente effettuato la devoluzione, e dunque portato il rispetto delle regole alla riforma.

I primi tre motivi, in conclusione, risultano privi di ogni consistenza.

6. Il quarto motivo, ictu oculi, persegue, attraverso un’amplissima esposizione di elementi fattuali correlata a numerose trascrizioni di documenti (da pagina 25 a pagina 50 del ricorso), per “scardinare” l’interpretazione della volontà manifestata dalle parti nel negozio transattivo adottata dalla corte territoriale, che a sua volta aveva così sostituito quella adottata dal giudice di prime cure, un vero e proprio terzo grado di merito, il quale non può certo essere svolto dal giudice di legittimità: il che conduce la censura alla inammissibilità.

7. Il quinto motivo rimane, sostanzialmente, sulla stessa linea, in quanto non contiene censure collocabili davvero su un piano giuridico, bensì, ancora una volta, offre una valutazione alternativa della interpretazione della volontà delle parti racchiusa nella transazione del luglio 2001. Meramente ad abundantiam, pertanto, si osserva che l’interpretazione del giudice d’appello non appare essersi sviluppata attraverso alcun contrasto con i canoni normativi.

8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali a ciascuna delle controricorrenti, spese che vengono liquidate come da dispositivo.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a Intesa San Paolo le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 4.400, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge, e a Italfondiario le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 4.400, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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